Di Sandra Rizza. Gran depistatore o testimone delle pagine piu' buie della recente storia d'Italia? Da quando ha pronunciato il nome di Gianni De Gennaro, capo del Dis, ex capo della polizia, e soprattutto ex collaboratore di Giovanni Falcone, il superteste Massimo Ciancimino sembra aver perso di colpo tutto il suo appeal presso i pm di Caltanissetta, che lo hanno iscritto nel registro degli indagati per calunnia. Spiegazione tecnica: il figlio di don Vito avrebbe in un primo momento rivelato ''confidenzialmente'' ad un investigatore della Dia la vera identita' del signor Franco con una delle sue sparate: ''Ma non l'avete ancora capito che il signor Franco e' De Gennaro?'' E poi, davanti ad un verbale e ad un pm, messo di fronte cioe' all'ufficialita' di una dichiarazione formale, avrebbe fatto marcia indietro: ''Macche'.... il misterioso 007 non e' De Gennaro, ma un personaggio vicino a De Gennaro''. Cosi' almeno Massimo Ciancimino dice di avrebbe appreso in illo tempore da suo padre.
Stanchi di un tira-e-molla che dura da mesi sul mistero dello spione che avrebbe monitorato passo dopo passo la trattativa tra Stato e mafia, i magistrati della procura nissena pero', a questo punto, sono saltati sulla sedia. Hanno detto basta e per spiegare il loro disappunto hanno tirato fuori i capisaldi della logica aristotelica: o l'agente segreto e l'illustre superpoliziotto amico di Falcone sono la stessa persona - come Massimo ha affermato davanti all'agente della Dia - oppure si tratta di due persone diverse - e allora Massimo ha mentito, almeno una volta. Sic: ecco l'incriminazione per calunnia. Ma anche quella per favoreggiamento del signor Franco e per diffusione (ai cronisti) di notizie di cui e' vietata la divulgazione. Per il rampollo di don Vito, quella chiacchierata ''off the record'' con l'investigatore nisseno della Dia, rischia a questo punto di pesare come un macigno. Pena: il tracollo totale della sua credibilita'. Un supertestimone col bollo di calunniatore, infatti, non va da nessuna parte. Gongolano, in queste ore, i giudici della Corte d'appello del processo a Marcello dell'Utri (condannato a 7 anni di reclusione) che non vollero ascoltare il rampollo di don Vito in aula, tacciandolo di preventiva ''inattendibilita'''.
Ma i pm di Palermo, che sulle rivelazioni del giovane Ciancimino hanno edificato la maxi-inchiesta sul dialogo a suon di bombe tra lo Stato e la mafia, non ci stanno. Inutilmente il procuratore capo Francesco Messineo getta acqua sul fuoco delle prevedibili polemiche smentendo le voci di una ''spaccatura'' con i colleghi nisseni: ''Nelle indagini collegate -dice - è normale che vi siano delle divergenze fra le Procure, o meglio che siano fatte delle valutazioni non perfettamente sovrapponibili. In questo senso va letta l'indagine per calunnia su Massimo Ciancimino della Procura nissena''.
Divergenze, dunque. Niente di piu'. Ma voci dal sen (della procura panormita) fuggite, e prontamente riportate dall'agenzia Ansa, sembrano offrire una valutazione ben diversa della discrasia tra gli uffici giudiziari. "E' strano - fanno notare a Palermo - che prima di svolgere indagini sulla persona indicata da Ciancimino (De Gennaro, ndr) si indaghi lui per calunnia". Poffarbacco. La frase riportata dall'Ansa sembra rilevare un atteggiamento quanto meno ''tiepido'' della procura nissena davanti all'eventualita' di coinvolgere nelle indagini sulle stragi il nome di De Gennaro, un nome che, evidentemente, fa tremare.
E' tutto qui il succo della storia. Si interrogano gli inquirenti a Palermo: perche' se Ciancimino parla -tra mille altalene di se, di ma, e di non so - di Mori, di Mancino, di Rognoni, di Restivo, di Ruffini, nessuno dei pm salta sulla sedia e invece se parla di De Gennaro scatta l'incriminazione, prima ancora di verificare la veridicita' delle sue dichiarazioni? Perche' sono dichiarazioni incerte e contraddittorie, sostengono a Caltanissetta. Ma da Palermo, le solite voci dal sen fuggite, fanno ancora rilevare: ''Non c'e' da stupirsi se il superteste ha avuto in questa vicenda un atteggiamento titubante. Se le sue dichiarazioni sul signor Franco colpiscono vicino a De Gennaro e' piu' che plausibile che il giovane Ciancimino sia spaventato''. Di certo, adesso, c'e' che il superteste si e' chiuso a riccio. Citato dai pm nisseni, si e' avvalso della facolta' di non rispondere. E poi, rancoroso, ha chiosato: ''Devo difendermi da una procura con cui credevo di collaborare''. Risultato? Un pezzo della classe politica e' pronta a fare la ''ola''.
Sentiamo Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera: ''Già prima della calunnia contro De Gennaro, per noi Ciancimino jr era inattendibile. Ed è gravissimo che ci sia ancora chi - come la Procura di Palermo - prova a salvarne caso per caso, parzialmente, l'attendibilità. E' evidente il tentativo di usare Ciancimino jr in chiave politica come strumento contro qualcuno". E' evidente pure il tentativo di usare l'incriminazione di Ciancimino come strumento pro-qualcuno. Per esempio, quel signor Berlusconi di cui Massimo ha raccontato gli incontri a Milano con don Vito per ''parlare d'affari''. Confermato, su questo punto, dalla testimonianza diretta della madre, Epifania Scardino, che partecipo' a quegli incontri. Precipitosa, dunque, l'incriminazione per calunnia? O giusta punizione per un ciarlatano che si diverte a sbeffeggiare i potenti? Ai posteri l'ardua sentenza.
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