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Intercettazioni, primo sì alla legge bavaglio. La Santanché difende la privacy dei boss mafiosi


ROMA - Sta per cambiare la storia delle inchieste giudiziarie in Italia. Ormai è solo questione di giorni. Uno strumento fondamentale d'indagine come le intercettazioni non sarà più quello di prima. Si cambia definitivamente pagina. Il primo passo c'è stato ieri sera, al Senato, in commissione Giustizia. In una seduta notturna, e del tutto straordinaria trattandosi di lunedì quando a palazzo Madama di solito non c'è neppure l'ombra di un senatore, con un fortissimo scontro tra maggioranza e opposizione, è passata la totale riscrittura delle regole per registrare una telefonata, mettere una microspia, richiedere un tabulato. Con parole grosse volate tra il dipietrista Luigi Li Gotti e il sottosegretario alla Giustizia Ciacomo Caliendo. E con il tentativo disperato dell'opposizione di rinviare ancora un voto che ormai, dopo decine di interventi, era ormai inevitabile.

Alle 22, dopo un braccio di ferro durato per tre sedute, è stato votato l'emendamento del governo che riscrive interamente l'articolo 266 del codice di procedura penale. Quello che stabilisce cosa deve fare un pm, cosa deve fare il giudice, quanto può durare un ascolto, quali sono le condizioni per disporlo.

Il pm dovrà avere in mano "gravi indizi di reato". È così anche oggi, ma bastano solo quelli, non ci sono altri paletti. Invece, se l'aula del Senato e poi la Camera in terza lettura, dovessero confermare le nuove norme imposte dal governo, accanto ai "gravi indizi" il pm dovrà contare su "specifici atti di indagine" che provino la responsabilità dell'indagato o delle altre persone che si vogliono controllare.

Fonte: Repubblica.it

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