Al centro dei traffici. Sono 855 le infrazioni contro l’ambiente accertate in Lombardia nel 2009. Nello stesso anno, le forze dell’ordine hanno eseguito 340 sequestri e denunciato 865 persone. Ma c’è un dato che, più di ogni altro, segnala il rischio (o meglio, la pesante realtà) delle infiltrazioni criminali nei reati contro l’ambiente in regione: negli ultimi otto anni, il 35 per cento di tutte le inchieste sui crimini ambientali in Italia ha toccato a vario titolo la Lombardia (come punto di partenza, transito o arrivo dei rifiuti, per la corruzione di funzionari pubblici, per il riciclaggio di denaro o come sede delle società coinvolte). Spiega Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia: «L’ecomafia lombarda non conosce la crisi. Si stima che il fatturato nel 2009 ammonti a più di un miliardo di euro, pari al 5-7 per cento del totale nazionale. Per questo ribadiamo la necessità di introdurre i delitti contro l’ambiente nel nostro codice penale (per la maggior parte si tratta di reati contravvenzionali, ndr)».
Il cemento e le cosche. Se in Lombardia il livello di abusivismo edilizio, per numeri e presenza nel paesaggio, non è paragonabile alle Regioni del Sud, sono invece dilaganti i reati che Legambiente definisce collegati al «ciclo del cemento». Appalti pubblici truccati, scavi illegali nei fiumi e nelle campagne, bonifiche fasulle. In quest’ambito le infrazioni accertate l’anno scorso sono 254, con 312 denunce e 23 sequestri. L’operazione nel Parco del Ticino, condotta dalla Procura di Busto Arsizio, ha svelato che un giro di società gestiva scavi abusivi in territori intorno a Lonate Pozzolo per la realizzazione della Tav Torino-Milano. Secondo le indagini, dalla cava sequestrata sono stati portati via abusivamente almeno 450 mila metri cubi di sabbia e ghiaia in 2 anni, una quantità di materiale in grado di riempire 82 mila camion. Nelle buche vuote venivano poi sepolti rifiuti pericolosi, intrecciando i due filoni più redditizi della criminalità ambientale.
Nell’ultimo anno sono stati anche ritirati i certificati antimafia a 17 aziende lombarde nel settore del «movimento terra». Un settore critico, come ha svelato, più di ogni altra indagine, quella contro la cosca Barbaro-Papalia di Buccinasco. Lo smaltimento dei materiali delle demolizioni e gli scavi sono stati definiti «le porte di ingresso delle cosche negli appalti». La tesi dell’accusa nel processo «Cerberus » è che i rifiuti tossici sono stati poi smaltiti nei cantieri dove le imprese della ‘ndrangheta hanno lavorato. In quegli scavi sono stati scaricati eternit, idrocarburi, catrame, gasolio. Sotto i cantieri ferroviari, sotto le strade, le case e in alcuni casi i parchi giochi. Per la «sepoltura» dei rifiuti tossici, gli scavi arrivano fino a 15/20 per poi ricoprire con terra buona ed eludere i controlli. Il neo assessore regionale al Territorio e Urbanistica, Daniele Belotti, ha annunciato «tolleranza sotto zero nei confronti di coloro che, mafiosi o non, creano danni all’ambiente o nella gestione dei rifiuti».
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