Quello che doveva essere un grande spot elettorale non funziona. I rappresentanti di categoria restano sul piede di guerra. Il dietrofront imposto dal presidente della Repubblica Napolitano, ma la partita è tutt'altro che chiusa. Per l'Unione europa serviranno bandi di gara per aggiudicarsi la gestione. E Bruxelles è pronta a sanzionare l'Italia. Il Fondo per l'ambiente e il Wwf: "Il rischio cementificazione c'è ancora"
Il Governo raddrizza il decreto ribattezzato salva-bagnini e il presidente della Repubblica lo firma, ma ora bisogna vedere che succederà: ci saranno le gare pubbliche? Secondo gli addetti ai lavori, che confermano subito lo sciopero del 18 giugno prossimo a Ostia, restano ancora tanti dubbi sulla sorte delle spiagge italiane alla luce degli ultimi sviluppi sul decreto “Sviluppo”, varato la settimana scorsa dal Consiglio dei ministri, nei capitoli specifici concessioni balneari e distretti turistici.
Intanto, sul contestatissimo provvedimento sarebbe arrivato il sofferto via libera del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Dopo i dubbi già espressi dal presidente della Repubblica (sulla scia delle perplessità manifestate dal commissario Ue al Mercato interno, Michel Barnier) in un’intervista al Sole 24 Ore, il Governo è corso ai ripari: la durata del diritto di concessione ai privati, il cuore del provvedimento, è stata tagliata da novanta a vent’anni.
I tecnici del Quirinale, del resto, avevano già deciso e fatto presente a chi di dovere che una cessione di quasi un secolo sarebbe stata a dir poco in contrasto con le norme europee sulla libera concorrenza. In attesa di vedere scritto tutto nero su bianco in Gazzetta ufficiale, pare non prima di lunedì, a elezioni archiviate, chi ha qualcosa da dire in tempo pressoché reale è il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che interviene direttamente da Rimini. Nel corso di un’iniziativa elettorale di Futuro e Libertà nella capitale della riviera, Fini richiama tutti così: “Il Governo avrebbe dovuto, prima di fissare i 90 anni, ricordare che l’Unione Europea aveva già sanzionato l’Italia. Certamente l’Ue non avrebbe dato il disco verde ad una concessione così lunga come quella inizialmente prevista dal nostro esecutivo. Credo che sia anche questa – sottolinea il leader Fli – la ragione per cui il Capo dello Stato è intervenuto”.
Si precipita come un falco a commentare il parlamentare del Pdl riminese, Sergio Pizzolante, che ieri ha accusato il presidente della Regione Emilia Romagna, Vasco Errani, di seguire gli orientamenti della Commissione europea, in realtà, per “dare le spiagge alle grandi cooperative”. Pizzolante conferma che “i nostri arenili sono entrati nel mirino delle grandi coop” e, come ormai consuetudine tra i berlusconiani, non si mostra tenero con Napolitano: “Può il Quirinale entrare così nel merito di un provvedimento legislativo? Cosa ha a che fare la competenza costituzionale con i criteri di assegnazione delle concessioni demaniali? Comunque – riconosce il deputato – il Governo ha dovuto tener conto dei rilievi del Quirinale con delle modifiche tecniche”.
In ogni caso, come risuonato due giorni fa in occasione del ‘blitz’ elettorale dei ministri Michela Vittoria Brambilla (Turismo) e Raffaele Fitto (Affari regionali) a Rimini, per il Pdl il libero mercato applicato al capitolo spiagge va attenuato eccome: “Novant’anni anni o venti, scaduta la proroga al 2015, nell’assegnare le nuove concessioni – prosegue Pizzolante – si dovrà tener conto del valore dell’impresa (lo stabilimento balneare, il bar, il ristorante, il campeggio, l’albergo) che va riconosciuta e tutelata. È questo il punto. Il decreto sviluppo è un provvedimento quadro, ci saranno provvedimenti successivi che interverranno nel merito dell’assegnazione delle concessioni, tenendo conto che ci potranno essere risposte diverse per problematiche differenti e complicate. Parlare di aste è molto improprio perché non ci sarà competizione sui canoni demaniali”.
Da parte sua, Errani ha già confermato l’intenzione di poter far ricorso contro il decreto: “Valuteremo con grande attenzione e se ci saranno dei profili di incostituzionalità non mancheremo di rilevarlo: le verifiche sono in corso”, ha detto il governatore.
