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Ecco il piano di Montezemolo "Una lista per sostituire Berlusconi"

CI SARÀ una lista Montezemolo alle prossime elezioni politiche. Lista trasversale: riformista e liberale. Non una nuova Forza Italia, ma certo attenta ai voti in libertà dei moderati traditi dal ventennio berlusconiano. Perché è quello l'elettore che va conquistato: sostituirsi al Cavaliere.

Ci sono potenzialmente oltre 15 milioni di voti in cerca di una nuova rappresentanza politica. Dunque una lista (un partito?) alternativa al Pd di Pier Luigi Bersani.

Il progetto del presidente della Ferrari sta per essere definito. Il terremoto elettorale delle amministrative lo sta soltanto accelerando. "Italia Futura", il think tank montezemoliano, è presente in quasi tutte le regioni, sta selezionando una sua classe dirigente, sta pensando ai potenziali candidati per la lista civica, ha raggiunto i 50 mila iscritti, sta elaborando la sua offerta politica dove il perno è la riforma dello Stato con l'idea di lanciare una Costituente.

La fine della seconda Repubblica apre spazi inediti ai nuovi entranti nell'arena della politica. E Montezemolo parte in vantaggio perché la sua Fondazione, un po' associazione un po' partito, è stata fin dall'inizio (quasi tre anni fa) ben più di un cenacolo di intellettuali bipartisan, imprenditori e manager delusi dal nostro bipolarismo meticcio, di giovani professionisti aspiranti politici, di cittadini con la voglia della politica.

È stato il luogo di un impegno pre-politico per elaborare proposte articolate sul fisco, sulla mobilità
sociale, sulla scuola, sulle politiche giovanili, sui meccanismi di finanziamento dei partiti. E anche con un paio di sponde parlamentari, da Nicola Rossi, già consigliere di Massimo D'Alema, economista liberal che nel '97 con il pamphlet "Meno ai padri, più ai figli", scosse la sinistra dove, all'epoca, era il leader della Cgil Sergio Cofferati a interpretarne l'ortodossia; a Giustina Destro, già sindaco di Padova, eletta alla Camera dei Deputati nelle liste del Popolo delle libertà. Sinistra e destra, schieramenti che nell'impostazione di Montezemolo non hanno più significato.

Ma non è scontato che sia Montezemolo a guidare la lista. Questa è una novità. L'ex presidente della Confindustria ragiona su tre eventuali opzioni: essere lui il leader della nuova formazione, oppure lanciare un altro candidato anche per svecchiare la classe dirigente (Montezemolo compierà a fine agosto 65 anni), infine, rinunciare alla discesa in campo e trasformare "Italia Futura" in un think tank internazionale. Lo stesso Montezemolo però sa, per come si sono messe le cose fino ad ora, che questa terza ipotesi è la più debole. "Italia Futura - ha scritto Montezemolo al Corriere della sera - potrebbe anche diventare nei prossimi mesi un movimento politico a tutti gli effetti e presentarsi alle elezioni del 2013". Appunto.

Liste e programma, ma non le alleanze. "Italia Futura" non stringerà patti con nessuno. Né a destra con quel che sarà la Cosa nuova di Berlusconi ("non saremo noi - ha spiegato più volte Montezemolo ai suoi collaboratori - a risolvere l'agonia del berlusconismo"), perché, comunque, troppo poco liberale per il peso della cultura statalista degli ex di An; né a sinistra perché il Pd di Bersani ha imboccato la strada dell'identità socialdemocratica (ben diverso sarebbe stato con Veltroni) e pare destinato ad allearsi con Di Pietro e con Vendola; né al Centro che dopo la debacle alle amministrative ha compreso che non sarà il Terzo Polo mentre è stato molto l'espressione di una "vecchia politica". "La nostra forza - è la tesi di Montezemolo - è essere nuovi. C'è un gap impressionante tra gli attuali partiti e le esigenze reali degli italiani. E deve ancora arrivare il pagamento della prima rata dell'Imu... ".

Non c'è alcun legame con il governo tecnico di Monti. Nemmeno Corrado Passera, ministro dello Sviluppo, farà parte dell'eventuale squadra di Montezemolo. L'ex banchiere partecipò alle prime iniziative di "Italia Futura" poi si fece da parte. I maligni dicono perché glielo consigliò l'allora ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Cattiverie. Certo i rapporti con Montezemolo si sono raffreddati. In questo caso l'imprenditore Montezemolo, presidente di Ntv (la società dei treni ad alta velocità) rimprovera a Passera la scarsa attenzione alle liberalizzazioni. Questione centrale, invece, nell'impostazione ideologica dei montezemoliani.

Sì, ideologica. Perché mentre Montezemolo teorizza la fine delle classiche divisioni novecentesche tra la destra e la sinistra ("è di destra o di sinistra chiedere che la scuola funzioni?"), i suoi professori stanno alzando una discriminante proprio ideologica che riguarda il rapporto tra Stato e cittadini. Su questo si sta costruendo la fisionomia politica del movimento. Il richiamo è al pensiero di Luigi Einaudi a quello di Ezio Vanoni. Anche se a qualcuno potrebbe venire in mente Margaret Thatcher. Meno Stato - dicono i vari Nicola Rossi, l'ex veltroniana Irene Tinagli (Università di Madrid), l'ex dalemiano Andrea Romano (Università di Roma Tor Vergata), l'economista Marco Simoni (London School of economics), il costituzionalista Michele Ainis (Roma Tre) - ma uno Stato che funzioni. Una riduzione, dunque, del perimetro dell'azione pubblica (scuola, sanità, sicurezza, ricerca) per farla diventare più efficiente.

E poi dosi di sussidiarietà per un modello di welfare che ricorda il progetto della "Big society" del primo ministro conservatore inglese David Cameron. E qui è proprio evidente la differenza con il Pd, con il quale, tuttavia, le alleanze nel dopo elezioni non possono essere escluse sempre che non lo impediscano gli altri eventuali alleati di Bersani: l'Italia dei Valori e Sel, con cui Montezemolo non vede punti di incontro. Perché è all'elettore moderato che guarda Montezemolo anche se non parla mai di moderati. Intanto perché lo fa già Berlusconi, ma pure perché pensa agli italiani che hanno voglia di "riforme radicali".

Montezemolo non farà il "partito dei padroni", ma è nel sistema delle imprese che ha reclutato gli uomini della macchina. A cominciare da quel Federico Vecchioni già giovane presidente della Confagricoltura, coordinatore di "Italia Futura", che sta girando in lungo e in largo l'Italia, aprendo le sedi e selezionando i militanti. Un "uomo delle tessere" per un partito della Terza Repubblica.


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