ROMA - È seduto in prima fila da pochi minuti quando gli arriva addosso quell'agenzia che rovina, a lui e a Berlusconi, la tessitura di una trama costata 24 ore di lavoro. Nevica all'Aquila e Angelino Alfano pare avere un brivido in più quando legge la secca smentita del procuratore generale della Cassazione su un suo presunto via libera al processo breve. Avvalorato e accreditato proprio dal ministro della Giustizia sui giornali freschi di stampa. Parole "sacrosante" quelle di Vitaliano Esposito chiosava il Guardasigilli, "discorso intellettualmente onesto e coraggioso". E pure "anticonformista".
Peccato che l'alta toga, gelida quanto la temperatura della città terremotata, smentisca perfino di aver mai parlato di processo breve. Tant'è che quell'espressione "non l'ha mai utilizzata". Generico era il suo ragionamento. Questo: "L'azione penale deve pervenire a una decisione definitiva nel rispetto dei canoni di un giusto processo il quale, come tale, deve essere anche di ragionevole durata".
Undici righe fulminano l'abile mossa del Cavaliere, eseguita dal suo fido Alfano, per dividere la magistratura tra chi è favorevole al processo breve, i massimi vertici, e chi invece lo ostacola, l'Anm e i togati del Csm. Venerdì l'ordine di scuderia, "schierarsi con i primi a danno dei secondi", dopo la cerimonia in Cassazione, era stato chiaro e subito eseguito. Niente di meglio che delle dichiarazioni per avvalorare un'interpretazione favorevole. Con una motivazione di tutto rispetto. Che il premier ai suoi aveva spiegato così: "Dobbiamo sostenere, sempre e comunque, il processo breve. A quella via io non rinuncio perché rappresenta la soluzione definitiva. Anche se questa settimana approviamo in fretta il legittimo impedimento alla Camera, quella strada resta comunque aperta".
E allora ecco il mandato ad Alfano a "darci dentro", a dimostrare che magistrati di cultura ed esperienza come Esposito e come il primo presidente della Suprema corte Vincenzo Carbone "hanno licenziato" in positivo il processo breve. E poi l'altro input che il Guardasigilli cerca di eseguire ieri nella sua performance a Coppito. Dice Berlusconi ad Alfano: "Basta con questa Anm. Tu devi parlare coi vertici, con i capi, loro dovranno essere i tuoi interlocutori".
Se tutto questo comporta strappi ed evidenti esagerazioni non importa. Ecco che, del discorso di Esposito, viene "dimenticata" una parentisi pur strategica. Quando il pg della Corte scrive che "solo dopo aver garantito le condizioni per un'effettiva riduzione dei tempi del processo, è possibile introdurre (ma sarebbe da evitare) una rigida temporizzazione delle fasi". È un'apertura al processo breve oppure una chiusura? La parentisi non pare proprio lasciare dubbi. Ma tant'è. Dal ministero della Giustizia passa la decisa e autorevole vulgata che quello di Esposito va interpretato come un "via libera" per il processo breve, un "sì" senza condizioni.
Basta una super toga o è meglio spenderne due? Via alla caccia all'aggettivo "breve" anche nella relazione con cui Carbone ha aperto l'anno giudiziario al palazzaccio. Che compare solo a pagina 170. Frase generica, purtroppo: "Senza un disegno organico e di ampio respiro, appare difficile che, alla lunga, si possa imporre ex lege una risposta di giustizia che possa in concreto essere "breve" ed efficace a fronte di un crescente carico di domanda". Casomai ci si riferisce al processo breve? Fonti di via Arenula dicono di sì. E subito si moltiplicano le dichiarazioni del centrodestra, le solite firme, Alfano obbedisce a Berlusconi e le accredita, e il processo breve, da mostruoso spauracchio per i magistrati, da "amnistia strisciante e occulta" per il Csm, diventa un ottimo strumento per deflazionare la giustizia.
A Coppito la maschera cade. Il pg Esposito smentisce. Scatta la fase due della strategia del premier per delegittimare la protesta e le manifestazioni delle toghe in tutti i palazzi di giustizia che criticano il "mostro" del processo breve. Il Guardasigilli, per tutta la durata della cerimonia, fa un solo mestiere: leggere freneticamente sul telefonino le agenzie che, per e-mail, gli manda via via da Roma il suo ufficio stampa. E quando spuntano le prime notizie su Catanzaro, Reggio e Messina il gioco è fatto, anche senza approfondire che a Reggio i giudici restano nell'aula della cerimonia per Schifani e adottano lo stesso atteggiamento che i colleghi stanno tenendo all'Aquila. Ma Alfano dà ugualmente la linea alla sua addetta stampa che diventa un tam tam fino a sera. La parola d'ordine è "defezioni". Anm "spaccata", non rappresentativa. Quindi il processo breve può e deve andare avanti.
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