MILANO - Agcom
PROCEDURA D'INFRAZIONE - La Commissione europea sarebbe infatti pronta ad aprire una procedura d'infrazione contro l'Italia per la mancata notifica, attesa entro il 19 dicembre, del decreto. Ma c'è anche un secondo fronte "caldo": il decreto Romani prevede allo stato attuale che i fornitori di servizi online siano responsabili dei contenuti trasmessi dagli utenti, tramite il controllo preventivo. Ne sarebbero colpiti provider come Fastweb e Telecom Italia, ma anche a siti come YouTube, il sito per la condivisione di video di proprietà di Google. Questo rischia di violare le norme Ue sul commercio elettronico: la direttiva prevede che i fornitori di servizi (Internet service provider o Isp) non siano tenuti a compiti di monitoraggio.
E anche su questo punto Calabrò è molto chiaro: «L'autorizzazione preventiva finisce per diventare un filtro burocratico». L'esame del decreto avviene mentre YouTube ha in corso una battaglia legale con Mediaset. Il gruppo televisivo chiede infatti a titolo di risarcimento 500 milioni di euro per violazione di copyright. E qualcuno vede puzza di bruciato. «Per come è scritto, il decreto potrebbe di sicuro aiutare Mediaset nella causa contro Google» dice Paolo Nuti, presidente dell'associazione di Internet provider in Italia.
SPOT NELLE PAY TV - Un altro punto molto discusso è il taglio progressivo al tetto orario degli spot per i canali a pagamento. «L'effetto sugli introiti c'è, è sottrattivo, e mette un limite alla crescita e non solo di Sky Italia ma di tutti gli altri editori presenti sulla piattaforma, da De Agostini a Rcs a Ellemedia gruppo Espresso a Walt Disney e Fox, che hanno scommesso sull'Italia e puntano sui ricavi pubblicitari per crescere e magari investire nella produzione locale» dice Andrea Scrosati, vice presidente corporate e market communication di Sky.
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