Altro che riposo. Tutti ad Arcore, da Cicchitto a Letta, da Scajola a Miccichè. Una convalescenza di gran lavoro quella del Cavaliere. Per stasera è prevista una cena con Bossi e Tremonti. Possibile, prima di Natale, una nuova visita di Fini. Il Presidente della Camera si sta spendendo molto per dare gambe agli appelli berlusconiani a «rasserenare il clima». Come Gianni Letta, d’altra parte, che Berlusconi vorrebbe nominare vice premier.
Strada spianata verso il «patto democratico», quindi? Passati i giorni dello scoramento e dei buoni propositi, in realtà, il Cavaliere «vuole la pace», ma pone condizioni. La prima è che Pd e Udc rompano con Di Pietro, isolando l’ex pm di Mani pulite. Una richiesta che, riportata come una sorta di diktat da interlocutori non annoverabili tra le «colombe», giunge in realtà direttamente all’opposizione - e per altri percorsi - con toni più sfumati. Pace condizionata, quindi? «Prendo atto dell’apertura alle riforme del Pd - spiega Paolo Bonaiuti - Se sono rose fioriranno, vedremo. Il dialogo, il confronto, qualunque forma di apertura civile con l’opposizione può riprendere quando cesserà la spirale di violenza contro il presidente del Consiglio». E il senatore Pdl, Giorgio Stracquadanio, ultras pro Cavaliere, sottolinea che «è più che opportuna la distinzione tra opposizione democratica, con la quale cercare con tenacia un’intesa per le riforme istituzionali, e opposizione giustizialista». Gaetano Quagliariello, infine, auspica che «le forze responsabili dell’opposizione» compiano «un passo ulteriore per disinnescare il conflitto che da 15 anni impedisce all’Italia di diventare una democrazia compiuta».
È chiaro che Berlusconi non ha messo da parte l’assoluta priorità che assilla i suoi pensieri: la via d’uscita parlamentare ai processi che lo riguardano. E se è vero che oltre all’«isolamento di Di Pietro» il premier spera, in particolare dal Pd, un atteggiamento «soft» sulle leggi «ad personam», è anche vero che - con realismo - non mette nel conto né voti favorevoli, né aiuti nell’iter parlamentare. Tenta, però, di evitare «la demonizzazione». «La posizione di D’Alema, Bersani e di tutti noi - spiega il Pd Enrico Letta - È che non c’è un atteggiamento persecutorio o berlusconicentrico, ma solo il rispetto delle regole, della Costituzione e che le riforme devono essere di sistema».
Legittimo impedimento e Lodo Alfano bis: sembrano questi i provvedimenti intorno ai quali il Cavaliere occuperà il Parlamento tra gennaio e febbraio, pronto - in ogni caso - ad andare «avanti come un treno» forte, anche, delle rassicurazioni di Fini. Una modifica radicale del «processo breve» per dare un segnale a chi - nel Pdl, ma anche in Pd e Udc - chiede di non terremotare la giustizia? Possibile. Quanto alle altre riforme, tutto lascia pensare che se ne riparlerà dopo le regionali e che le urne decideranno molto anche del futuribile dialogo tra maggioranza e opposizione»
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Strada spianata verso il «patto democratico», quindi? Passati i giorni dello scoramento e dei buoni propositi, in realtà, il Cavaliere «vuole la pace», ma pone condizioni. La prima è che Pd e Udc rompano con Di Pietro, isolando l’ex pm di Mani pulite. Una richiesta che, riportata come una sorta di diktat da interlocutori non annoverabili tra le «colombe», giunge in realtà direttamente all’opposizione - e per altri percorsi - con toni più sfumati. Pace condizionata, quindi? «Prendo atto dell’apertura alle riforme del Pd - spiega Paolo Bonaiuti - Se sono rose fioriranno, vedremo. Il dialogo, il confronto, qualunque forma di apertura civile con l’opposizione può riprendere quando cesserà la spirale di violenza contro il presidente del Consiglio». E il senatore Pdl, Giorgio Stracquadanio, ultras pro Cavaliere, sottolinea che «è più che opportuna la distinzione tra opposizione democratica, con la quale cercare con tenacia un’intesa per le riforme istituzionali, e opposizione giustizialista». Gaetano Quagliariello, infine, auspica che «le forze responsabili dell’opposizione» compiano «un passo ulteriore per disinnescare il conflitto che da 15 anni impedisce all’Italia di diventare una democrazia compiuta».
È chiaro che Berlusconi non ha messo da parte l’assoluta priorità che assilla i suoi pensieri: la via d’uscita parlamentare ai processi che lo riguardano. E se è vero che oltre all’«isolamento di Di Pietro» il premier spera, in particolare dal Pd, un atteggiamento «soft» sulle leggi «ad personam», è anche vero che - con realismo - non mette nel conto né voti favorevoli, né aiuti nell’iter parlamentare. Tenta, però, di evitare «la demonizzazione». «La posizione di D’Alema, Bersani e di tutti noi - spiega il Pd Enrico Letta - È che non c’è un atteggiamento persecutorio o berlusconicentrico, ma solo il rispetto delle regole, della Costituzione e che le riforme devono essere di sistema».
Legittimo impedimento e Lodo Alfano bis: sembrano questi i provvedimenti intorno ai quali il Cavaliere occuperà il Parlamento tra gennaio e febbraio, pronto - in ogni caso - ad andare «avanti come un treno» forte, anche, delle rassicurazioni di Fini. Una modifica radicale del «processo breve» per dare un segnale a chi - nel Pdl, ma anche in Pd e Udc - chiede di non terremotare la giustizia? Possibile. Quanto alle altre riforme, tutto lascia pensare che se ne riparlerà dopo le regionali e che le urne decideranno molto anche del futuribile dialogo tra maggioranza e opposizione»
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