BARI — «Dopo quest'inchiesta mi toccherà lasciare la magistratura e allora, vedrete, avrò tanto tempo libero per parlare anche con voi...», scherza Desirée Digeronimo prima d'infilarsi nel suo ufficio senza dire altro ai cronisti.
Il pm antimafia che indaga sulla Sanitopoli pugliese, tornata lunedì scorso dalle ferie, ha già iniziato a spulciare i conti correnti dei vari manager e imprenditori finiti nell'inchiesta: sarebbero emerse, dai primi riscontri, «operazioni finanziarie sospette» e «distrazioni di somme» che farebbero pensare ad azioni di riciclaggio del denaro. A quale scopo? E' questo il punto cruciale della sua indagine (i filoni di Sanitopoli a Bari sono quattro, affidati a tre magistrati, ndr). La Digeronimo non lo dice, ma sembra davvero intenzionata a capire se dietro certe voci di bilancio delle aziende (del tipo: manutenzione, spese di pubblicità e marketing...) vi siano celati strumenti di finanziamento occulto dei partiti. Oppure tangenti.
L'ipotesi, insomma, è quella di fondi neri (costituiti anche evadendo il fisco) utilizzati in tutti questi anni per ottenere in cambio dal Palazzo appalti, nomine, accreditamenti e incarichi per forniture. Perciò, il lavoro di setaccio nelle banche ora si complica e i dati acquisiti andranno incrociati via via, per verificare eventuali passaggi di denaro, con quelli contenuti nei bilanci sequestrati dai carabinieri a fine luglio nelle sedi dei cinque partiti del centrosinistra che sostengono la giunta regionale di Nichi Vendola (Pd, Rifondazione comunista, Sinistra e Libertà, Lista Emiliano e Socialisti Autonomisti).
Il sospetto, infatti, già evidenziato nei mesi scorsi dal pm antimafia, è che proprio «all'interno della pubblica amministrazione» vi fosse «un'organizzazione criminale tendente a condizionare le scelte della stessa allo scopo di perseguire progetti illeciti». Un'associazione a delinquere (15 finora gli indagati) finalizzata alla corruzione e alla concussione. E ai vertici di questo comitato d'affari, secondo il magistrato, c'era Alberto Tedesco, l'ex assessore regionale alla Sanità dei Socialisti Autonomisti, dimessosi dall'incarico dopo essere stato iscritto nel registro della procura, ma ripescato poi dal Pd in Senato al posto dell'eurodeputato De Castro («Mai fatto pressioni, io ho sempre aiutato la Sanità...», così si è difeso Tedesco, da parte sua). Intanto, a Palazzo di Giustizia, è arrivato ieri il nuovo procuratore capo, Antonio Laudati.
Una visita-lampo, informale (s'insedierà ufficialmente il prossimo 9 settembre) per incontrare il suo predecessore Antonio Marzano e fare il punto coi magistrati di Sanitopoli. Così, per un giorno, è dovuto rientrare dalle ferie anche Giuseppe Scelsi, il pm che ha acceso un faro sui traffici dell'imprenditore Gianpaolo Tarantini: non solo feste in Costa Smeralda ed escort a palazzo Grazioli, ma anche protesi ortopediche piazzate, secondo l'accusa, negli ospedali pugliesi grazie a mazzette, auto di lusso, donne e cocaina offerte a noti primari. Da Scelsi e Digeronimo, ieri, neppure una parola. Dopo l'attacco durissimo sferratole tre settimane fa, con una lettera appello, dal governatore della Puglia Nichi Vendola ("La sua indagine, dottoressa Digeronimo, sta diventando lo strumento di una campagna contro di me, qualcuno scientificamente sta costruendo la mia morte..."), il magistrato risponde solo col silenzio. A settembre, tra pochi giorni, parlerà per lei il Csm.
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Il pm antimafia che indaga sulla Sanitopoli pugliese, tornata lunedì scorso dalle ferie, ha già iniziato a spulciare i conti correnti dei vari manager e imprenditori finiti nell'inchiesta: sarebbero emerse, dai primi riscontri, «operazioni finanziarie sospette» e «distrazioni di somme» che farebbero pensare ad azioni di riciclaggio del denaro. A quale scopo? E' questo il punto cruciale della sua indagine (i filoni di Sanitopoli a Bari sono quattro, affidati a tre magistrati, ndr). La Digeronimo non lo dice, ma sembra davvero intenzionata a capire se dietro certe voci di bilancio delle aziende (del tipo: manutenzione, spese di pubblicità e marketing...) vi siano celati strumenti di finanziamento occulto dei partiti. Oppure tangenti.
L'ipotesi, insomma, è quella di fondi neri (costituiti anche evadendo il fisco) utilizzati in tutti questi anni per ottenere in cambio dal Palazzo appalti, nomine, accreditamenti e incarichi per forniture. Perciò, il lavoro di setaccio nelle banche ora si complica e i dati acquisiti andranno incrociati via via, per verificare eventuali passaggi di denaro, con quelli contenuti nei bilanci sequestrati dai carabinieri a fine luglio nelle sedi dei cinque partiti del centrosinistra che sostengono la giunta regionale di Nichi Vendola (Pd, Rifondazione comunista, Sinistra e Libertà, Lista Emiliano e Socialisti Autonomisti).
Il sospetto, infatti, già evidenziato nei mesi scorsi dal pm antimafia, è che proprio «all'interno della pubblica amministrazione» vi fosse «un'organizzazione criminale tendente a condizionare le scelte della stessa allo scopo di perseguire progetti illeciti». Un'associazione a delinquere (15 finora gli indagati) finalizzata alla corruzione e alla concussione. E ai vertici di questo comitato d'affari, secondo il magistrato, c'era Alberto Tedesco, l'ex assessore regionale alla Sanità dei Socialisti Autonomisti, dimessosi dall'incarico dopo essere stato iscritto nel registro della procura, ma ripescato poi dal Pd in Senato al posto dell'eurodeputato De Castro («Mai fatto pressioni, io ho sempre aiutato la Sanità...», così si è difeso Tedesco, da parte sua). Intanto, a Palazzo di Giustizia, è arrivato ieri il nuovo procuratore capo, Antonio Laudati.
Una visita-lampo, informale (s'insedierà ufficialmente il prossimo 9 settembre) per incontrare il suo predecessore Antonio Marzano e fare il punto coi magistrati di Sanitopoli. Così, per un giorno, è dovuto rientrare dalle ferie anche Giuseppe Scelsi, il pm che ha acceso un faro sui traffici dell'imprenditore Gianpaolo Tarantini: non solo feste in Costa Smeralda ed escort a palazzo Grazioli, ma anche protesi ortopediche piazzate, secondo l'accusa, negli ospedali pugliesi grazie a mazzette, auto di lusso, donne e cocaina offerte a noti primari. Da Scelsi e Digeronimo, ieri, neppure una parola. Dopo l'attacco durissimo sferratole tre settimane fa, con una lettera appello, dal governatore della Puglia Nichi Vendola ("La sua indagine, dottoressa Digeronimo, sta diventando lo strumento di una campagna contro di me, qualcuno scientificamente sta costruendo la mia morte..."), il magistrato risponde solo col silenzio. A settembre, tra pochi giorni, parlerà per lei il Csm.
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