Un emendamento alla manovra finanzia con 20 milioni di euro corsi di disciplina militare per ragazzi e ragazze. Contrari i rappresentanti di militari e polizia
Ogni anno alcune caserme italiane apriranno le porte a circa 5mila giovani aspiranti reclute che, fra i requisiti richiesti, dovranno dimostrare “l’idoneità all’attività sportiva agonistica, l’esito negativo agli accertamenti diagnostici per l’abuso di alcool, per l’uso anche saltuario od occasionale di sostanze stupefacenti, nonché per l’utilizzo di sostanze psicotrope a scopo non terapeutico, l’assenza totale di condanne penali”. I mini soldati, che si sottoporranno volontariamente alla disciplina militare, potranno anche impugnare una pistola per le “lezioni di tiro con l’arma individuale” e, versando una cauzione di un paio di centinaia di euro, portarsi a casa divisa e accessori in dotazione. Nel costo dell’operazione rientrano i lavori di adeguamento delle caserme, il materiale didattico e l’attività di addestramento.
Va da sé che, tra i tagli e i risparmi imposti dalla manovra finanziaria di “lacrime e sangue” del Governo, questa voce di spesa stia provocando più di un malumore: se da parte delle opposizioni è stato rilevato l’ingente spreco di denaro in un momento di grave crisi, più duro è stato il giudizio espresso da Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace, che ha già ribattezzato il provvedimento “legge Balilla”. Per bloccare l’approvazione della mini-naia si è mosso anche un coordinamento di associazioni ed enti locali italiani che chiede ai cittadini di coinvolgere i parlamentari eletti nei propri collegi per farli intervenire. “Se ci sono 20 milioni per la formazione dei giovani – sostengono le associazioni – pretendiamo che siano spesi per educare veramente alla cittadinanza e alla Costituzione, ovvero alla pace e ai diritti umani, alla legalità e alla giustizia”.
Ma secondo il ministro La Russa, l’abolizione della leva ha tolto ai giovani la possibilità di un’esperienza che aiuta a crescere. Quello del provvedimento in questione sarebbe, per i tre ministri firmatari, uno scopo “alto”. Alla base c’è la voglia di far fare ai giovani “un’esperienza di vita per avvicinarli ai valori delle Forze armate, che si pone nell’ambito delle iniziative per la diffusione dei valori e della cultura della pace e della solidarietà internazionale tra le giovani generazioni”.
Per Sinpref e Sndmae, i sindacati di prefetti e diplomatici, l’iniziativa è “alquanto pittoresca, costosa e non servirà ai ‘novelli balilla’ neppure come titolo per partecipare a futuri concorsi”. I poliziotti, invece, sostengono che quei soldi sarebbero spesi meglio se fossero dati a loro. Tra proteste e rivendicazioni, l’aria di guerra non accenna a placarsi: messo sotto pressione dal malcontento dei Cocer (Consigli centrali di rappresentanza militare), il ministro dell’Interno Roberto Maroni, ha infatti detto di aver proposto alcuni emendamenti per la reintroduzione dei fondi sulle trasferte e sulle missioni all’estero.
Fonte: IlFattoQuotidiano.it
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