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La marcia indietro del governo No al decreto, stop al processo breve

Il ddl sul processo breve torna in Commissione:lo ha reso noto il presidente dei senatori dell'IdV Felice Belisario al termine della Conferenza dei Capigruppo. Il provvedimento sarà votato in Aula la prossima settimana. Per Belisario si tratta di una vittoria delle opposizioni. «Il buon senso e la compattezza delle opposizioni - ha spiegato il presidente dei senatori dipietristi - hanno prevalso e gli emendamenti del relatore sul processo breve saranno esaminati dalla Commissione di merito. Abbiamo calendarizzato il provvedimento - ha concluso - che dovrebbe essere votato in Aula la prossima settimana».

Si tratta di un ritorno temporaneo visto che i lavori dell'Aula riprenderanno nel pomeriggio. Secondo quanto si apprende il presidente del Senato, Renato Schifani, ha mediato e ha cercato di «smussare gli spigoli» trovando nel regolamento del Senato, che consente il rinvio temporaneo di un provvedimento senza la strada per calibrare le esigenze della maggioranza e le richieste dell'opposizione.

Il portavoce del ministro Elio Vito pochi minuti prima aveva reso noto che non ci sarà alcun decreto sospendi-processi al consiglio dei ministri riunito a Palazzo Chigi, con la motivazione che la sentenza della Corte costituzionale è immediatamente applicativa.

La notizia di questo decreto aveva agitato la seduta del Senato di ieri. La capogruppo del Pd Anna Finocchiaro aveva messo Schifani di fronte al fatto compiuto: «Visto che non ha lei, presidente Schifani, la sensibilità di dare il tempo alle opposizioni di comprendere il contenuto di questi provvedimenti - dal processo breve al legittimo impedimento, dal lodo per via costituzionale all’ultima notizia che arriva attraverso agenzie di stampa di un decreto per bloccare i processi - tutti univocamente orientati, sono costretta a convocare immediatamente il mio gruppo e le chiedo la sospensione dei lavori».

La giornata era cominciata tardi, alle 18, rispetto al calendario. La tensione si era accumulata sul processo breve nella nuova edizione uscita dal vertice di maggioranza di lunedì che applicherà la norma a tutti i processi, compresi quelli per mafia e terrorismo, e a tutti gli imputati (non solo agli incensurati) con tre fasce di scadenza per far scattare la prescrizione del dibattimento (sei anni e mezzo per i reati al di sotto dei 10 anni; sette anni e mezzo per i reati con pene dai 10 anni in su; 10, al massimo 13 anni, per i reati di mafia e terrorismo). Il Pd non ha dubbi. Parlano Legnini, Casson e la capogruppo Anna Finocchiaro per chiedere che il nuovo testo emendato torni in Commissione visto che è qualcosa di completamente diverso dall’originale.

LE OPPOSIZIONI FANNO MURO
Le opposizioni si compattano. Si associa alla richiesta D’Alia (Udc) e Li Gotti (Idv) che dice: «Con il nuovo testo arriviamo all’assurdo per cui la patologia tutta italiana dei procesi troppi lunghi diventa la regola nel momentoin cui stabiliamo per legge cheun processo di mafia possa durare fino a 13 anni e 4 mesi». Schifani si trincera dietro i regolamenti di palazzo Madama, ammette solo, se le opposizioni non faranno ostruzionismo, di dare un po’ più di tempo ai gruppi per replicare. Finocchiaro richiama Schifani al suo ruolo non solo di «notaio» e «registratore» ma di «arbitro diuna partita politica delicatissima ». Nulla da fare. Schifani esegue gli ordini di palazzo Grazioli che dicono: avanti tutta col processo breve che il Senato dovrà licenziare in settimana. Il senatore Valentino, relatore del processo breve, inizia a presentare il testo in modo di votare le pregiudiziali entro la serata. Ma alle 19 e 41 le agenzie danno corpo a indiscrezioni che si sono rincorse per tutto il giorno e battono la notizia che il governo presenterà domani( oggi) il decreto blocca-processi sulla base di una sentenza della Consulta (n.333 del 14 dicembre) che riconosce il diritto della difesa di avere tre mesi di tempi per esaminare nuove contestazioni dell’accusa. Come sta per succedere, per l’appunto, nei due processi dove Berlusconi è imputato, lo stralcio Mills e i diritti tv. Il senatore-avvocato Piero Longo, maestro di Ghedini e mente pensante della difesa del premier è alla buvette del Senato per un aperitivo. Allarga le braccia: «Diamo corso a una sentenza della Consulta, lo dobbiamo fare. Non è certo una norma salva-premier...».

Fonte: Unita.it

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