PALERMO - Alla Procura di Caltanissetta ripartono con cinque nuovi indagati le indagini sul fallito attentato dell'Addaura 1 al giudice Giovanni Falcone, che 21 anni fa furono caratterizzate non solo da ambiguità e depistaggi 2: lo scenario più inquietante è la partecipazione di elementi deviati dei servizi segreti alla cospirazione contro il giudice, come rivelato dall'inchiesta di Attilio Bolzoni di Repubblica.
Gli iscritti nel registro degli indagati nell'ambito del nuovo filone sono tutti appartenenti al clan mafioso Madonia: oltre al boss Salvino Madonia sono indagati Gaetano Scotto, Raffaele Galatolo, suo nipote Angelo Galatolo, di 50 anni, e il collaboratore di giustizia Angelo Fontana. Un sesto indagato, Pino Galatolo, fratello di Raffaele, è deceduto. Sarebbe stato affidato a lui il compito di procurare il telecomando utilizzato per il fallito attentato.
La Procura indaga anche sulla presenza di una "talpa" all'interno della Dia di Caltanissetta: un uomo dei servizi segreti deviati che, introdottosi nella sede e collegandosi a un computer, avrebbe controllato le vari fasi delle indagini sull'attentato. La talpa avrebbe anche informato chi doveva piazzare l'esplosivo che Falcone si sarebbe recato all'Addaura con i magistrati elvetici Carla Del Ponte e Claudio Lheman, ospiti a Palermo per un'indagine riservata sul riciclaggio in Svizzera di denaro sporco della mafia siciliana.
"Siamo in fase di indagine", l'unico commento rilasciato da Piero Grasso a Enna, dove il procuratore nazionale antimafia ha partecipato alla cerimonia d'inaugurazione dell'auditorium Falcone-Borsellino della locale Procura della Repubblica.
I Pm di Caltanissetta hanno ordinato il prelievo delle tracce di Dna dalla muta da sub ritrovata all'interno del borsone contenente i 20 chili di esplosivo che il 19 giugno 1989 fu piazzato sulla scogliera nella quale si affacciava la villa di Falcone, sul lungomare dell'Addaura.
Per compiere l'accertamento, il procuratore Sergio Lari e gli altri due Pm titolari dell'inchiesta, l'aggiunto Nico Gozzo e il sostituto Nicolò Marino, hanno fatto ricorso a un incidente probatorio. Il Dna prelevato dalle attrezzature abbandonate sulla scogliera sarà confrontato con quello di Emanuele Piazza e Antonino Agostino, due collaboratori dei servizi segreti uccisi a ridosso del fallito attentato. Agostino fu assassinato con la moglie, Ida Castellucci, il 5 agosto 1989, Piazza scomparve il 16 marzo 1990.
Sulla base di quanto rivelato da Repubblica, si ipotizza che Piazza e Agostino fossero stati chiamati per disinnescare l'ordigno, piazzato con il coinvolgimento di pezzi deviati dei servizi segreti. Attorno all'attentato si sarebbero dunque confrontate due "correnti" dell'intelligence, una in difesa di Falcone, l'altra coinvolta nella cospirazione contro il magistrato, ucciso poi nella strage di Capaci del 23 maggio 1992.
Fonte: Repubblica.it
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