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Di Pietro replica con prove documentate alle accuse dell'architetto Zampolini


Ieri sera, all’ora di cena, mi è arrivata una notizia che - lì per lì - mi ha fatto sorridere perché non potevo crederci. Sono stato avvisato che nelle redazioni dei giornali girava uno stralcio del verbale dell’interrogatorio ai PM di Perugia dell’architetto Angelo Zampolini in cui venivo tirato in ballo pure io. (breve sintesi qui) Zampolini avrebbe riferito ai magistrati che avrei ricevuto due case dall’istituto religioso Propaganda Fide grazie all’intercessione dell’imprenditore Anemone e dell’ex Presidente del Consiglio dei Lavori Pubblici Balducci.

Ho subito smentito e me ne sono andato a dormire serenamente. Non poteva essere vero, mi sono detto, giacchè non ho mai avuto né in affitto né in vendita né in comodato alcun immobile né da Anemone né da Propaganda Fide.

Questa mattina, apro i giornali e scopro che Zampolini, interrogato dai magistrati di Perugia, dapprima il giorno 18 maggio dice di non sapere nulla e poi, 4 giorni dopo, il 24 maggio, sente il bisogno irrefrenabile di tornare “spontaneamente” dai magistrati per dichiarare che “Balducci fece avere al Ministro Di Pietro due case in affitto a Roma, attraverso la Congregazione Propaganda Fide. La prima era in via della Vite ed è stata per un periodo una delle sedi dell’Italia dei Valori. L’altra era in via delle Quattro Fontane, credo fosse per la figlia…”.

Non entro nel merito circa l’opportunità o meno di prendere in affitto dai preti un appartamento anche se non credo sia uno scandalo, purchè venga pagato il giusto prezzo e non vi sia nulla di illecito in cambio. Intendo invece riaffermare con forza che non è proprio vero – nel senso materiale del termine - quanto affermato da Zampolini, al quale evidentemente qualcuno ha propinato false informazioni per mettere tutti nello stesso calderone. Io, ripeto, non ho mai preso in affitto appartamenti da Propaganda Fide (né per me o mia figlia né per la sede dell’Italia dei Valori) e lo voglio qui documentalmente dimostrare (cosa che farò anche con i PM di Perugia ai quali ho chiesto di essere immediatamente sentito).

Con riferimento al primo appartamento – quello che Zampolini indica come una sede di IDV in via della Vite - posso tranquillamente assicurare che fino a stamattina nemmeno sapevo dell’esistenza di un tale immobile. Anzi, fino a stamattina nemmeno sapevo dove si trovasse via della Vite, figurarsi se potevo avervi aperto una sede del partito.

Ho subito svolto accertamenti ed ho - ora - appurato che tale appartamento in realtà era stato preso in affitto dalla società Editrice Mediterranea Srl, con sede appunto in via della Vite n. 3 Roma, il cui legale rappresentante è tale Antonio Lavitola. Trattasi di una società editrice che svolgeva (e forse svolge anche tuttora) l’attività di realizzazione, gestione e distribuzione di testate giornalistiche per conto proprio e di terzi.

Ebbene, l’Italia dei Valori ha deliberato in data 21 febbraio 2006 (e quindi in epoca addirittura precedente le elezioni politiche di quell’anno e del mio insediamento al Ministero delle Infrastrutture) di stipulare con detta società la realizzazione e la diffusione del giornale del partito. Allego al riguardo la delibera assunta in tale data dall’Ufficio di Presidenza di IDV (allegato 1), da cui – fra l’altro - risulta in maniera inconfutabile che la società Editrice Mediterranea aveva già all’epoca la propria sede in via della Vite n.3 allorchè stipulò il contratto con IDV. Allego anche la segnalazione al Tribunale di Roma – Sezione stampa e Informazione, effettuata (sempre il giorno 28 febbraio 2006) per conto di IDV dal sen . Aniello Formisano con cui si è affidato alla predetta società la realizzazione del quotidiano dell’Italia dei Valori (allegato 2). Anche in questo caso vi è la prova della data certa, data che è precedente alla mia nomina di Ministro ed anzi all’epoca non ero nemmeno al Parlamento italiano e quindi – anche volendo - non avrei potuto in alcun modo interloquire con Balducci ed Anemone. Vi è anche la prova che la predetta casa editrice aveva già sede in via della Vite prima ancora che nascesse il giornale e, quindi, non può esser vero che sia stato IDV a prendere in affitto tale immobile.

