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Intercettazioni, sì in commissione Misure anti-stampa,

ROMA - Il ddl intercettazioni è stato approvato dalla commissione giustizia del Senato. Soddisfatto il presidente della commissione Filippo Berselli: "avevo detto che entro oggi lo avremmo approvato e così è stato. Ora andremo in aula per l'esame".

L'approvazione alle tre del mattino dopo una lunga battaglia in commissione che ha visto anche una retromarcia del governo. Presente pure il Guardasigilli Alfano che torna dopo mezzanotte e preme per il voto. Con la cronaca in diretta del pd Stefano Ceccanti su Facebook. Volano insulti. Felice Casson a Giacomo Caliendo "lei racconta balle", lui "ero amico di Falcone", e Casson "questo è un ricatto morale", Luigi Li Gotti "basta disturbare i morti", Silvia Della Monica "ho lavorato con Giovanni ma non lo cito mai". In commissione Giustizia Pd e Idv chiedono il ritiro del testo, niente mediazioni. Vogliono vedere subito le modifiche. Lo ribadiscono nel giorno in cui il Pdl parla ormai di «testo aperto», pronto per essere modificato, ma solo in aula. Lo ufficializza lo stesso ministro della Giustizia che, prima della commissione, s’i ncontra col presidente Filippo Berselli. Per ora niente fiducia, poi ai cronisti dice: «Il testo della Camera ha rappresentato un compromesso alto tra tre principi costituzionali, privacy, diritto di cronaca e alle indagini. Nel passaggio tra commissione e aula valuteremo se è opportuno tornare a quel testo su alcune questioni».

La retromarcia ufficiale comincia alle 13, per quello che il vice capogruppo Gaetano Quagliariello battezza «il patto del crodino», per via di un incontro che avviene alle buvette di palazzo Madama tra lui e i presidenti delle pattuglie pidielline Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto. Lì prevale la linea trattativista, anche se è presto per capire che cosa verrà cambiato di quella che ormai l’o pinione democratica considera la «controriforma delle intercettazioni». I tre ne discutono per venti minuti, quanto basta per capire che il futuro testo sarà diverso. A quel punto il voto in commissione diventa, almeno per loro, un passaggio solo formale, visto che la legge, in tre punti rilevanti, e forse anche in altri, dovrà essere un’altra.

Dice Gasparri: «In aula il testo resta aperto». Aggiunge: «Vogliamo evitare gli abusi delle intercettazioni, garantire le investigazioni che ne hanno bisogno, evitare pubblicazioni di materiali su persone che non verranno mai processate, ma garantire il diritto di cronaca». Per assicurare quest’ultimo punto, ma soprattutto non andare allo scontro con il presidente della Camera Gianfranco Fini, devono rientrare le due righe proposte un anno fa da Giulia Bongiorno, la presidente della commissione Giustizia della Camera, che aveva imposto: «Di tali atti (quelli giudiziari ormai noti alle parti, ndr.) è sempre consentita la pubblicazione per riassunto».

Alle opposizioni non basta. E i finiani sono guardinghi. Temono le promesse non mantenute. Il segretario del Pd Pierluigi Bersani dice «non mi fido delle aperture del Pdl, le norme vanno corrette prima che arrivino in aula, se vogliamo andare un pochino sul sicuro». In commissione lo ribadisce Silvia Della Monica. Il capogruppo al Senato Anna Finocchiaro e il suo vice Luigi Zanda firmano una nota per chiedere ufficialmente il ritiro del ddl. Lo stesso fa il leader dell’Idv Antonio Di Pietro che parla di «legge canaglia» e conferma il referendum non appena sarà approvata. Il fondatore dell’� Udc Pier Ferdinando Casini guarda più avanti: «Secondo me la maggioranza ha già archiviato il testo viste le correzioni che sta facendo».

Intanto, nella lunga battaglia che si sta svolgendo nella notte, sono stati approvati due emendamenti presentati dalle opposizioni. Quello sul reato di stalking, presentato da Luigi Li Gotti (Idv), che prevede che anche un reato grave come quello delle minacce continuate possa rientrare tra quelli intercettabili. In precedenza, in commissione giustizia, era stato dato parere contrario criticato da molte parti, compreso l'appello a ripensarci del ministro per le pari opportunità, Mara Carfagna. Altra norma quello che prevede che il magistrato che non ottempererà per tempo all'obbligo di stabilire immediatamente quali siano gli atti estranei alle indagini e riguardanti "fatti personali di terzi estranei" sarà passibile di azione disciplinare. La norma è contenuta nell'emendamento presentato dal Pd, primo firmatario Felice Casson.

Fonte: repubblica.it

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