ROMA - Le pressioni sulla Corte di Cassazione per il contenzioso fiscale della Mondadori e quelle sulla Corte Costituzionale per il lodo Alfano. Manovre della loggia che, per la prima volta, sono state ammesse da Arcangelo Martino durante un interrogatorio fiume in carcere. Ammissioni importanti per l'accusa perché, fino ad oggi, tutti gli indagati avevano negato. Avevano parlato di "chiacchierate", di "contatti" informali, ma nulla di più. Mai nessuno aveva ammesso che la P3 aveva lavorato nell'ombra a questi scopi. Ora l'imprenditore campano parla.
Innanzitutto il ricorso in Cassazione della Mondadori per il contenzioso con il fisco. Un processo da 400 miliardi di lire che la casa editrice aveva vinto in primo e in secondo grado. Ma il clima che aleggiava intorno all'editore, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, era che il terzo grado avrebbe potuto non essere favorevole. E costringerlo dunque a pagare quello che l'erario chiedeva, ovvero, 350 milioni di euro (la cifra nel frattempo era lievitata tra interessi, more ed eventuali sanzioni). Non si poteva rischiare di perdere. Serviva tempo: quell'udienza doveva essere rimandata alle Sezioni Unite, un iter regolare, anche se non abituale, che avrebbe permesso di tentare, come è stato scritto da Repubblica, di far passare una legge "ad aziendam". Tentativo che è riuscito con il decreto 40 approvato il 25 marzo del 2010 e poi convertito in legge il 22 maggio. Ma questa è un'altra storia, quello che importa ora è che Martino ha ammesso che la P3 fece pressioni sui giudici della Suprema Corte per poter rimandare l'udienza. "Ci siamo dati da fare anche per il contenzioso fiscale della Mondadori", ha detto l'imprenditore campano arrestato l'8 luglio insieme a Flavio Carboni e Pasquale Lombardi perché considerato uno dei fulcri della loggia.
Dalla corte costituzionale alla Consulta. Una delle attività cui Carboni&Co. si sono dedicati con maggiore dedizione è quella sul lodo Alfano. Che, secondo l'accusa, coinvolge tutti: Carboni, Martino e Lombardi, ma anche Caliendo, Verdini e Dell'Utri. Non a caso, il lodo Alfano, è uno degli argomenti principali del pranzo del 23 settembre a casa Verdini. Telefonate sul tema ce ne sono a centinaia nell'informativa del nucleo investigativo dei carabinieri del comando provinciale di Roma. Arcangelo Martino è uno dei protagonisti della "cosa dei numeri", come la chiamavano tra loro. Il giorno del pranzo nella casa con vista Campidoglio del coordinatore del Pdl Verdini, a cose fatte, Martino e Carboni parlano dell'incontro. Sono soddisfatti. Carboni si dice "soddisfattissimo, credo che sia già arrivato nelle stanze di Cesare, i tribuni hanno già dato notizia. Volevamo solo sentire se era possibile quella cosa". Martino risponde: "Ho già messo in moto la macchina. L'avrò per domani mattina l'esito, anche stasera". Il giorno seguente, i due parlano di nuovo.
Il faccendiere sardo chiede: "Ma dovevano dirmi se numericamente possiamo aggiungere qualche nome". Martino risponde: "Stiamo vedendo. Queste informazioni... se bisogna fare l'incontro con Cesare o con gli altri o questa cosa dei numeri della società, no?". Carboni insiste: "No, ma l'incontro che stanno preparando, aspettano dei numeri quando andate all'incontro". L'imprenditore campano lo calma: "I numeri te li do io". Passa un'altra notte e Carboni richiama: "Questa è così, un po' una fissazione la mia, i numeri?". "Dovrebbero andare bene - dice Martino - io sono ottimista. L'ottimismo viene dal lavoro". Stralci eloquenti, eppure finora nessuno aveva ammesso nulla.
Fonte: Repubblica.it
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