ROMA — Dopo le dichiarazioni fatte ad Annozero , l’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli torna a parlare della presunta trattativa tra mafia e apparati dello Stato e del ruolo di mediazione offerto da Vito Ciancimino (come raccontato dal figlio Massimo) che precedette l’assassinio del giudice Borsellino.Claudio Martelli, come mai lei la storia dei due carabinieri del Ros che vanno dal direttore degli Affari penali del ministero della Giustizia se l’è ricordata dopo tanti anni?
«Non è che io non avessi ricordo di quel fatto. Anche se io il generale Mori e il capitato De Donno non li ho mai incontrati personalmente, né loro chiesero di parlare con me. Liliana Ferraro me ne informò subito, e cioè dopo la Messa per il trigesimo della morte di Falcone, il 23 giugno del 1992. È che quell’episodio, all’epoca, mi provocò irritazione perché mi sembrò l’ennesimo caso di rivalità mai sopita tra apparati investigativi. Avevamo costituito la Dia, la Direzione investigativa antimafia, proprio per evitare queste sovrapposizioni, e il Ros anziché integrarsi, faceva di testa sua. Tra l’altro la Dia allora era guidata proprio da un generale dei Carabinieri, il generale Taormina...»
Quando la richiesta degli ufficiali del Ros gli è apparsa in un’altra luce?
«Dopo quest’estate, dopo le ultime rivelazioni di Massimo Ciancimino, figlio di Vito. Poche settimane fa sono stato invitato a testimoniare dalla Procura di Caltanissetta, e ci andrò nei prossimi giorni. E quindi ho chiamato la Ferraro per controllare i miei ricordi. Dico subito che io non penso proprio che questi due ufficiali siano due felloni. Volevano bloccare la strategia stragista, ma secondo me, andando oltre i limiti della legge. In ogni caso nel giugno del 1992 la Ferraro disse loro di mettersi in contatto con il magistrato che più di ogni altro sapeva cos’è la mafia, Paolo Borsellino, l’erede di Falcone, e lo avvisò personalmente. Teniamo a mente le date: sull’agenda del giudice l’incontro con Mancino, ministro dell’Interno, era segnato il primo luglio. Il 2 o il 3 luglio il generale Mori e il capitato de Donno incontrarono Borsellino, ma loro negano di avergli parlato del contatto che avevano con Ciancimino. Borsellino è stato ucciso il 19 luglio » .
Ieri Ciancimino jr ha rivelato che anche Virginio Rognoni, sapeva dei contatti tra Stato e Cosa Nostra.
«Può essere, perché i carabinieri dipendono organicamente dal ministro della Difesa e Rognoni è stato ministro della Difesa fino alla fine di giugno del ’92...».
Il Ros ha ottenuto il più grande successo con l’arresto di Totò Riina...
«Questo è indubbio, ma le stragi non si fermarono, basta ricordare cosa avvenne nel luglio del ’93 a Roma, a Milano e Firenze».
Ciampi ha ricordato che nell’estate del ’93, temette un colpo di Stato.
«Ecco, appunto. Cosa Nostra non era finita».
Fonte: Corriere.it
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