Il contratto di servizio è stato stipulato in data 7 aprile 2006 (e quindi ancora una volta prima delle elezioni e prima che io diventassi Ministro) ed è durato fino al 1° agosto 2007, come risulta dalla comunicazione di avvenuta dismissione della testata del 30 ottobre 2007, debitamente notificata al Tribunale di Roma – Sezione Stampa ed Editoria (allegato 3). Questo documento è interessante perché fornisce la riprova documentale che l’immobile di via della Vite non sia e non sia mai stato nella disponibilità di IDV. Infatti, il mittente della lettera (Editrice Mediterranea) - pur dando atto di aver già da tempo rescisso il contratto - indica nell’intestazione che la propria sede legale è rimasta sempre l’indirizzo di via della Vite n.3, Roma.

In conclusione, è documentalmente provato che la sede di via della Vite era nella esclusiva disponibilità di Editrice Mediterranea prima, durante e dopo i rapporti con IDV. Il partito non ha mai avuto in affitto l’immobile di via della Vite né ha mai fatto richiesta ad alcuno per averla. Il fatto, poi, che una società fornitrice di servizi (di cui si sia avvalsa anche IDV ma non solo) avesse – essa, e non IDV – sede in una casa di proprietà di Propaganda Fide non può in alcun modo essere fatta risalire a nostra responsabilità, altrimenti dovrebbe valere l’assurdo principio per cui ogni volta che qualcuno chiede al giardiniere di tagliargli il prato dovrebbe assicurarsi, prima di sapere di chi è la proprietà del locale, dove tiene gli attrezzi!

Con riferimento, poi, all’appartamento di via IV Fontane a Roma, esso è stato preso in affitto dall’on.le Silvana Mura, la quale - su segnalazione del collega sen. Stefano Pedica - ha stipulato il 9 novembre 2006 un contratto di locazione con la società “Congregazione per l’evangelizzazione di popoli” di Roma. Produco al riguardo il contratto di affitto in questione (allegato 4), da cui risulta un canone fissato sin dall’inizio in euro 21.600 annuali e quindi in 1.800 euro mensili, oltre alle spese condominiali di circa 200 euro mensili. In totale, quindi, l’on.le Mura paga e ha sempre pagato 2.000 euro mensili. Il contratto è intestato a Claudio Belotti che è il convivente ed il padre di suo figlio. Per completezza, segnalo che la società proprietaria ha concesso la locazione espressamente “ad uso abitativo con facoltà del conduttore di destinare alcune porzioni a studio professionale, fermo restando fra le parti che l’uso prevalente sia quello abitativo” (così espressamente recita l’art. 1 del contratto di locazione).

Da ultimo, specifico che mia figlia Anna non ha mai abitato – nemmeno per un solo giorno - in tale appartamento né lo ha mai preso in affitto. Anna all’epoca pensava di iscriversi alla Luiss e per questo si mise anche lei, insieme a me, a cercare un appartamentino in affitto ed il sen. Pedica indicò anche a noi diverse soluzioni, tra cui anche l’appartamento di via IV Fontane. Poi, però, Anna preferì iscriversi alla Bocconi di Milano e non dette alcun seguito alla proposta. Ovviamente se l’affitto si fosse concretizzato, sarebbe stata cura mia e di mia figlia accertare la correttezza sotto ogni aspetto dell’operazione, cosa che comunque ha fatto la collega on.le Mura, riscontrandone ogni regolarità. Altrettanto ovviamente né io, né Mura e - men che meno - mia figlia abbiamo mai avuto a che fare con il sig. Anemone, persona che nessuno di noi conosce.

