Due donne molto vicine al premier Silvio Berlusconi avevano acceso dei conti correnti bancari fittizi: in realtà erano utilizzati da un esponente della mafia pugliese. Nelle 1600 pagine dell’ordinanza, firmata dal gip Giulia Romanazzi, che ieri ha portato all’arresto di 83 persone, la parlamentare Pdl Elvira Savino risulta indagata per aver agevolato il riciclaggio. Più defilata la posizione dell’attrice di Fiction Sabina Beganovic, che non risulta indagata, ma era intestataria, secondo l’accusa, di “uno dei sei conti correnti nella filiale di Bari-Palese della banca Antonveneta”. L’inchiesta dell’Antimafia ha rivelato un sistema di riciclaggio pari a 220 milioni di euro, risultato del traffico internazionale di droga e investito in 35 società sparse in tutta Italia e ben 680 conti correnti.
Due conti correnti fittizi, intestati alla Savino e alla Beganovic, erano utilizzati da Michele Labellarte, imprenditore da poco scomparso, ritenuto dalla pm Elisabetta Pugliese una sorta di cassiere di Savino Parisi, noto alle cronache giudiziarie come “Savinuccio”, boss dello storico clan mafioso Parisi. Secondo l'accusa, la Savino era conoscenza dei precedenti penali, per reati di bancarotta, di Labellarte: “Elvira Savino”, scrivono gli inquirenti, “nel momento in cui ha acconsentito all'intestazione fittizia del conto corrente 10024G della banca Antonveneta, di fatto nella disponibilità del Labellarte, ben conosceva i problemi giudiziari nei quali era stato coinvolto quest’ultimo ed era perfettamente consapevole, anche perchè ribaditoglielo dallo stesso interessato, che l'imprenditore non poteva esporsi direttamente nella conduzione degli affari”.
La parlamentare era quindi consapevole e riceveva un “corrispettivo”: “la concessione della carta di credito American Express collegata alla promozione Alitalia con addebito sul conto di Michele Labellarte”, per esempio, oppure “aiuti finanziari” per 3.500 euro, alcune “ricariche telefoniche” e persino il pagamento del biglietto aereo per il volo AirOne “Roma-Bari”. Intercettando Michele Labellarte ed Elvira Savino, gli inquirenti sentono parlare di una Sabina, quandoi due discutono della chiusura di un conto corrente: “Ma un'altra cosa, siccome io questa raccomandata ce l'ho qui per Sabina”, dice la Savino. “Tu l'hai presa per Sabina?”, chiede Labellarte. “No, perchè io ho solo la cartolina che serve a ritirare la raccomandata”, risponde la Savino.
Michele Labellarte non era un personaggio secondario della mala barese. Al contrario. Basti dare un'occhiata alle intercettazioni ambientali tra il boss Savino Parisi e ai capi di imputazione, nei quali si parla di “stabile inserimento nell'organigramma del soldalizio Parisi-Stramaglia”. Il ruolo di Labellarte è finanziario: "Nel corso della loro ancestrale e prestigiosa carriera criminale, Sa-vino Parisi e Angelo Stramaglia hanno accumulato un patrimonio discretamente cospicuo; in parte reinvestito in proprietà immobiliari; in parte costituito in denaro contante affidato a Michele Labellarte. Scelta determinata anche dal suo incisivo inserimento nel tessuto socio politico ed economico locale".
Inserimento che non riguarda soltanto la Savino, ma anche un ex esponente del Csm, noto avvocato vicino al centrosinistra , Gianni Di Cagno, indagato per impiego di denaro di provenienza illecita, per aver coperto, in qualità di legale di Labellarte, alcune sue operazioni. Esattamente come per l'avvocato Onofrio Sisto, ex vicepresidente della Provincia (Pd), fratello del parlamentare Pdl, nonché avvocato difensore del ministro Raffaele Fitto, Francesco Paolo Sisto. Labellarte stava puntando a un nuovo, lucroso affare, che mirava alla costruzione di un villaggio universitario per 3.500 studenti. Anche un imprenditore molto vicino a Massimo d'Alema, Enrico Intini (non indagato), aveva tentato di entrare in affari con Labellarte, con il quale "aveva condotto trattative personalmente".
Ma chi è davvero Labellarte? Gli indagati lo definiscono un "diavolo" e lo stesso Parisi sembra temere per il proprio patrimonio affidato all'ex imprenditore.
La guardia di Finanza intercetta una conversazione tra il boss e l'imprenditore: "Perchè tu forse non lo sai ma la vita tua è la vita nostra ... noi non possiamo pensare un male per te ... noi vogliamo la vita lunga", gli dice Parisi. Il motivo è semplice: "Labellarte", scrivono gli inquirenti, "rappresenta per il clan una figura di vitale importanza. (...) Stramaglia avrebbe consegnato a Labellarte circa sei miliardi di vecchie lire (...)". Ma non solo. Labellarte avrebbe dovuto "restituire ‘ripuliti’ tre milioni di euro a Parisi" e contava di farlo anche attraverso "l'affare della sua vita", ovvero "l'affare universitario". La sua posizione è talmente rilevante che un giorno, il boss Parisi, parlando con un "luogotenente", si chiede: "Ma se succede qualcosa a lui a chi ci dobbiamo rivolgere ...". E' a quest'uomo che la Savino e la Began concedevano l'apertura di conti correnti fittizi. Un uomo che aveva conoscenze ai vertici della mafia e della politica locale. E non disdegnava di frequentare l'enfant prodige delle scalate sociali in salsa pugliese: Gianpi Tarantini, amico della Savino, della Began, e dello stesso Berlusconi.
