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Ciro Fontanarosa fu ucciso perchè rifiutò il clan


Di Nicola Sorrentino
Napoli. La sua morte non è stata diversa dalle classiche vendette trasversali che caratterizzano la vita camorristica e il suo modus operandi: agguato in motocicletta e via di corsa. Così veniva ucciso Ciro Fontanarosa, il 25 Aprile del 2009 a Napoli. La tragedia avvenne quasi un anno fa, nei pressi della stazione di Napoli. Il ragazzo si trovava insieme ad un amico in macchina, quando dal nulla si accosta una motocicletta con sopra i due killer. Uno dei quali si chiamava Vincenzo Capozzoli il quale avrebbe eseguito la sparatoria contro il giovane con una violenza inaudita, di solito una violenza riservata ai boss nemici. Per questo omicidio oltre a quest'ultimo, sono stati arrestati anche Ettore Bosti, 30 anni, figlio di Patrizio Bosti, capo del clan omonimo che aveva il suo quartier generale nel centro di Napoli. Le indagini dell'Arma, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli hanno poi esposto questo movente: il rifiuto del ragazzo di affiliarsi al clan della camorra avrebbe successivamente decretato la sua condanna a morte. Inizialmente si era pensato a una vendetta trasversale, una chiusura di conti per pareggiare eventuali torti o morti subite precedentemente, oppure punire un giovane perchè aveva minato il clima generale di qualche boss della zona. La storia però è un pò diversa. L'omicidio venne eseguito anche per dare un monito ai ragazzi della zona che si rifiutavano di sottostare agli ordini che venivano dai piani alti del clan.

Fra questi ragazzi non ribelli, ma insofferenti c'era anche Ciro Fontanarosa. Figlio di Antonio, il padre fu ucciso in un ufficio postale durante un tentativo di rapina, Ciro non dimenticò questo episodio che lo condizionò notevolmente, tanto da farlo diventare "una testa calda" e magari anche poco incline al mondo dei clan. Il boss Ettore Bosti ordinò la sua uccisione proprio per ribadire, nella maniera che più si addice alla camorra, che non dovevano esserci attività extra criminali che ostacolassero invece quelle principali. Nonostante l'omertà più assoluta, addirittura quella del cugino della vittima che essendo stato testimone oculare, si era rifiutato di collaborare per paura di qualche ritorsione, i carabinieri sono riusciti tramite intercettazioni telefoniche e confessioni di un giovane pentito, le indagini hanno avuto buon esito. La colpa di Ciro è stata quella di aver detto no alla camorra, di essersi rifiutato di diventare parte integrante di un sistema di criminalità che recluta continuamente giovani come lui e della sua età. Aggiungendoci l'episodio della morte del padre, il ragazzo, nonostante fosse incesurato, non era un criminale che come invece fanno molti, lavorava per conto suo. Ha pagato la colpa di aver deciso di vivere una vita normale.


Fonti
Mattino 8 Marzo 2010 - Mattino 25 Aprile 2009
Foto (Mattino Copyright)

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