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Pd, Rutelli: «Andrò con Casini ma non subito...»

Francesco Rutelli lascia il Pd per andare con Pierferdinando Casini? «Andrò con Casini, ma non subito e non solo». Così il presidente del Copasir risponde ad una domanda di Bruno Vespa nel libro natalizio che il conduttore si appresta a pubblicizzare.

Bersani gli risponde indirettamente: " «Penso che la prova di ieri sia stata inequivocabile: abbiamo avuto una spinta, un incoraggiamento formidabile e inaspettato sia dagli iscritti, dai militanti e dai cittadini. Chi ha partecipato alle primarie, ha pagato 2 euro, ha fiducia nel progetto del fiducia che è un partito nuovo e non un partito vecchio. Non credo - ha concluso Bersani - che qualcuno voglia sottrarsi a questa sfida».

«In questi due anni - dice però Rutelli - il Pd ha sprecato un patrimonio anziché costruirne uno nuovo. Avremmo dovuto cambiare terreno di gioco, allenatore, squadra, pallone, modulo tattico, perfino i tifosi. Dopo quindici anni era evidente che lo schema dell'Unione era finito. Bisognava cambiare tutto. E invece non è cambiato niente. Il Pd è senza ceti produttivi. Vota per noi soltanto il 13-14% dei piccoli imprenditori. Ne votavano di più per il vecchio Partito comunista. Siamo senza operai, senza ceto popolare».

«Il discorso che Veltroni fece nel 2007 al Lingotto e una conduzione battagliera della campagna elettorale del 2008 - prosegue il presidente del Copasir - hanno portato il Pd a conquistare un terzo dei voti. Da allora lo stesso Veltroni si è affidato a un eclettismo senza baricentro politico, non è mai più arrivata una proposta chiara. Gli elettori hanno percepito soltanto un rumore di fondo remoto e confuso. Così, mentre Berlusconi detta l'agenda al paese, nel nostro campo da un lato i moderati sono sempre più attratti da Casini e dall'altro guardano a Di Pietro, che batte solo su un punto 'Berlusconi è un mascalzone', e se incontra sulla propria strada il presidente della Repubblica, non risparmia neppure lui. Nemmeno il Pci si era mai sognato di oscillare tra un laicismo fondamentalista minoritario e un giustizialismo caudillista».

«Abbiamo subito una perdita strategica di rappresentanza - prosegue - tanto più grave quanto più sono cominciate le difficoltà del presidente del Consiglio. Per riparare, il Pd si sbilancia a sinistra, e così peggiora la situazione, si isola. Una scelta ancora più assurda nel momento in cui il centrodestra si sbilancia a destra a favore di Bossi, Fini è in grandissima difficoltà e il terreno competitivo diventa quello moderato. E ancora più incredibile dopo che gli ultimi risultati elettorali, a cominciare da quello tedesco, ci dicono che la tradizione socialista è in crisi anche nei paesi in cui aveva riscosso i maggiori successi».

«È incredibile - incalza Rutelli - che il Pd si costruisca radici socialiste con un quarto di secolo di ritardo e molta sinistra è andata a destra. Per essere riformisti, insomma non bisogna stare necessariamente nel Pd. A destra ci sono socialisti come lo stesso Berlusconi, Tremonti, Brunetta. Frattini è diventato socialista venendo dal Manifesto. Bondi era comunista. Maroni viene addirittura da Democrazia Proletaria...». E allora? «Deve formarsi una forza nuova - dice Rutelli nel libro di Vespa - per favorire aggregazioni che nascano da questa crisi, un confronto tra moderati del centrodestra e democratico-riformisti del centrosinistra». Ho capito, gli dice il giornalista: Rutelli se ne va con Casini... «Casini - risponde Rutelli - ma non subito e non solo».

Fonte: Unita.it
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