MILANO - Una seduta infuocata, alla Camera. Tra accuse reciproche, urla e cartelloni. Alla fine, come era previsto, arriva il via libera al legittimo impedimento, che passa al Senato. In un'aula quasi al completo - 595 i deputati presenti - a favore hanno votato 316 deputati, mentre i no sono stati 239 e 40 gli astenuti. L'Udc aveva annunciato l'astensione.
BAGARRE - Al momento del risultato finale, alla Camera scoppia la bagarre con tanto di lancio di palline di carta tra i deputati della maggioranza e l'Italia dei valori. Quando il cartellone elettronico dei voti mostra che il provvedimento è passato, dai banchi dei deputati dipietristi vengono sventolati cartelli con su scritto: «Costituzione violata, giustizia calpestata», «leggina monouso», «casta di intoccabili». Il presidente di turno, Antonio Leone, fa intervenire i commessi, ma a quel punto la situazione sembra sfuggire di mano.
IL TESTO - Il provvedimento stabilisce che il premier può ottenere il rinvio dell'udienza dei processi in cui è imputato, perché «legittimamente impedito» dalle sue attività di governo a comparire in tribunale. Ogni rinvio può estendersi fino a 6 mesi, per un totale di 18 mesi. È sufficiente che la presidenza del Consiglio attesti l'esistenza di questo impedimento, perché il giudice rinvii il processo ad altra udienza. Queste norme sono estese anche ai ministri. Pdl e Udc, i due partiti che l'hanno proposta, hanno detto che si tratta di una "legge ponte", - scade dopo 18 mesi dall'entrata in vigore - che serve a placare le tensioni tra presidente del Consiglio e magistratura nell'attesa che il Parlamento approvi una legge costituzionale sulle immunità. Per l'opposizione di centrosinistra si tratta dell'ennesima legge ad personam ed è incostituzionale, perché mette al riparo Berlusconi dai suoi processi violando la sentenza della Consulta sul "Lodo Alfano", secondo la quale la materia delle prerogative del presidente del Consiglio può essere affrontata soltanto con una legge costituzionale. La maggioranza conta di approvare in via definitiva questa legge al Senato entro un mese.
PD E IDV - In aula, Pier Luigi Bersani si scaglia duramente contro il provvedimento. «Cosa vuol dire discutere di salva processi e legge salva pentiti? E lodo Alfano uno e due? La gente capisce l'essenziale. Sono tutte cose complicate ma in comune hanno una cosa semplice: c'è di mezzo Berlusconi, un presidente del Consiglio che non vuole farsi giudicare, e tiene fermo, incagliato, su questo punto l'Italia» afferma il segretario del Pd. «È ora che prendiate atto che grande parte del Paese che governate non è disposta a chiamare riforme delle norme che cambiano le regole in corso d'opera, a processi in corso. Norme che non hanno astrattezza, se non in modo ipocrita, e che ignorano il principio di uguaglianza», ha aggiunto Bersani. «Il presidente del Consiglio, a questo punto della sua quindicennale carriera politica - ha sottolineato il leader del Pd rivolgendosi alla maggioranza -, potrebbe compiere un gesto di responsabilità, mettendo al primo posto l'Italia. Sentiremo la solita musica: 'Abbiamo il consenso, fateci governare...'. Ma chi vi ha impedito di governare?». Duro anche Antonio Di Pietro: «Una cosa è il legittimo impedimento perché ti sei rotto una gamba e sei in ospedale, un'altra è dire "faccio il ministro e il lavoro mi blocca". Prenditi un sabato mattina per andare in tribunale, invece di andare a sciare o andare con la Noemi di turno» è l'affondo del leader dell'Idv, che ha ribadito così il suo "no" al provvedimento. «Oggi è in corso un omicidio della legalità - spiega - Alcune persone hanno occupato le istituzioni e seguendo un modello piduista le stanno trasformando in loro dipendenze» ha aggiunto l'ex pm. «Solo in un Paese barbaro e dittatoriale si può immaginare che un presidente del Consiglio si faccia fare una legge apposita per non farsi processare».
