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Di Pietro: "Brancher non lo ha portato la cicogna, ma il governo della mafia"

Brancher si è dimesso. Il suo ministero ad hoc per evitargli il processo relativo alla scalata ad Antonveneta, ha avuto la vita di una farfalla. Non è né un gesto nobile né dovuto, ma semplicemente obbligato. Non è nobile, perché se lo fosse stato lui stesso avrebbe declinato la nomina fin da subito. Non è dovuto perché non è né l’etica né la moralità a guidare le scelte di questa classe politica di governo. Basti pensare a casi in cui le dimissioni sarebbero state un atto più che dovuto, da Dell’Utri, a Cosentino, a Matteoli. E’ obbligato perché se fosse giunta al voto la mozione di sfiducia dell’opposizione, in programma giovedì, il governo sarebbe caduto. “Chi nella maggioranza vota contro una decisione del governo sceglie di stare all'opposizione”, così minacciava nelle ultime ore Rotondi, ministro dell’attuazione del programma che nessuno conosce, riferendosi alla mozione di sfiducia e temendo il disappunto sulla vicenda Brancher all’interno della corrente finiana.
Ma Brancher ha scongiurato il voto parlando in Tribunale di dimissioni dal ruolo di ministro e aggiungendo laconicamente di rinunciare al “legittimo impedimento” per evitare strumentalizzazioni, scudo che, dopo le dimissioni, non gli sarebbe più spettato comunque.
Ora Brancher ha la possibilità di riscattare se stesso e la sua figura di uomo politico, può farlo in Tribunale dove è chiamato a difendersi nella vicenda della scalata ad Antonveneta, per appropriazione indebita e ricettazione in relazione a somme pari a circa 1 milione di euro ricevute da Giampiero Fiorani.
Brancher è stato fatto ministro per evitare un processo. A farlo ministro è stato il Presidente del Consiglio che ora plaude addirittura alle sue dimissioni, in una sorta di dissociazione mentale, e chiede di “evitare strumentalizzazioni”. La Russa sconfina nel ridicolo con un “onore e merito” per la scelta dell’inventato ministro. Mi chiedo se al governo siano affetti da qualche sindrome degenerativa che conduca ad una doppia identità.
A questo punto rimane da sciogliere solo un mistero che magari può aiutare anche i giudici ad interpretare correttamente alcuni fatti giudiziari: chi ha voluto la nomina di Brancher e perché? Umberto Bossi che lo ha amichevolmente definito “poco furbo” per la scelta di avvalersi del legittimo impedimento? O Calderoli che sappiamo essere stato già chiamato in causa da Fiorani nel processo Antonveneta?
E perché Berlusconi si è esposto a questo stillicidio mediatico e politico ben sapendo che la vicenda Brancher avrebbe messo a dura prova il governo e compromesso i suoi rapporti con il Quirinale?

Il caso Brancher non si chiude qui. Sarà, ritengo, una vicenda a più riprese e con altri colpi di scena per il governo.
Per ora mi limito a far presente ai cittadini che l’intera vicenda è stata orchestrata, montata e dismessa da chi oggi vuol farci credere che un ministro, quello dell’Attuazione del federalismo, con tutto un ministero l’abbia portato la cicogna. Un’evidenza, insomma, che il governo delle Mafie sta vivendo il suo crepuscolo.

Fonte: AntoniodiPietro.it

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