NEW YORK - La visita di Berlusconi da Gheddafi è il primo dossier delicato che attende il nuovo ambasciatore americano in Italia. Il 64enne David Thorne pochi giorni fa ha concluso la "cerimonia del giuramento" a Boston, sotto lo sguardo affettuoso del suo sponsor politico più importante: il cognato John Kerry,ex candidato presidenziale e presidente della commissione Esteri al Senato, che ha convinto Obama a sceglierlo come rappresentante a Roma.
Imprenditore di successo, grande conoscitore del nostro paese dove visse dall'età di 8 anni (suo padre amministrava gli aiuti del Piano Marshall nel dopoguerra), Thorne parla correntemente l'italiano: gli sarà utile per trasmettere con precisione le perplessità e i timori di Washington sulla questione libica.
Un tema diventato scottante dopo l'accoglienza trionfale organizzata a Tripoli per Abdel Basset Ali al-Megrahi, il terrorista colpevole della strage di Lockerbie in cui undici anni fa morirono 189 americani. Condannato all'ergastolo, al-Megrahi è stato rilasciato dalla Scozia per ragioni umanitarie, perché sarebbe malato di cancro. Oltre a "deplorare" la decisione scozzese, Obama aveva subito ammonito la Libia: "Che al suo arrivo non sia trattato da eroe". Come è puntualmente accaduto, suscitando orrore in America. Le famiglie delle vittime di Lockerbie preparano manifestazioni di protesta per il 24 settembre, quando Gheddafi verrà a New York all'assemblea dell'Onu. E la Casa Bianca non può sottovalutare il loro dolore.
Ieri il premier britannico Gordon Brown si è allineato con Washington, si è detto "furioso" e "disgustato". Era il primo commento fatto da Brown, ed è chiaro che le sue parole erano soppesate per tamponare lo sdegno degli Stati Uniti. Il premier ha spiegato che a luglio aveva detto a Gheddafi che il governo britannico non poteva avere alcun ruolo nella liberazione di al-Megrahi, decisione presa dall'esecutivo scozzese. "Sono arrabbiato e provo repulsione per l'accoglienza ricevuta al suo ritorno in Libia da un attentatore colpevole di un enorme crimine terroristico", ha detto Brown. Il premier ha aggiunto che l'impegno della Gran Bretagna contro il terrorismo resta "assoluto", e ha negato che la vicenda possa danneggiare i rapporti con gli Usa.
Brown ha sentito il bisogno di una condanna così netta dopo che la Libia era riuscita a coinvolgere Londra, ringraziando per il presunto ruolo della famiglie reale ed altre connessioni altolocate che avrebbero facilitato la liberazione. Altrettante ragioni di irritazione a Washington, dove adesso si guarda con apprensione agli "usi" politici che Gheddafi potrà fare della visita di Berlusconi. Non che la squadra di Obama voglia ripudiare il disgelo iniziato nel 2003 tra l'Amministrazione Bush e la Libia. Ma Gheddafi viene considerato poco affidabile. Mantenere i patti non è il suo forte, soprattutto se i patti includono clausole di riservatezza. Così al G8 dell'Aquila il portavoce di Obama sentì il bisogno di precisare che l'abbandono del programma nucleare libico fu "una decisione assolutamente volontaria". Per sgomberare il campo da "rivelazioni" su presunte contropartite. Dell'Italia, Washington teme la fragilità strutturale, legata all'eccessiva dipendenza energetica da poche fonti, geopoliticamente ad alto rischio. E nessuno dimentica che a Roma a giugno Gheddafi definì l'America "terrorista come Bin Laden". Cosa potrà accadere con Berlusconi a Tripoli? Più delle Frecce Tricolori si temono scivoloni di sostanza, come accadde un anno fa quando il Trattato di pace Italia-Libia parve contenere una clausola di protezione per Tripoli contro l'uso delle basi Nato. Casa Bianca e Dipartimento di Stato non vogliono rilasciare dichiarazioni, anche per non pregiudicare i primi passi del neo-ambasciatore. Ma che il viaggio di Berlusconi giunga in un momento inopportuno, se lo lasciano strappare.
