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Ue, bocciata norma italiana sul reato di clandestinità

BRUXELLES - La Corte di Giustizia della Ue ha bocciato la norma italiana che prevede il reato di clandestinità, introdotto nell'ordinamento italiano nel 2009 nell'ambito del "pacchetto sicurezza" e che punisce con la reclusione gli immigrati irregolari. La norma - spiegano i giudici europei - è in contrasto con la direttiva europea sui rimpatri dei clandestini. Nell'esprimere il suo verdetto, la Corte, composta da un giudice per ognuno degli Stati membri dell'Unione, assolve alla più importante delle sue prerogative: garantire che la legislazione Ue sia interpretata e applicata in modo uniforme in tutti i paesi dell'Unione per rendere effettivo il principio che la legge è uguale per tutti.

A porre in evidente contrasto la legge italiana con la direttiva comunitaria, si legge in una nota diffusa dalla Corte, è la reclusione con cui l'Italia punisce "il cittadino di un paese terzo in soggiorno irregolare che non si sia conformato a un ordine di lasciare il territorio nazionale". Reclusione che compromette la realizzazione dell'obiettivo della direttiva Ue "di instaurare una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio nel rispetto dei diritti fondamentali".

Compromette l'obiettivo della direttiva comunitaria, ad esempio, il caso di Hassen El Dridi, algerino condannato a fine 2010 a un anno di reclusione dal tribunale di Trento per non aver rispettato l'ordine di espulsione, da cui la Corte è partita per arrivare al suo verdetto. Secondo i giudici europei, "gli
Stati membri non possono introdurre, al fine di ovviare all'insuccesso delle misure coercitive adottate per procedere all'allontanamento coattivo, una pena detentiva, come quella prevista dalla normativa nazionale in discussione, solo perché un cittadino di un paese terzo, dopo che gli è stato notificato un ordine di lasciare il territorio nazionale e il termine impartito con tale ordine è scaduto, permane in maniera irregolare su detto territorio".

In conseguenza della sentenza Ue, conclude la Corte del Lussemburgo, il giudice nazionale incaricato di applicare le disposizioni del diritto dell'Unione e di assicurarne la piena efficacia "dovrà quindi disapplicare ogni disposizione nazionale contraria alla direttiva - segnatamente, la disposizione che prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni - e tenere conto del principio dell'applicazione retroattiva della pena più mite, che fa parte delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri".

Il primo a commentare la bocciatura comunitaria della legge italiana è Antonio Di Pietro. "E' ormai provato - afferma il leader di Idv - che siamo di fronte a una dittatura strisciante in cui vengono presi provvedimenti contro la Carta dei diritti dell'uomo, si dichiara guerra senza passare per il Parlamento e si occupano le istituzioni per fini personali. E' gravissimo che questa maggioranza, asservita al padrone, continui a fare leggi incostituzionali e contro i diritti fondamentali delle persone. Siamo alla vigilia di un nuovo Stato fascista che va fermato e l'occasione saranno le amministrative e i referendum del 12 e 13 giugno".

Per il Pd, si tratta di "un altro schiaffo al ministro Maroni". "Sin da quando Maroni presentò il reato nel pacchetto sicurezza - ricorda Sandro Gozi, responsabile per le politiche europee del partito - avevamo denunciato l'evidente violazione delle norme europee e sono due anni che chiediamo al governo di recepire la direttiva Ue sui rimpatri. Anzichè farlo, il governo ha messo in un limbo la legge comunitaria che giace dimenticata da qualche parte alla Camera, surclassata da processo breve e testamento biologico. Avevamo presentato come Pd una serie di emendamenti alla comunitaria volti proprio a evitare questa ennesima sconfitta dell'Italia in Europa. Chiediamo quindi che la direttiva comunitaria venga messa immediatamente all'ordine del giorno dei lavori della Camera e che vengano recepite le nostre proposte: di bocciature e schiaffi, mi pare, ne abbiamo avuti già a sufficienza".

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 Fonte: Repubblica.it

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