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BAGARRE - Al momento del risultato finale, alla Camera scoppia la bagarre con tanto di lancio di palline di carta tra i deputati della maggioranza e l'Italia dei valori. Quando il cartellone elettronico dei voti mostra che il provvedimento è passato, dai banchi dei deputati dipietristi vengono sventolati cartelli con su scritto: «Costituzione violata, giustizia calpestata», «leggina monouso», «casta di intoccabili». Il presidente di turno, Antonio Leone, fa intervenire i commessi, ma a quel punto la situazione sembra sfuggire di mano.
IL TESTO - Il provvedimento stabilisce che il premier può ottenere il rinvio dell'udienza dei processi in cui è imputato, perché «legittimamente impedito» dalle sue attività di governo a comparire in tribunale. Ogni rinvio può estendersi fino a 6 mesi, per un totale di 18 mesi. È sufficiente che la presidenza del Consiglio attesti l'esistenza di questo impedimento, perché il giudice rinvii il processo ad altra udienza. Queste norme sono estese anche ai ministri. Pdl e Udc, i due partiti che l'hanno proposta, hanno detto che si tratta di una "legge ponte", - scade dopo 18 mesi dall'entrata in vigore - che serve a placare le tensioni tra presidente del Consiglio e magistratura nell'attesa che il Parlamento approvi una legge costituzionale sulle immunità. Per l'opposizione di centrosinistra si tratta dell'ennesima legge ad personam ed è incostituzionale, perché mette al riparo Berlusconi dai suoi processi violando la sentenza della Consulta sul "Lodo Alfano", secondo la quale la materia delle prerogative del presidente del Consiglio può essere affrontata soltanto con una legge costituzionale. La maggioranza conta di approvare in via definitiva questa legge al Senato entro un mese.
PD E IDV - In aula, Pier Luigi Bersani si scaglia duramente contro il provvedimento. «Cosa vuol dire discutere di salva processi e legge salva pentiti? E lodo Alfano uno e due? La gente capisce l'essenziale. Sono tutte cose complicate ma in comune hanno una cosa semplice: c'è di mezzo Berlusconi, un presidente del Consiglio che non vuole farsi giudicare, e tiene fermo, incagliato, su questo punto l'Italia» afferma il segretario del Pd. «È ora che prendiate atto che grande parte del Paese che governate non è disposta a chiamare riforme delle norme che cambiano le regole in corso d'opera, a processi in corso. Norme che non hanno astrattezza, se non in modo ipocrita, e che ignorano il principio di uguaglianza», ha aggiunto Bersani. «Il presidente del Consiglio, a questo punto della sua quindicennale carriera politica - ha sottolineato il leader del Pd rivolgendosi alla maggioranza -, potrebbe compiere un gesto di responsabilità, mettendo al primo posto l'Italia. Sentiremo la solita musica: 'Abbiamo il consenso, fateci governare...'. Ma chi vi ha impedito di governare?». Duro anche Antonio Di Pietro: «Una cosa è il legittimo impedimento perché ti sei rotto una gamba e sei in ospedale, un'altra è dire "faccio il ministro e il lavoro mi blocca". Prenditi un sabato mattina per andare in tribunale, invece di andare a sciare o andare con la Noemi di turno» è l'affondo del leader dell'Idv, che ha ribadito così il suo "no" al provvedimento. «Oggi è in corso un omicidio della legalità - spiega - Alcune persone hanno occupato le istituzioni e seguendo un modello piduista le stanno trasformando in loro dipendenze» ha aggiunto l'ex pm. «Solo in un Paese barbaro e dittatoriale si può immaginare che un presidente del Consiglio si faccia fare una legge apposita per non farsi processare».
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