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Legge bavaglio. Berlusconi ammette la sconfitta "Non mi hanno lasciato altra scelta"



ROMA - "Non è la legge che avrei voluto io, ma Napolitano non ci ha lasciato altra scelta. Ora l'importante è andare avanti". Mastica amaro il Cavaliere. Mastica amaro per la bevanda che ha dovuto trangugiare sulle intercettazioni. È stato costretto a firmare una soluzione che è molto distante anche dall'ultima mediazione - che già considerava "un tradimento del programma" - sulla quale peraltro si era astenuto (unico tra tutti i membri) nell'ufficio di presidenza del Pdl del mese scorso. Per comprendere il suo stato d'animo basta riferire la battuta pronunciata una decina di giorni fa durante l'ennesimo "brain storming" con i suoi sherpa: "In Italia si è già intercettato troppo. L'unico emendamento che sono disposto ad accettare è una moratoria delle intercettazioni per i prossimi 5 anni!".

La resa improvvisa del premier prende quasi alla sprovvista gli stessi finiani, che pure stavano lavorando da giorni per arrivare a questo risultato. "Per la prima volta Berlusconi si è piegato - constata con i suoi il presidente della Camera - e ha certificato la sua sconfitta. La cosa ha dell'incredibile". I finiani incassano in pochi giorni le dimissioni di Cosentino e una profonda revisione della legge sulle intercettazioni - "le due condizioni che avevamo posto per riavviare il dialogo nel Pdl" - senza per ora pagare alcun prezzo. Nel Pdl lo sconcerto è ai massimi livelli. La confusione a Palazzo Chigi pure. Tanto che gli uomini del presidente della Camera pensano addirittura ad altri emendamenti.

Il fatto è che il Cavaliere, politicamente, non aveva altra scelta. Angelino Alfano la scorsa settimana in un ultimo, drammatico, faccia a faccia, gli aveva squadernato sotto gli occhi la realtà, confermandogli che il Quirinale non avrebbe firmato il disegno di legge a meno di "modifiche radicali" sulla libertà di stampa. Uscendo dalla stanza, alla presenza di Ghedini, il Guardasigilli si era congedato lasciando la decisione in mano al premier: "Presidente, questo è il massimo che possiamo ottenere. Adesso devi decidere tu: da una parte c'è lo scontro con Napolitano, dall'altra c'è l'unico compromesso possibile". Una versione confermata dagli uomini di palazzo Chigi, che ieri sera smentivano le voci di un'irritazione di Berlusconi con lo stesso Alfano per aver condotto male la trattativa. Al contrario, Berlusconi lascia filtrare di aver dato "una delega piena ad Alfano, sapendo bene che il suo compito era molto difficile". Dunque lo sconforto del premier non è rivolto al Guardasigilli. Piuttosto prevale ancora una volta la rabbia per il "tradimento" del presidente della Camera e la delusione per la continua "mediazione al ribasso" imposta da Napolitano. "In Consiglio dei ministri immaginiamo un cavallo, poi in Parlamento esce sempre un cammello". Una constatazione d'impotenza, a cui tuttavia Berlusconi non riesce a sottrarsi, specialmente in momento di massima debolezza per le inchieste giudiziarie e gli scarsi margini di manovra che gli ha lasciato Tremonti.

Ma è soprattutto Fini la pietra dello scandalo. "Da sei mesi a questa parte - si è sfogato il premier - ci costringe a camminare con il freno a mano tirato. Non ci lasciano governare". Nel giro stretto del Cavaliere puntano il dito anche contro Umberto Bossi. Preoccupato per l'iter del federalismo, infastidito per le eccessive fibrillazioni scaturite dalla battaglia sulle intercettazioni, stavolta il leader del Carroccio ha lasciato Berlusconi da solo, privandolo di una sponda. Anche l'intervista di Giulio Tremonti a Repubblica, con quella ammissione dell'esistenza di una questione morale, sarebbe stato un segnale preciso per il Cavaliere. Al quale le parole del ministro dell'Economia hanno provocato, come assicurano i suoi, un travaso di bile.

Costretto a lasciar cadere la legge bavaglio, Berlusconi è convinto almeno di aver sottratto ai suoi nemici un argomento per indebolirlo. "Abbiamo scaricato la pistola a Fini, ora cosa si inventeranno?", si chiede un falco di palazzo Grazioli. Dalle parti del presidente della Camera invece già hanno chiare le prossime mosse. E sconsigliano di andare al voto in agosto sul ddl intercettazioni paventando conseguenze sui casi Cosentino e Verdini. "Quando arriveranno le richieste per utilizzare le intercettazioni, se la Camera sarà aperta bisognerà affrontare subito la questione". Più salutare per tutti sarebbe un rinvio a settembre.


Fonte: Repubblica.it

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