ROMA - Nella guerra di posizione che va avanti ormai da mesi, questa è la mossa del Cavaliere che più di altre sta facendo saltare i nervi a Gianfranco Fini. "Silvio li chiama uno a uno, persino quelli che l'hanno visto solo in fotografia, e gli dice: io e te dobbiamo parlare, vienimi a trovare", si sfoga da qualche tempo coi suoi il presidente della Camera. Succede che da un paio di mesi, più o meno dai giorni roventi della direzione Pdl, da Palazzo Grazioli sono partite le "convocazioni" all'indirizzo di un ristretto drappello di finiani.
Granata, Della Vedova, Viespoli, Moffa. Altri sono stati contatti da "ambasciatori" e poi sentiti personalmente dal presidente del Consiglio Berlusconi. Non tutta la squadra dei 34 deputati e 12 senatori, però. La dozzina di parlamentari avvicinati è quella contenuta in una lista molto informale e soprattutto top-secret che gli ex "colonnelli" ormai organici al quartier generale del premier hanno predisposto e fornito a Berlusconi. L'unico leader che ormai i La Russa e i Gasparri e gli Alemanno riconoscono come tale. Nomi che, a differenza di altri, sono stati ritenuti, a torto o a ragione, più "disponibili" a una chiacchierata col capo, magari candidabili a un salto del fosso.
Ecco, raccontano che il presidente della Camera abbia chiuso una volta per tutte i rapporti con Ignazio La Russa proprio quando ha saputo della lista delle "prede" poi effettivamente agganciate dal molo di via del Plebiscito. Qualcosa che, molto alla lontana, ricorda la "campagna acquisti" pianificata nella scorsa legislatura per convincere i senatori più moderati ad abbandonare la claudicante maggioranza del governo Prodi. La storia, allora, è finita pure sui nastri delle intercettazioni di un'inchiesta giudiziaria archiviata poi l'anno scorso. Agli annali della cronaca resta la telefonata all'ex direttore di Rai fiction Agostino Saccà, al quale Berlusconi chiedeva un intervento per far lavorare l'attrice Evelina Manna "perché mi è stata segnalata da un senatore del centrosinistra, mi può essere utile per far cadere il governo". Acqua passata. Di nuovo adesso c'è quella lista, di cui gli autori ovviamente negano l'esistenza. Dentro, oltre ai nomi già citati, anche quelli dei deputati Aldo Di Biagio, Souad Sbai e Claudio Barbaro, del viceministro Adolfo Urso e dei sottosegretari Silvano Moffa e Nicola Viespoli. Senatori come Mario Baldassarri. Fuori, per intenderci, i Bocchino, Briguglio, Augello, ritenuti "pasdaran" della causa finiana.
Fabio Granata è stato tra i primi ad essere invitato a Palazzo Grazioli, proprio a ridosso della direzione "atomica" del 22 aprile. Mediatori, i ministri siciliani Angelino Alfano e Stefania Prestigiacomo. "Cordiale, a tratti divertente, si è parlato di tutto, anche di calcio. Lui mi ha ascoltato a lungo, poi ha provato a convincermi che Fini coltiva nei suoi confronti solo un'antagonismo di natura caratteriale - racconta il deputato, vicepresidente Antimafia - . Gli ho ribattuto che i problemi sono politici, che sulla legalità, su intercettazioni, sul caso Cosentino i punti di vista sono differenti. Ma non mi ha offerto alcunché, nessun invito, nessuna proposta". Nei giorni successivi, Benedetto Della Vedeva, pidiellino di ispirazione liberale e con tessera radicale in tasca, si è sentito chiedere, sempre a casa del presidente del Consiglio, cosa ci facesse proprio lui in squadra con Fini, dato che il suo "posto" sarebbe altrove, con il Pdl "vero", quello ortodosso. "Gli ho risposto che sono un liberale, diventato berlusconiano per convinzione e che continuo ad essere coerente con le mie idee anche adesso che mi riconosco nelle posizioni del presidente della Camera".
Altri sono stati sentiti, contatti fino a pochi giorni fa, raccontano. Gli esiti? Finora i cinque finiani in commissione Giustizia della Camera, per esempio, i "guastatori" del reggimento sulla trincea calda delle intercettazioni, reggono tutti all'urto: Bongiorno, Lo Presti, Consolo, Napoli, Siliquini. E gli altri? Vacillano, secondo alcuni. La deputata italo-marocchina Souad Sbai risultava ieri mattina tra le firmatarie del "manifesto per l'integrazione dei migranti", patto trasversale Pd-Pdl molto in salsa finiana (promosso da Livia Turco e Granata). Finché nel pomeriggio la Sbai non ha negato con nota ufficiale: "Mai pensato di presentare manifesto per l'integrazione".
Succede, in tempi assai confusi come questi. Come può succedere che un altro deputato finiano, Enzo Raisi, venga "escluso" da un pranzo con Altero Matteoli. Sarebbe accaduto domenica, quando dopo aver parlato a un convegno sulle infrastrutture a Bologna, il ministro presenzia a una colazione di lavoro con i costruttori dell'Ance, gli industriali e le istituzioni locali. Presente anche la pidiellina Anna Maria Bernini. "Mi avevano invitato - racconta Raisi - ma poi mi hanno detto che avrei dovuto chiedere al ministro il permesso per partecipare. Ho preferito non andare".
Fonte: Repubblica.it
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