Tre interviste illuminanti, e una notizia esplosiva. Parlano Sergio Chiamparino, Beppe Grillo e il professor Paolo Macchiarini, luminare della chirurgia richiamato in Italia due anni fa e già costretto alla fuga. La notizia arriva da Firenze: la procura che indaga sulle stragi del '93 ha prorogato i termini e ha iscritto al registro degli indagati «un'altissima personalità politica di governo». Per tutto il giorno Silvio Berlusconi ha alternato le telefonate tese a neutralizzare il voto dei finiani su Caliendo a quelle, molto più nervose, ai suoi avvocati in parlamento e fuori. La miccia è accesa, ne scrive Claudia Fusani.
Le interviste a partire dall'ultima, a cui dedichiamo la copertina. Paolo Macchiarini è uno di quei cervelli che il mondo ci invidia, per usare la formula di rito. La settimana scorsa ha stabilito il suo ultimo primato: due trapianti di trachea con cellule staminali. Rossi, all'epoca assessore, lo richiamò in Toscana, a Careggi. Ha resistito due anni. Il sistema delle baronie accademiche ha fin dal prinicipio respinto la sua pericolosa presenza. Il paragone col talento può avere effetti devastanti su chi non ne ha. Lo hanno messo di fronte ad ostacoli burocratici formalmente ineccepibili al solo scopo di toglierlo di mezzo. Dice, pacato: «Vorrei poter lavorare tranquillamente senza essere attaccato quotidianamente. So che andando via darò ragione a coloro che fanno dell'Italia un paese corrotto. D'altra parte ogni giorno di ricerca perso è un delitto. Con me a Firenze lavorano persone di 30 anni. Il nostro lavoro dovrebbe essere anche quello di poter trasmettere ai più giovani quello che abbiamo imparato. Invece...». Non trovo niente da aggiungere. Solo una formidabile, amara e anche umana condivisione.
Beppe Grillo è contrario alle elezioni subito. Pensa che si debba cambiare la legge elettorale, prima. Mentre annuncia che il Movimento 5 stelle (non lui) sarà candidato appoggia l'ipotesi di un governo tecnico: «Va bene anche Montezemolo», dice a sorpresa. Sergio Chiamparino parla lungamente con Andrea Carugati. Ascoltate: «Ritengo più probabile una fase di galleggiamento a vista che una caduta del governo in autunno. Se la crisi dovesse precipitare non vedo come si potrebbe evitare il voto. Credo he le condizioni per un governo tecnico siano molto labili. Non ho nulla in contrario a un governo "di raffreddamento", ma mi pare che non ci sia il clima per riannodare dei fili». Ora sul Pd: «Non c'è da discutere se Tremonti sia digeribile o no. Qualsiasi ipotesi deve muovere da una chiarezza di messaggio politico nostro. Un governo di transizione può essere un punto di arrivo, ma partendo da una nostra battaglia che metta in crisi il governo. Il Pd deve fare esplodere le contraddizioni dentro la maggioranza, finora sono emerse solo perché Fini ha rotto». Infine: «Fare più opposizione non vuol dire urlare più forte. Il Pd oscilla troppo su alcuni temi, talvolta su posizioni vecchie come sul caso Fiat. Più opposizione vuol dire avere un profilo alternativo più credibile. Prima di parlare di governi tecnici bisogna evitare di arrivarci troppo deboli. Il rischio è che noi finiamo per fare gli spettatori di una partita tutta nel campo del centrodestra». Sulla sua eventuale candidatura. «Sono cose che si decidono quando è il momento, non se ne parla prima». Intesi.
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