ROMA - Il premier Silvio Berlusconi rompe gli indugi. E annuncia che, dopo l'approvazione della Finanziaria, sarà in Parlamento per chiedere la fiducia al suo esecutivo, prima al Senato (dove dovrebbe poter contare ancora su una maggioranza) e poi alla Camera. Ma se l'idea di calendarizzare le mozioni sul governo dopo l'approvazione del ddl stabilità raccoglie il consenso di tutte le forze politiche e la benedizione del Quirinale (accadde lo stesso nel '94, ricorda il Colle), la decisione di iniziare l'iter della fiducia da Palazzo Madama provoca l'ira del Pd, che parla di regolamenti calpestati.
Berlusconi ha reso note le sue mosse attraverso una lettera ai presidenti dei due rami del Parlamento: "Il Governo ha intenzione di verificare il permanere del rapporto di fiducia da parte del Senato e, immediatamente dopo, da parte della Camera dei deputati", scrive il premier. "La richiesta che avanzo - aggiunge Berlusconi - tiene naturalmente conto del fatto che le mie ultime comunicazioni sulla situazione politica - con relativa richiesta del voto di fiducia - vennero da me rese in data 29 settembre prima presso la Camera dei Deputati e quindi, il giorno successivo, presso il Senato della Repubblica".
Insorge il capogruppo del Pd alla Camera Dario Franceschini, secondo cui "Berlusconi immagina di decidere da solo il percorso parlamentare delle prossime settimane". Tentativo "disperato e tardivo" secondo Franceschini, di "evitare la mozione di sfiducia alla Camera e al tempo stesso Clicca Qui! una grave scorrettezza istituzionale. Non si è mai visto che di fronte a una mozione di sfiducia formalmente depositata in una Camera, il presidente del Consiglio possa decidere di andare a chiedere la fiducia nell'altra. I regolamenti parlamentari e la Costituzione, anche se lui non lo ha mai capito, valgono anche per lui".
L'idea di attendere l'approvazione del ddl stabilità prima di votare le mozioni di maggioranza e opposizione sul governo era già stata avanzata dal portavoce Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto. "Noi siamo dispostissimi a far votare in Parlamento la sfiducia dopo la Finanziaria - la replica del segretario Pd, Pier Luigi Bersani -, a condizione che il centrodestra non faccia melina sulla legge di stabilità. Garantiamo tempi rapidi, ma non si inventino una melina perché sarebbero loro gli irresponsabili". Negli stessi termini si è espresso il leader Udc, Pier Ferdinando Casini, annunciando tra l'altro la presentazione di una mozione di sfiducia anche da parte dei gruppi centristi e dei finiani di Futuro e Libertà.
Un asse sempre più stretto, dunque, quello tra Udc, Api e Fli, come confermano le parole del presidente della Camera: "Mi chiedo per quale motivo solo in Italia la semplice ricerca di un compromesso, di ciò che può unire, viene bollato come caratteristica della peggior politica o come tradimento di un messianico mandato ricevuto dagli elettori", ha detto Fini parlando a un convegno organizzato dai liberaldemocratici cui partecipano anche Casini e Rutelli. "Bisogna uscire dalla logica dello scontro", ha aggiunto.
Che si vada verso le dimissioni del governo subito dopo l'approvazione del ddl stabilità pare ormai sempre più certo. E la discussione è tutta incentrata sui possibili sbocchi della crisi, con Pdl e Lega che premono per le elezioni anticipate e gli altri partiti orientati verso un governo di transizione.
"I dati dell'economia italiana sono preoccupanti e in questa situazione di allarme può avere l'idea di andare a elezioni anticipate solo chi è nemico dell'Italia". E' quanto afferma, in un'intervista a Sky tg24, Walter Veltroni (Pd), secondo il quale è necessario un governo di transizione che affronti i nodi della legge elettorale, "una legge anomala, che va cambiata" sottolinea Veltroni, e si occupi dell'emergenza finanziaria e della situazione sociale del paese. Dello stesso parere il presidente del Copasir, Massimo D'Alema, secondo il quale "l'impegno di chi sfiducia il governo Berlusconi è di cercare di formare un altro governo".
Anche il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, si dice fortemente contrario alle elezioni anticipate. "Nessuno si metta in testa di andare a votare perchè sarebbe un'irresponsabilità verso il lavoro, l'economia, la stabilità dell'Italia rispetto ai mercati internazionali che ci punirebbero gravemente". "A noi va bene qualsiasi soluzione - aggiunge Bonanni - pur di non andare a votare. I partiti politici si prendano le loro responsabilità".
Sull'altro fronte Sandro Bondi continua a difendere la trincea berlusconiana. "Affermare senza alcun imbarazzo - dichiara - che chi vuole le elezioni anticipate è nemico dell'Italia, è tipico di un ceto politico di sinistra che fa della propria leggerezza culturale un potente fattore di propaganda e di distorsione della verità". "Le elezioni anticipate - conclude - saranno determinate e volute da chi, in Parlamento, deciderà di togliere la fiducia al governo di cui fa parte, di tradire il patto stipulato con gli elettori e di interrompere traumaticamente la legislatura".
Anche il presidente del Senato è in prima linea nella difesa del premier. "L'Italia - dice da Cuneo - chiede governabilità, sicurezza di prospettive, certezza di scelte, attuazione del programma elettorale. Contrasti, inutili contrapposizioni, ostacoli possono e devono essere rimossi perchè rallentano la crescita e lo sviluppo del nostro Paese". E ancora: "I cittadini sono stanchi di tante tensioni e discussioni che non sentono proprie e sono lontane dai loro bisogni. Chi ha vinto le elezioni ha il dovere di governare".
Sul versante leghista, il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha confermato la lealtà del suo partito al premier, non escludendo la possibilità di un reincarico a Berlusconi: "Fini non ha detto che non vuole Berlusconi, ma ha detto che vuole un nuovo patto di legislatura e un nuovo governo", ha osservato Maroni. "Adesso vediamo cosa dirà Berlusconi nell'incontro di lunedì. Le cose sono chiare, le carte sono in tavola, quindi il pallino è tornato nelle mani di Berlusconi. Alea iacta est"
Fonte: Repubblica.it
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