E veniamo infine all’insinuazione di Zampolini, secondo cui io avrei fatto solo finta di osteggiare gli appalti che erano stati programmati per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia ed alle elucubrazioni secondo le quali io non avrei preso provvedimenti adeguati.

Al mio arrivo al Ministero delle infrastrutture, alla fine dell'Aprile 2006, l’ing. Balducci era Presidente del Consiglio dei Lavori Pubblici, ovvero era la massima carica istituzionale del Ministero a cui per legge spetta lo status di indipendenza gerarchica anche rispetto al Ministro (art. 1, comma 2 DPR 204/2006). Al predetto Consiglio spettava e spetta il compito di esprimere pareri vincolanti su ogni progetto di lavori pubblici superiore ai 25 milioni di euro e su ogni altro progetto finanziato per almeno il 50% dallo Stato. Per dirla alla “dipietrese”, in Italia, in tema di grandi lavori pubblici, non si muove foglia che il Consiglio Superiore non voglia.

Ebbene, io ho subito spostato l’ing. Balducci al 2° Dipartimento (Infrastrutture e regolazione dei lavori pubblici), che per legge (art. 5 DPR 300/99) non gestisce materialmente alcun capitolo di bilancio ma li assegna – questa volta sotto il diretto controllo del Ministro - ai direttori generali competenti per le singole aree di attività del Dipartimento stesso. L’ing. Balducci non ha, peraltro, mai svolto tale tale attività perchè dalla data della sua nomina (18.9.2006) alla data in cui ha lasciato il Ministero (1.11.2006) è sempre stato in malattia.

Egli, infatti, è stato chiamato nel novembre 2006 dalla Presidenza del Consiglio dell’epoca a svolgere le funzioni di Responsabile della Struttura di missione per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Insomma con me al Ministero delle Infrastrutture, Balducci non ha mai svolto alcuna attività lavorativa.

Posso invece provare documentalmente che io mi opposi in modo fermo e risoluto alle modalità con cui venne istituita ed organizzata la predetta Struttura di missione ed anche il modo poco trasparente con cui venivano realizzati gli appalti. Ben altro ho detto e dirò ai magistrati, ma sento il dovere pubblico di provare da subito quanto affermo. Produco al riguardo – e tanto per citarne una – la nota n. 16240 del 14 dicembre 2007, da me scritta ed indirizzata al Presidente del Consiglio ed ai colleghi Ministri interessati dell’epoca, con cui testualmente ho contestato sia la legittimità dei compiti che svolgeva la struttura di Missione presieduta da Balducci, sia le modalità con cui venivano commissionati e svolti gli appalti (allegato 5). La lettera porta una doppia mia firma per rimarcare la gravità di quanto stavo denunciando e si conclude con le seguenti tre righe da me personalmente manoscritte: “Vi prego, ci stiamo avviando verso macroscopiche violazioni di legge e questo non può essere accettato, se riscontrato”.

Poi come noto, con l’inizio dell’anno nuovo, il Governo andò in crisi e ci fu lo scioglimento anticipato del Parlamento. Arrivò il nuovo Governo che - invece di prendere atto di quanto da me segnalato ed intervenire di conseguenza - confermò modalità e struttura fino quando non è arrivata la Magistratura.

So bene che molti depistatori e professionisti della disinformazione insisteranno nei prossimi giorni nel prendersela con me nel malcelato tentativo di “fare di tutt’erba un fascio” ma costoro sappiano sin d’ora che dovranno rispondere delle loro azioni davanti all’Autorità giudiziaria.

Fonte: Antoniodipietro.it

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