Fonte: Repubblica.it
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Imprenditore di successo, grande conoscitore del nostro paese dove visse dall'età di 8 anni (suo padre amministrava gli aiuti del Piano Marshall nel dopoguerra), Thorne parla correntemente l'italiano: gli sarà utile per trasmettere con precisione le perplessità e i timori di Washington sulla questione libica.
Un tema diventato scottante dopo l'accoglienza trionfale organizzata a Tripoli per Abdel Basset Ali al-Megrahi, il terrorista colpevole della strage di Lockerbie in cui undici anni fa morirono 189 americani. Condannato all'ergastolo, al-Megrahi è stato rilasciato dalla Scozia per ragioni umanitarie, perché sarebbe malato di cancro. Oltre a "deplorare" la decisione scozzese, Obama aveva subito ammonito la Libia: "Che al suo arrivo non sia trattato da eroe". Come è puntualmente accaduto, suscitando orrore in America. Le famiglie delle vittime di Lockerbie preparano manifestazioni di protesta per il 24 settembre, quando Gheddafi verrà a New York all'assemblea dell'Onu. E la Casa Bianca non può sottovalutare il loro dolore.
Ieri il premier britannico Gordon Brown si è allineato con Washington, si è detto "furioso" e "disgustato". Era il primo commento fatto da Brown, ed è chiaro che le sue parole erano soppesate per tamponare lo sdegno degli Stati Uniti. Il premier ha spiegato che a luglio aveva detto a Gheddafi che il governo britannico non poteva avere alcun ruolo nella liberazione di al-Megrahi, decisione presa dall'esecutivo scozzese. "Sono arrabbiato e provo repulsione per l'accoglienza ricevuta al suo ritorno in Libia da un attentatore colpevole di un enorme crimine terroristico", ha detto Brown. Il premier ha aggiunto che l'impegno della Gran Bretagna contro il terrorismo resta "assoluto", e ha negato che la vicenda possa danneggiare i rapporti con gli Usa.
Brown ha sentito il bisogno di una condanna così netta dopo che la Libia era riuscita a coinvolgere Londra, ringraziando per il presunto ruolo della famiglie reale ed altre connessioni altolocate che avrebbero facilitato la liberazione. Altrettante ragioni di irritazione a Washington, dove adesso si guarda con apprensione agli "usi" politici che Gheddafi potrà fare della visita di Berlusconi. Non che la squadra di Obama voglia ripudiare il disgelo iniziato nel 2003 tra l'Amministrazione Bush e la Libia. Ma Gheddafi viene considerato poco affidabile. Mantenere i patti non è il suo forte, soprattutto se i patti includono clausole di riservatezza. Così al G8 dell'Aquila il portavoce di Obama sentì il bisogno di precisare che l'abbandono del programma nucleare libico fu "una decisione assolutamente volontaria". Per sgomberare il campo da "rivelazioni" su presunte contropartite. Dell'Italia, Washington teme la fragilità strutturale, legata all'eccessiva dipendenza energetica da poche fonti, geopoliticamente ad alto rischio. E nessuno dimentica che a Roma a giugno Gheddafi definì l'America "terrorista come Bin Laden". Cosa potrà accadere con Berlusconi a Tripoli? Più delle Frecce Tricolori si temono scivoloni di sostanza, come accadde un anno fa quando il Trattato di pace Italia-Libia parve contenere una clausola di protezione per Tripoli contro l'uso delle basi Nato. Casa Bianca e Dipartimento di Stato non vogliono rilasciare dichiarazioni, anche per non pregiudicare i primi passi del neo-ambasciatore. Ma che il viaggio di Berlusconi giunga in un momento inopportuno, se lo lasciano strappare.
Fonte: Repubblica.it
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