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Vieni con noi


Ricapitolando. Lunedì Saviano sfonda una porta spalancata, rivelando che la ‘ndrangheta non sta solo in Calabria: “Al Nord come al Sud cerca il potere della politica e al Nord interloquisce con la Lega”. Poi cita senza nominarlo il consigliere regionale leghista della Lombardia, Angelo Ciocca, fotografato dalla Dia mentre incontra il presunto boss Pino Nieri, ma mai indagato. Potrebbe aggiungere che le cosche investono anche nell’Emilia rossa. O ricordare un caso un po’ più sostanzioso, non Dell’Utri per carità, ma almeno il senatore Pdl Di Girolamo arrestato perché rappresentava la ‘ndrangheta in Parlamento (ma era in quota Fini e forse avrebbe stonato con la lista dei valori letta da Fini quella sera). Basta così poco per mandare in bestia il ministro dell’Interno Maroni il quale, poveretto, pensa di essere lui ad arrestare i mafiosi latitanti, e non invece le forze dell’ordine a cui il suo governo taglia i fondi e i magistrati di Palermo e Napoli che la sua maggioranza insulta giorno e notte quando processano Dell’Utri o vogliono arrestare Cosentino. Martedì Maroni si dice “offeso e indignato dalle parole infamanti di Saviano” (quali?) e scrive ai presidenti della Repubblica, della Camera, del Senato, al Cda Rai e all’Agcom per farsi invitare a Vieni via con me: “Chiedo un faccia a faccia con Saviano per vedere se ha il coraggio di ripetere quelle cose guardandomi negli occhi. Altrimenti siamo tornato all’Inquisizione”. Il capostruttura del programma, Loris Mazzetti, risponde molto opportunamente che “Maroni ha a disposizione tg e programmi vari per replicare. Se poi abbiamo insultato qualcuno o detto cose non vere, ci quereli”. Paolo Ruffini, direttore di Rai3, pare tenere insolitamente il punto: “Se il ministro vuol rilasciare una dichiarazione scritta o filmata, troverà posto nella prossima puntata”. Maroni rifiuta e pontifica a Radio Padania. Mercoledì Masi dice al Corriere che Maroni “ha pienamente diritto e titolo” al faccia a faccia. Saviano replica che le parole di Maroni gli ricordano quelle del boss Sandokan. Bossi gli manda una pernacchia, Maroni annuncia querela poi corre a Matrix per due ore di soliloquio. E lì invita Saviano (non la camorra) a “deporre le armi”. Intanto Zavoli, presidente della Vigilanza, assicura che “la trasmissione garantirà il contraddittorio”, forse ignorando che Vieni via con me, per fortuna dei telespettatori, non prevede dibattiti.

Giovedì il presidente Rai Garimberti chiama Maroni per rassicurarlo, poi dice al Cda che bisogna invitare Maroni. Masi convoca Ruffini e ordina di ospitare Maroni, ma Ruffini risponde picche: replica registrata o niente, altrimenti si “stravolge il programma”. Piuttosto il ministro potrebbe farsi intervistare da Fazio a Che tempo che fa. Maroni rifiuta e va a monologare a Porta a Porta. L’Annunziata lo invita per domenica a In mezz’ora, sempre su Rai3. Venerdì la fiera resistenza di Ruffini rivela la consistenza di un budino. Il direttore di Rai3 chiama Maroni, si rimangia tutto quel che aveva detto, delegittima Mazzetti (già nel mirino di Masi che minaccia di licenziarlo) e subisce il diktat padano: il ministro sarà ospite a “Vieni via con me” e leggerà una lista di latitanti arrestati, prendendosi il merito del lavoro altrui. Maroni, prima di comiziare a “L’ultima parola”, canta vittoria: “Mi hanno invitato e ho accettato”. In realtà s’è autoinvitato e gli hanno obbedito. Masi ringrazia fantozzianamente “Maroni per la sensibilità dimostrata”. Com’è umano lei. Ora è ufficiale: anche gli ospiti dei programmi di Rai3 li decide il governo. E Maroni, già in difficoltà per le beghe interne alla Lega e per le bugie sul caso Ruby smentite dal pm Fiorillo, s’è garantito un’intera settimana in tv mettendo il broncio per il monologo di Saviano che manco l’ha nominato: Matrix, Porta a Porta, Ultima parola, In mezz’ora, Vieni via con me. Lunedì, per la lista dei successi antimafia, potrebbe portarsi dietro Dell’Utri. Se non fosse vietato nominarlo.

Fonte: Il Fatto Quotidiano del 21 novembre, in edicola

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