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Casal di Principe, nome da cambiare? Lo scrittore Saviano: sarebbe una resa

NAPOLI — Cambiare il no­me a Casal di Principe per evita­re la gogna mediatica come ha proposto un consigliere di op­posizione della lista Alba Nuo­va, l'ingegnere Vincenzo Schia­vone? No! Anche se la sua viene ritenuta una provocazione «uti­le». Lo scrittore Roberto Savia­no, l’autore di Gomorra, è net­tamente contrario alla proposta del consigliere comunale: «Il nome non ha nessuna valore anzi è un nome normanno im­portante e onorevole. Mussoli­ni già provò — puntualizza lo scrittore — a cambiare il nome del paese con Albanova e tolse a Caserta la provincia accorpan­dola a Napoli.

Il territorio era corrotto persino nel nome, dice­va, e dal nome cambierà. Ma non cambiò proprio nulla. Per dare al nome nuova luce devo­no cambiare i comportamenti, non ha senso cassare un nome. Il territorio non cambierebbe e si lascerebbe alla camorra persi­no il potere di decidere di poter sporcare un nome che la storia ha deciso. Che finalmente cam­biassero i comportamenti le scelte — conclude l’autore del best seller — che si interrompa il consenso ai clan e questa col­tre di omertà».

«Una provoca­zione utile — precisa Sergio Nazzaro autore di Io per fortu­na c'ho la camorra che si è occu­pato a lungo dei clan dei casalesi e di Casal di Principe — ma che dovrebbe far riflettere: su quel­li, onesti, che non si piegano e non si vogliono piegare e che continuano a vivere in questo centro. Oppure su quei giovani che alzandosi all'alba, ad esem­pio, vanno a lavorare sulle terre confiscate alla malavita per ren­dere produttivi i pescheti, cerca­no di ridare dignità a questa ter­ra. Cambiare il nome sarebbe una operazione di facciata, cam­bierebbe il nome non la sostan­za. Comunque la provocazione è efficace, forse perché porta a discutere di tanti problemi che con l’incalzare della cronaca non vengono sviscerati a suffi­cienza».

«No! Non accetto la proposta neanche come una provocazio­ne — tuona da Roma il senato­re Pasquale Giuliano, presi­dente della commissione Lavo­ro di Palazzo Madama — deci­dere di cambiare nome sarebbe come dire che i clan hanno vin­to. La strada, a mio parere, è un’altra: bisogna aiutare la gen­te onesta a resistere in questa realtà, come del resto fa in ma­niera silenziosa ogni giorno, ed estirpare questo cancro. L’attivi­tà di contrasto che si sta svol­gendo e che si è svolta nei mesi scorsi — precisa l’esponente del Pdl — sta dando dei frutti, non completamente con la sconfitta definitiva della malavi­ta, ma si tratta di azioni che van­no della direzione dell’estirpa­zione di questo cancro. Cambia­re il nome significherebbe dar­la vinta proprio a coloro che in­fangano il nome di questa labo­riosa cittadina».

«Io sono nato quando c’era Albanova — confessa Pietropa­olo Ferraiuolo, ex vicepresiden­te del consiglio regionale e an­cora medico di base — e dico no alla proposta. Ringrazio Sa­viano perché con il suo libro ha acceso i riflettori sui nostri pro­blemi, ma non ci ha aiutato a ri­solverli. Casale non è solo ca­morra. Ci sono tanti cittadini onesti: Letizia Scipione, medico condotto che ha curato la popo­lazione nel periodo bellico e post bellico senza pretendere una lira; Emilio Gagliardi che durante l’occupazione nazista difese la popolazione dalle pre­tese delle truppe rischiando la propria vita; Giovanni Natale, un eroe che è stato insignito della medaglia d’oro al valor mi­litare. Più che cambiare nome si dovrebbero intestare le stra­de cittadine a questi ed altri cit­tadini per dimostrare che a Ca­sale c’è stata gente onesta e co­raggiosa, anche se ora emerge la minoranza che delinque».

«Il problema non è quello del nome — s’arrabbia Luca Coro­nella, studente universitario — ma della classe politica locale che non ha saputo emarginare chi ha ridotto Casal di Principe in questo stato. Altro che cam­biare nome, occorre cambiare classe dirigente locale». Rober­to Fusciello, universitario, re­sponsabile dei Verdi: «Io pro­pongo di lanciare un appello ai media: non usate più i termini 'casalesi' o 'clan dei casalesi', ma date ai clan i nomi dei capi pluricondannati. Casal di Princi­pe e i suoi abitanti non hanno nulla a spartire con loro e quin­di a ognuno il proprio nome. Io sono orgoglioso di essere un "casalese" e non voglio che il pa­ese cambi nome».

Corriere.it
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