Tutto quello che c’è da sapere sul «miracolo» della ricostruzione a L’Aquila, ma i media ufficiali non hanno mai raccontato. Dalla militarizzazione delle tendopoli, dove sono stati vietati caffè e Coca cola per «non eccitare gli animi», fino al business della «ricostruzione che non c’è». Ossia la creazione delle costosissime new town che hanno arricchito gli imprenditori e snaturato per sempre il paesaggio e il tessuto sociale di una città storica che, ancora oggi a più di un anno dal terremoto, è ridotta ad un cumulo di macerie. E, soprattutto, i super poteri della Protezione civile di Bertolaso che, in deroga ad ogni vivere democratico e giocando sull’emergenza, hanno attuato il piano Draquila.
Così recita il titolo del nuovo atteso documentario di Sabina Guzzanti, in uscita venerdì per la Bim e in arrivo al festival di Cannes il 13 maggio. Per l’esattezza: Draquila, l’Italia che trema, con la figurina di un Berlusconi di spalle col mantello da vampiro svolazzante, ad indicare in estrema sintesi come il sisma del 6 aprile 2009 sia stato trasformato dal governo in una delle più impressionanti speculazioni economiche degli ultimi anni. Il primo esempio di «shock economy» all’italiana, di «capitalismo dei disastri» per dirla con Naomi Klein, realizzato attraverso una ferrea propaganda di regime che ha impedito in ogni modo l’affiorare della verità fuori dai confini dei territori distrutti dal terremoto. Anzi, è servito persino a ricostruire l’immagine di Berlusconi salvatore della patria, messa fin lì a dura prova dal caso Noemi, escort, festini, leggi ad-personam.
Ancora adesso, del resto, come vediamo nel film, ci sono molti aquilani che parlano di «riconoscenza» nei confronti del premier. Di «affetto» addirittura. «Gli voglio bene - dice una signora - e lo vorrei abbracciare e baciare». Tanti altri, invece, denunciano il cinismo imprenditoriale con cui sono state gestite le loro disgrazie. E sono la maggioranza. Sabina Guzzanti, in stile Michael Moore, li ascolta tutti, lasciando da parte la comicità e puntando piuttosto sull’inchiesta giornalistica. La vediamo giusto un momento indossare di nuovo i panni del premier per un incontro in una tendopoli. Il resto è tutta denuncia, che viene fuori fragorosa ascoltando i racconti di chi nel sisma ha perso la casa e la famiglia. Come quel padre che la notte del terremoto, seguendo le indicazioni rassicuranti della Protezione civile, ha rimboccato le coperte della figlia. E ora che la bambina è morta sotto le macerie non se lo può perdonare. Anche di questo è responsabile la Protezione civile. Nonostante uno sciame sismico di mesi nessun allarme è stato dato, nessun piano di evacuazione previsto, denunciano gli aquilani. Tanto c’era chi rideva quella notte.
Più dure ancora, le testimonianze contro quella sorta di «Stato parallelo» gestito da Bertolaso che, nei piani di Berlusconi fortunatamente stoppati dallo scandalo intercettazioni sul G8 della Maddalena, sarebbe dovuta diventare una S.p.A.: soldi pubblici a disposizione dei privati «amici». Così come è accaduto grazie al regime di emergenza applicato persino ai grandi eventi. «Cosa c’è di straordinario nei mondiali di nuoto, un evento programmato anni prima?», denuncia una funzionaria della Protezione civile che si è dimessa all’arrivo di Bertolaso, proprio perché aveva capito l’«andazzo». Intanto, i soldi pubblici sono finiti in questo modo anche in alcune visite del Papa in varie città italiane... E l’opposizione dov’era? S’interroga Sabina Guzzanti che, sconsolata, mostra la tenda del Pd a L’Aquila vuota e abbandonata.
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