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Due conti correnti fittizi, intestati alla Savino e alla Beganovic, erano utilizzati da Michele Labellarte, imprenditore da poco scomparso, ritenuto dalla pm Elisabetta Pugliese una sorta di cassiere di Savino Parisi, noto alle cronache giudiziarie come “Savinuccio”, boss dello storico clan mafioso Parisi. Secondo l'accusa, la Savino era conoscenza dei precedenti penali, per reati di bancarotta, di Labellarte: “Elvira Savino”, scrivono gli inquirenti, “nel momento in cui ha acconsentito all'intestazione fittizia del conto corrente 10024G della banca Antonveneta, di fatto nella disponibilità del Labellarte, ben conosceva i problemi giudiziari nei quali era stato coinvolto quest’ultimo ed era perfettamente consapevole, anche perchè ribaditoglielo dallo stesso interessato, che l'imprenditore non poteva esporsi direttamente nella conduzione degli affari”.
La parlamentare era quindi consapevole e riceveva un “corrispettivo”: “la concessione della carta di credito American Express collegata alla promozione Alitalia con addebito sul conto di Michele Labellarte”, per esempio, oppure “aiuti finanziari” per 3.500 euro, alcune “ricariche telefoniche” e persino il pagamento del biglietto aereo per il volo AirOne “Roma-Bari”. Intercettando Michele Labellarte ed Elvira Savino, gli inquirenti sentono parlare di una Sabina, quandoi due discutono della chiusura di un conto corrente: “Ma un'altra cosa, siccome io questa raccomandata ce l'ho qui per Sabina”, dice la Savino. “Tu l'hai presa per Sabina?”, chiede Labellarte. “No, perchè io ho solo la cartolina che serve a ritirare la raccomandata”, risponde la Savino.
Michele Labellarte non era un personaggio secondario della mala barese. Al contrario. Basti dare un'occhiata alle intercettazioni ambientali tra il boss Savino Parisi e ai capi di imputazione, nei quali si parla di “stabile inserimento nell'organigramma del soldalizio Parisi-Stramaglia”. Il ruolo di Labellarte è finanziario: "Nel corso della loro ancestrale e prestigiosa carriera criminale, Sa-vino Parisi e Angelo Stramaglia hanno accumulato un patrimonio discretamente cospicuo; in parte reinvestito in proprietà immobiliari; in parte costituito in denaro contante affidato a Michele Labellarte. Scelta determinata anche dal suo incisivo inserimento nel tessuto socio politico ed economico locale".
Inserimento che non riguarda soltanto la Savino, ma anche un ex esponente del Csm, noto avvocato vicino al centrosinistra , Gianni Di Cagno, indagato per impiego di denaro di provenienza illecita, per aver coperto, in qualità di legale di Labellarte, alcune sue operazioni. Esattamente come per l'avvocato Onofrio Sisto, ex vicepresidente della Provincia (Pd), fratello del parlamentare Pdl, nonché avvocato difensore del ministro Raffaele Fitto, Francesco Paolo Sisto. Labellarte stava puntando a un nuovo, lucroso affare, che mirava alla costruzione di un villaggio universitario per 3.500 studenti. Anche un imprenditore molto vicino a Massimo d'Alema, Enrico Intini (non indagato), aveva tentato di entrare in affari con Labellarte, con il quale "aveva condotto trattative personalmente".
Ma chi è davvero Labellarte? Gli indagati lo definiscono un "diavolo" e lo stesso Parisi sembra temere per il proprio patrimonio affidato all'ex imprenditore.
La guardia di Finanza intercetta una conversazione tra il boss e l'imprenditore: "Perchè tu forse non lo sai ma la vita tua è la vita nostra ... noi non possiamo pensare un male per te ... noi vogliamo la vita lunga", gli dice Parisi. Il motivo è semplice: "Labellarte", scrivono gli inquirenti, "rappresenta per il clan una figura di vitale importanza. (...) Stramaglia avrebbe consegnato a Labellarte circa sei miliardi di vecchie lire (...)". Ma non solo. Labellarte avrebbe dovuto "restituire ‘ripuliti’ tre milioni di euro a Parisi" e contava di farlo anche attraverso "l'affare della sua vita", ovvero "l'affare universitario". La sua posizione è talmente rilevante che un giorno, il boss Parisi, parlando con un "luogotenente", si chiede: "Ma se succede qualcosa a lui a chi ci dobbiamo rivolgere ...". E' a quest'uomo che la Savino e la Began concedevano l'apertura di conti correnti fittizi. Un uomo che aveva conoscenze ai vertici della mafia e della politica locale. E non disdegnava di frequentare l'enfant prodige delle scalate sociali in salsa pugliese: Gianpi Tarantini, amico della Savino, della Began, e dello stesso Berlusconi.
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