Il punto resta però lo stesso: a chi verranno assegnate le concessioni dopo i vent’anni previsti ora nel decreto? “Non ho fatto io questo annuncio, anche se resta un bel problema. Comunque non basta dire ‘tranquilli, ci pensiamo noi’, perché siamo in Europa. Io dico che non si può improvvisare, perché farlo? Già le rassicurazioni date all’Ue qualche mese fa sono il contrario di quello che dicono oggi i ministri. Insomma, c’è un problema di credibilità del Governo di fronte all’Europa”, critica Errani.
Mentre le categorie rimangono ancora una volta alla finestra e sperano che il tavolo nazionale saltato il 12 aprile scorso venga presto ricomposto, diverse associazioni non credono al dietrofront del Governo per evitare problemi con la presidenza della Repubblica. “Bene che si torni indietro riducendo a 20 anni il diritto di superficie per le concessioni delle spiagge italiane, ma temiamo non basti, occorre tornare al ‘diritto di concessione’ che è ora in vigore. E’ un inghippo la trasformazione del diritto di concessione in diritto di superficie che mette a rischio cementificazione le spiagge. Si vuole infatti separare la proprietà del terreno da quello che viene edificato e questo significa garantire ai privati la proprietà degli immobili, già realizzati o futuri sul demanio marittimo”, dicono in coro Fondo Ambiente Italiano e Wwf. A Confermare la manifestazione del 18 giugno, invece, ci pensa il presidente dei Verdi Angelo Bonelli: “Confermiamo che il prossimo 18 giugno saremo in piazza per dire un no forte e deciso alla privatizzazione e alla cementificazione delle spiagge italiane”, annuncia in queste ore Bonelli. “Il diritto di superficie (regolato che dagli articoli 952 e 954 del codice civile) è il vero mostro giuridico che il governo ha inserito nel Dl sviluppo. Il diritto di superficie infatti si utilizza per l’edificazione in fondi altrui ovvero pubblici. I 90 anni sono stati usati per nascondere il vero obiettivo che era e purtroppo rimane il diritto di superficie”, esclama il numero uno dei Verdi.
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Fonte: Il FQ
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Il Governo raddrizza il decreto ribattezzato salva-bagnini e il presidente della Repubblica lo firma, ma ora bisogna vedere che succederà: ci saranno le gare pubbliche? Secondo gli addetti ai lavori, che confermano subito lo sciopero del 18 giugno prossimo a Ostia, restano ancora tanti dubbi sulla sorte delle spiagge italiane alla luce degli ultimi sviluppi sul decreto “Sviluppo”, varato la settimana scorsa dal Consiglio dei ministri, nei capitoli specifici concessioni balneari e distretti turistici.
Intanto, sul contestatissimo provvedimento sarebbe arrivato il sofferto via libera del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Dopo i dubbi già espressi dal presidente della Repubblica (sulla scia delle perplessità manifestate dal commissario Ue al Mercato interno, Michel Barnier) in un’intervista al Sole 24 Ore, il Governo è corso ai ripari: la durata del diritto di concessione ai privati, il cuore del provvedimento, è stata tagliata da novanta a vent’anni.
I tecnici del Quirinale, del resto, avevano già deciso e fatto presente a chi di dovere che una cessione di quasi un secolo sarebbe stata a dir poco in contrasto con le norme europee sulla libera concorrenza. In attesa di vedere scritto tutto nero su bianco in Gazzetta ufficiale, pare non prima di lunedì, a elezioni archiviate, chi ha qualcosa da dire in tempo pressoché reale è il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che interviene direttamente da Rimini. Nel corso di un’iniziativa elettorale di Futuro e Libertà nella capitale della riviera, Fini richiama tutti così: “Il Governo avrebbe dovuto, prima di fissare i 90 anni, ricordare che l’Unione Europea aveva già sanzionato l’Italia. Certamente l’Ue non avrebbe dato il disco verde ad una concessione così lunga come quella inizialmente prevista dal nostro esecutivo. Credo che sia anche questa – sottolinea il leader Fli – la ragione per cui il Capo dello Stato è intervenuto”.
