Ieri è stato messo in evidenza una strana coincidenza: nello stesso giorno in cui La7 ha chiuso le porte a Michele Santoro, dalla bozza della manovra economica è sparita una norma che avrebbe messo a rischio la stabilità patrimoniale di Telecom, società legata alla proprietà della tv. Oggi arriva la risposta di TiMedia (Telecom Italia media), dopo che ieri il numero uno di Telecom, Franco Bernabè, ha giurato che tra i due fatti non vi è alcun legame. In un comunicato la società spiega perché sarebbe saltato l’accordo con il conduttore della Rai, recordman di ascolti. “Michele Santoro – si legge – pretendeva di poter modificare le puntate della sua nuova trasmissione, anche in senso profondo, senza alcun ragionevole preavviso”. Poi i motivi della rottura delle trattative, “dovuta alla richiesta continua e perentoria effettuata dal dott. Santoro di riservarsi il diritto, una volta individuato il tema della trasmissione, di modificare, anche in senso profondo, l’eventuale ‘premessa’, gli ospiti in studio, la scaletta, i filmati da trasmettere”.
Diversa la versione che Michele Santoro rivela sul Fatto Quotidiano di oggi “TiMedia non voleva accollarsi nessuna responsabilità legale su ciò che sarebbe potuto andare in onda, riservandosi di interferire nell’esercizio dell’attività giornalistica, che è autonoma per statuto e vede prevalere il diritto e dovere di cronaca”. Ma il giornalista salernitano rincara: “La verità è che io mi sono impegnato a rispettare le regole e le norme esistenti, nonché la linea editoriale di TiMedia, e che non ho messo in discussione la responsabilità dell’editore di esercitare, come prevede la legge, il controllo su ciò che va in onda ricevendo tutte le informazioni necessarie”.
Insomma, Santoro avrebbe voluto esercitare un diritto che in un Paese normale sarebbe scontato per il direttore di un giornale o il conduttore di un programma tv: non subire il controllo continuo dell’editore sul prodotto giornalistico, una volta concordata la linea editoriale.
Una “difesa” della versione di Telecom arriva dal direttore del tg di La7, Enrico Mentana che al Corsera di ieri ha dichiarato: “Mi hanno telefonato sia Bernabè sia l’ad Stella. E mi hanno spiegato che è stata una loro scelta. Santoro – dice – chiedeva assoluta libertà. L’editore, accordandogliela, rivendicava il diritto di conoscere i contenuti della trasmissioni, dovendone rispondere. Se non credessi alle parole che mi hanno detto Bernabé e Stella, avrei già dato le dimissioni. Se resto è perché ci credo”. Non si fa attendere la risposta di Santoro, sarcastica: “Enrico Mentana non si è mai incatenato per la libertà di informazione. Anche quando aveva promesso di farlo. Le sue dichiarazioni fanno intendere che io avrei richiesto all’editore una libertà illimitata e irresponsabile. Siccome non è così, non capisco per quale ragione egli voglia assumere il ruolo di chi nasconde o vela con le sue interpretazioni il conflitto d’interessi”.
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Fonte: Il FQ
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Insomma, Santoro avrebbe voluto esercitare un diritto che in un Paese normale sarebbe scontato per il direttore di un giornale o il conduttore di un programma tv: non subire il controllo continuo dell’editore sul prodotto giornalistico, una volta concordata la linea editoriale.
Una “difesa” della versione di Telecom arriva dal direttore del tg di La7, Enrico Mentana che al Corsera di ieri ha dichiarato: “Mi hanno telefonato sia Bernabè sia l’ad Stella. E mi hanno spiegato che è stata una loro scelta. Santoro – dice – chiedeva assoluta libertà. L’editore, accordandogliela, rivendicava il diritto di conoscere i contenuti della trasmissioni, dovendone rispondere. Se non credessi alle parole che mi hanno detto Bernabé e Stella, avrei già dato le dimissioni. Se resto è perché ci credo”. Non si fa attendere la risposta di Santoro, sarcastica: “Enrico Mentana non si è mai incatenato per la libertà di informazione. Anche quando aveva promesso di farlo. Le sue dichiarazioni fanno intendere che io avrei richiesto all’editore una libertà illimitata e irresponsabile. Siccome non è così, non capisco per quale ragione egli voglia assumere il ruolo di chi nasconde o vela con le sue interpretazioni il conflitto d’interessi”.
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