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Mistero Rotondi: ma cosa ha fatto in questi anni?

Nel 2009 il suo ministero ha prodotto un documento, lui ha girato mezza Italia.

“Ero con Berlusconi quando perdeva, sono con lui ora che ha vinto. Sperando che se ne accorga”. Gongolò Rotondi a Telelombardia, il 3 aprile 2008, con l’occhio languido. E Berlusconi se ne accorse, eccome. “E ora a questo cosa gli do?”, deve aver pensato. Poi si ricordò di un ministero formato mignon e dalla dubbia utilità: il ministero per l’Attuazione del Programma. Fu così che un mese dopo Gianfranco Rotondi, fondatore dell’ennesimo duplicato della Dc, la Dc per l’Autonomie, confluita nel Pdl, divenne ministro, almeno senza portafoglio (ossia senza budget autonomo). Comunque Rotondi un bel salvadanaio se l’era portato da casa: dentro ci sono due stipendi, quello da onorevole (10.000 euro lordi al mese, esclusi diaria e benefits) più quello, ridotto per via del doppio incarico, da ministro (5.000 euro).

Prima che venisse creato, di un ministero dell’Attuazione del Programma il Paese non ne sentiva affatto il bisogno. E ancora adesso si chiede se per attuare un programma non sia sufficiente l’intera compagine di governo. Lo aveva inventato nel 2001 Berlusconi, ed è stato mantenuto anche dal governo Prodi. Un ministero con appena 15 dipendenti, dalla funzione occulta. Sarà pure piccolo e salva poltrone, ma solo nel 2008 ha pesato sul bilancio dello Stato per 8 milioni di euro. Per il 2009 l’unico atto pubblico prodotto è un documento. É la sintesi dell’azione di governo: a sinistra il programma, a destra i provvedimenti presi. Un semplice report, senza nessuna azione di vigilanza. E al premier piace tanto. Come abbia impiegato il ministro quest’anno e mezzo di lavoro, rimane un mistero. Una cosa di sicuro l’ha fatta: un piccolo tour per l’Italia. Perché piuttosto che vigilare sull’azione di governo, meglio promuoverla.

A pochi mesi dall’insediamento, ha il colpo di genio: inventa Governincontra. Al grido di: “Al rogo le inutili brochure”, lancia una campagna di incontri con i cittadini, comune per comune, per raccontare le prodezze del governo. “É una grande operazione di comunicazione che rovescia quella tradizionale – declama il 27 luglio del 2008 – Toccheremo cento città. É una rivoluzione”. Una roba fantasmagorica. Dopo un anno e mezzo gli incontri, invece di 100, sono stati 11, tutti piuttosto tiepidi quanto a partecipazione cittadina. Tranne l’ultimo, quello del 15 dicembre, a Salerno, dove Rotondi ha rischiato di essere linciato da un gruppo di precari della scuola inferociti. Una bella occasione comunque per fare propaganda (governativa?): le cinque città incontrate dall’inizio di gennaio a maggio 2009, erano, guarda caso, tutte in odore di elezioni amministrative ed europee (6-7 giugno). Per questa sua attività febbrile, oltre ad avvalersi dei 15 funzionari, 10 interni alla Presidenza del Consiglio e 5 di nomina diretta, e di un Comitato di quattro membri presieduto dall’inossidabile Paolo Cirino Pomicino, per il 2009 ha assoldato 20 consulenti esterni per una spesa totale di 210.000 euro (più di quanto speso nel 2008 per consulenze dal ministero dell’Università e della Ricerca, dicastero ben più complesso e attivo). Oltre al suo ufficio stampa, Rotondi ha voluto con sé quattro esperti in comunicazione.

Rotondi si erge a paladino dell’anticasta: “Non uso l’autoblu”, dice. Vero: da casa al lavoro, poche centinaia di metri, va a piedi. E si dice pronto, per dare l’esempio in tempi di manovre lacrime e sangue, a rinunciare a ben tre onorate mensilità. Alcuni suoi collaboratori, assicura, lavorano gratis. Sarà. Lui, comunque, ai suoi due stipendi non rinuncia. Al ministero dicono di non avvistarlo spessissimo: tre quattro volte a settimana, mattina (dalle dieci all’una) o pomeriggio. Il resto della giornata lo intravedi al Parlamento. Se hai fortuna: ha partecipato al 13% delle votazioni, al 75% delle missioni, e per il resto non pervenuto. E così quando Il fatto gli fa notare che nell’ultimo mese a Roma non c’è mai stato, per assistere ad Avellino la zia Maria sul punto di morte, lui si infiamma così tanto con “la cronista ostile” (del Fatto), che risponde su Il Giornale con un teorema politico illuminante: l’importanza, incompresa dalla sinistra, di avere una zia Maria che “sarà una pietra miliare della divisione antropologica della politica italiana”. Eppure – basta scorrere le agenzie – Rotondi nell’ultimo mese, forse anche al capezzale della zia, non ha mai smesso di parlare.

Dichiarazioni su dichiarazioni: sulla manovra economica, sul federalismo, parole di stima per Bondi. É evidente che, il tempo per parlare ai giornalisti, il ministro lo ha trovato. Paradosso dei paradossi, poi, proprio lui che dovrebbe rendere popolare il governo è tra i meno popolari di tutti. In un sondaggio tra i cittadini sul consenso dei ministri, risulta agli ultimi posti. Peccato, perché è il preferito di Berlusconi, che apprezza in lui l’innata dote di barzellettiere. Il premier stesso avrebbe rivelato che quando è di cattivo umore, chiama Rotondi. “Dai, Franchino, spara una delle tue”. E giù a ridere. Per l’effetto battuta è conosciuto anche dal grande pubblico. Una delle più sorprendenti dichiarazioni rimane quella sulla pausa pranzo: “Un danno per il lavoro”. Tanto che gli hanno dedicato perfino due gruppi su Facebook: “Togliere la pausa pranzo? Si vede che non ha mai lavorato” e “Il Comitato per l’abrogazione del politico più nerd”.

da Il Fatto Quotidiano del 29 maggio 2010


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