Si precipita come un falco a commentare il parlamentare del Pdl riminese, Sergio Pizzolante, che ieri ha accusato il presidente della Regione Emilia Romagna, Vasco Errani, di seguire gli orientamenti della Commissione europea, in realtà, per “dare le spiagge alle grandi cooperative”. Pizzolante conferma che “i nostri arenili sono entrati nel mirino delle grandi coop” e, come ormai consuetudine tra i berlusconiani, non si mostra tenero con Napolitano: “Può il Quirinale entrare così nel merito di un provvedimento legislativo? Cosa ha a che fare la competenza costituzionale con i criteri di assegnazione delle concessioni demaniali? Comunque – riconosce il deputato – il Governo ha dovuto tener conto dei rilievi del Quirinale con delle modifiche tecniche”.
In ogni caso, come risuonato due giorni fa in occasione del ‘blitz’ elettorale dei ministri Michela Vittoria Brambilla (Turismo) e Raffaele Fitto (Affari regionali) a Rimini, per il Pdl il libero mercato applicato al capitolo spiagge va attenuato eccome: “Novant’anni anni o venti, scaduta la proroga al 2015, nell’assegnare le nuove concessioni – prosegue Pizzolante – si dovrà tener conto del valore dell’impresa (lo stabilimento balneare, il bar, il ristorante, il campeggio, l’albergo) che va riconosciuta e tutelata. È questo il punto. Il decreto sviluppo è un provvedimento quadro, ci saranno provvedimenti successivi che interverranno nel merito dell’assegnazione delle concessioni, tenendo conto che ci potranno essere risposte diverse per problematiche differenti e complicate. Parlare di aste è molto improprio perché non ci sarà competizione sui canoni demaniali”.
Da parte sua, Errani ha già confermato l’intenzione di poter far ricorso contro il decreto: “Valuteremo con grande attenzione e se ci saranno dei profili di incostituzionalità non mancheremo di rilevarlo: le verifiche sono in corso”, ha detto il governatore.
Il punto resta però lo stesso: a chi verranno assegnate le concessioni dopo i vent’anni previsti ora nel decreto? “Non ho fatto io questo annuncio, anche se resta un bel problema. Comunque non basta dire ‘tranquilli, ci pensiamo noi’, perché siamo in Europa. Io dico che non si può improvvisare, perché farlo? Già le rassicurazioni date all’Ue qualche mese fa sono il contrario di quello che dicono oggi i ministri. Insomma, c’è un problema di credibilità del Governo di fronte all’Europa”, critica Errani.
Mentre le categorie rimangono ancora una volta alla finestra e sperano che il tavolo nazionale saltato il 12 aprile scorso venga presto ricomposto, diverse associazioni non credono al dietrofront del Governo per evitare problemi con la presidenza della Repubblica. “Bene che si torni indietro riducendo a 20 anni il diritto di superficie per le concessioni delle spiagge italiane, ma temiamo non basti, occorre tornare al ‘diritto di concessione’ che è ora in vigore. E’ un inghippo la trasformazione del diritto di concessione in diritto di superficie che mette a rischio cementificazione le spiagge. Si vuole infatti separare la proprietà del terreno da quello che viene edificato e questo significa garantire ai privati la proprietà degli immobili, già realizzati o futuri sul demanio marittimo”, dicono in coro Fondo Ambiente Italiano e Wwf. A Confermare la manifestazione del 18 giugno, invece, ci pensa il presidente dei Verdi Angelo Bonelli: “Confermiamo che il prossimo 18 giugno saremo in piazza per dire un no forte e deciso alla privatizzazione e alla cementificazione delle spiagge italiane”, annuncia in queste ore Bonelli. “Il diritto di superficie (regolato che dagli articoli 952 e 954 del codice civile) è il vero mostro giuridico che il governo ha inserito nel Dl sviluppo. Il diritto di superficie infatti si utilizza per l’edificazione in fondi altrui ovvero pubblici. I 90 anni sono stati usati per nascondere il vero obiettivo che era e purtroppo rimane il diritto di superficie”, esclama il numero uno dei Verdi.
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Fonte: Il FQ
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Se è vero che i balneari hanno investito denaro nelle costruzioni di strutture (cabine, ristoranti, piscine etc.) è altrettanto vero che quel denaro investito gli è ritornato nelle capienti tasche grazie agli incassi del ristorante e agli aumenti degli abbonamenti stagionali. Quindi se ne dovrebbero fare una ragione. Hanno investito, hanno tratto guadagno (chissà se le tasse le hanno pagate......) e quando la concessione scade lo stato ha tutto il diritto di rimetterle in gara a costi ben congrui, aumentando quindi i canoni di concessione che oggi sono ridicoli. Se si costruisce su terreno demaniale la proprietà diventa pubblica.