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Di Pietro: "Berlusconi, uno dei tanti topi che va ribattato nelle fogne"


Sono a Palermo per ricordare Paolo Borsellino e la sua scorta, a diciotto anni da quel giorno funesto, in via D'Amelio.
In via D’Amelio e a Capaci saltarono in aria i valori dello Stato, non soltanto le macchine investite dalle esplosioni.
Aveva ragione Antonino Caponnetto, fondatore del pool antimafia di cui facevano parte Borsellino e Falcone, quando, ripreso a caldo dalle telecamere, disse con la voce strozzata dal dolore: «E' finito tutto, è finito tutto» (guarda il video).
Borsellino, così come Falcone e molti altri dopo di loro tra forze dell’ordine e fedeli servitori dello Stato, furono uccisi da facce ancora senza volto che sappiamo essere oggi nelle istituzioni.
Celebrare questa giornata è un dovere morale per un Paese in cui la legalità sembra essersi dissolta nell'acido, ascoltando le sentenze e le testimonianze registrate nei processi degli ultimi anni.
Un senatore della Repubblica che definisce "veri pentiti" due assassini come i fratelli Graviano (guarda il video), può bastare per farci capire chi siede oggi in Parlamento.
Dov’è la legalità? La legalità rappresenta ancora un valore per gli italiani? O è rimasto solo un gruppo di cosiddetti “manettari” a difenderla?
Se Borsellino fosse tra noi, oggi, avrebbe un gran da fare, forse. Certamente, però, sarebbe ancora vivo.
Nel XXI secolo la criminalità non ha più bisogno di uccidere, poiché elegge i suoi rappresentanti in Parlamento, li colloca nella magistratura, nelle Forze dell’Ordine, nell’imprenditoria.
E se Paolo fosse arrivato a scoprire realtà scomode, allora sarebbe stato semplicemente rimosso dall’incarico come è successo con de Magistris, Apicella, Forleo. Ma sarebbe ancora vivo.
Borsellino è morto nel '92 perché rappresentava gli italiani che non volevano trattare con la criminalità.
Oggi essere un rappresentante della criminalità organizzata significa essere importanti e muovere le sorti del Paese. Oggi avere rapporti con la criminalità ti garantisce un posto in prima fila, un posto da senatore o addirittura da sottosegretario. Un posto al sole, insomma.
Oggi la criminalità è arrogantemente presente in ogni settore ed è la prima industria del Paese.
E’ presente più dello Stato tra la popolazione, offre lavoro, appalti, soldi e fortuna, e celebra anche lei la morte di Borsellino distruggendone le icone che lo ricordano.
Le sculture dei due giudici danneggiate a Palermo ricordano uno Stato contrapposto alle mafie, una contrapposizione superata dal dialogo e dalla collusione odierni.
Se Paolo fosse riuscito a portare a termine il suo lavoro, tenendo lontano lo Stato dalle mafie, vivremmo in un'Italia diversa.
Borsellino aveva gli strumenti per cambiare le cose, e intorno a lui c’era una popolazione che lo sosteneva. Nel cuore dei cittadini lui era un eroe, mentre coloro che lo volevano ammazzare erano topi che si muovevano all’ombra delle fogne.
Oggi gli incontri tra politici e criminali avvengono alla luce del sole. I topi sono usciti allo scoperto e sono entrati in Parlamento.

Paolo in quel 19 luglio non aveva intorno solo la sua scorta (Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina) ma tutti gli italiani.
Per questo con l'uccisione di Borsellino ha perso l'Italia intera.
Le agende rosse innalzate in cielo, oggi a Palermo, devono essere un punto da cui ripartire. Gli italiani, in questo giorno di ricordo, hanno una grande occasione per riflettere. I vari Dell’Utri, Cuffaro, Cosentino sono il prodotto di una deriva democratica per cui diversi servitori dello Stato hanno perso la vita negli anni '90.
Il miglior omaggio alla memoria di Borsellino che i cittadini possano fare è quello di assumersi l’impegno di rigettare i topi nelle fogne. E con loro chi gli ha aperto i tombini.

Fonte: Antoniodipietro.it

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