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Trenitalia: tangenti in cambio di appalti, arrestati 2 ex dirigenti e tre imprenditori

MILANO - Un'organizzazione finalizzata a «pilotare in modo sistematico e seriale» gli appalti riguardanti Trenitalia spa in cambio di tangenti: questa l'accusa che i magistrati della Procura di Napoli muovono a carico di cinque persone - due ex dirigenti della società, licenziati di recente, e tre imprenditori - nei cui confronti da parte della Guardia di Finanza è stata eseguita un'ordinanza di custodia cautelare. I provvedimenti sono stati disposti dal gip di Napoli Luigi Giordano, su richiesta dei pm Henry John Woodcock e Francesco Curcio.

L'INCHIESTA - Gli appalti illecitamente affidati, relativi alla manutenzione di carrozze e locomotori, ammontano ad oltre 10 milioni di euro e, in alcuni casi, è emerso che erano stati affidati con trattative private dirette e singole, in modo irregolare, a imprese riconducibili a parenti di uno dei dirigenti della società pubblica. Le ipotesi di reato sono l'associazione per delinquere finalizzata alla turbata libertà degli incanti, corruzione, riciclaggio e reimpiego dei proventi illeciti in attività economiche, mentre il valore delle aziende ammonta a circa sei milioni di euro.

GLI ARRESTATI - Le persone nei confronti delle quali il gip di Napoli ha disposto la custodia in carcere sono Raffaele Arena, ex dirigente responsabile del servizio manutentivo di Trenitalia, e Fiorenzo Carassai, ex responsabile di una sezione di manutenzione della società, e gli imprenditori napoletani Giovanni e Antonio De Luca, titolari della società Fd Costruzioni, impresa al centro dell'inchiesta. Arresti domiciliari, invece, per Carmine D'Elia, ritenuto socio occulto di Arena. Il gip ha anche disposto il sequestro di alcune aziende, ora in corso da parte della Guardia di Finanza: oltre alla Fd Costruzioni di Napoli, il Pastificio artigianale Leonardo Carassai srl di Campofilone (Fermo), la Mavis srl e la Amg srl, entrambe di Nola (Napoli).

ALTRI 6 INDAGATI - Nell'ambito dell'inchiesta sono indagati altri sei dirigenti della società del gruppo Ferrovie dello Stato. Sono Ferdinando Gambardella, in qualità di direttore regionale per la Campania di Trenitalia; Sabrina De Filippis, direttore regionale per la Puglia; Federica Di Pomponio, funzionario di una sezione di manutenzione; Vincenzo Salvucci, responsabile del settore ingegneria manutenzione corrente regionale; Alessandro Verni e Domenico Longaretti, entrambi dirigenti in servizio presso la Direzione passeggeri regionale di Trenitalia (alcuni degli indagati ricoprono oggi altri incarichi rispetto a quelli per i quali sono sottoposti a indagini). Nei loro riguardi - come emerge dall'ordinanza di custodia cautelare notificata agli arrestati - è ipotizzato il reato di concorso esterno nell'associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e alle turbative d'asta. Secondo i pm Curcio e Woodcock, in momenti e con ruoli diversi, gli indagati avrebbero fatto avere a Fabrizio Carassai (uscito da Trenitalia lo scorso 31 dicembre) notizie sugli appalti; avrebbero fornito supporto all'ex dirigente di Trenitalia per pilotare appalti in favore della Fd Costruzioni dei fratelli De Luca; e, infine, avrebbero fornito a Carassai informazioni sulle indagini in corso da parte della magistratura partenopea.

TRENITALIA HA COLLABORATO - Un impulso alle indagini è però arrivato anche dalla stessa Trenitalia che ha collaborato, attraverso il proprio "audit" con una indagine interna alla ricostruzione degli illeciti nella vicenda di appalti e tangenti scoperta dalla Procura di Napoli. Lo si apprende da fonti investigative. Questo ha portato al licenziamento dei due dirigenti di Trenitalia coinvolti. L'attività di indagine svolta dalla Guardia di finanza è iniziata nel 2008. Un contributo decisivo all'inchiesta, inoltre, secondo quanto si è appreso, è venuto dalle intercettazioni telefoniche.

SEPE - Nell'inchiesta a sorpresa spunta anche il nome dell'arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, anche se in questo caso l'alto prelato è solo citato in una intercettazione e non è in alcun modo coinvolto nelle accuse (a differenza dell'inchiesta di Perugia sui grandi appalti dove è indagato per corruzione) ma soltanto chiamato in causa da alcuni degli arrestati. In una conversazione intercettata il 5 maggio, Giovanni De Luca - assieme al fratello Antonio titolare della Fd Costruzioni, la società operante nel settore dei lavori ferroviari che intratteneva, secondo i pm, in modo sistematico e continuativo rapporti di natura corruttiva con i funzionari di Trenitalia Arena e Carassai - chiede alla sorella Anna un intervento presso il cardinale di Napoli. Scopo dell'incontro - è scritto nell'ordinanza - quello di «chiedere all'ecclesiastico un'intercessione con i vertici dell'impresa pubblica per il proseguimento degli appalti». Il giorno dopo, al telefono con l'altro fratello Antonio, Anna De Luca riferisce che «il cardinale ha rifiutato di fissarle un incontro con Moretti», amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato. La spiegazione che la donna dà al fratello durante la telefonata è che «il cardinale aveva saputo da uno stretto collaboratore del ministro dei Trasporti che Moretti, entro poco tempo, avrebbe lasciato l'incarico».

Fonte: Corriere.it

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