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Aquila. Infiltrazioni, ruggine e lavori a metà

'AQUILA - Se il Progetto C. a. s. e. (Complessi antisismici ecocompatibili) doveva essere un "miracolo", il miracolo è di quelli che cominciano a fare acqua (per altro, non per modo di dire). E a documentarlo, a neppure novanta giorni dalla definitiva consegna agli sfollati degli 85 edifici antisismici costati alle casse del Paese 803 milioni di euro, sarebbe in fondo sufficiente questo epitaffio: "Si rendono evidenti segni di deterioramento degli edifici inaccettabili". Il giudizio è in una articolata relazione del marzo scorso di una sessantina di pagine, corredata da un centinaio di fotografie e redatta dagli ingegneri dell'Ufficio Tecnico del comune de L'Aquila a conclusione di due mesi di certosini sopralluoghi in ogni angolo di quelle costruzioni. Piastra dopo piastra, ballatoio dopo ballatoio, garage dopo garage. Ringhiera dopo ringhiera.

"Questo ufficio - si legge nell'incipit del documento ("Relazione sullo stato dei fabbricati del progetto C. a. s. e.") - ha potuto riscontrare alcune criticità. E le problematiche più evidenti riguardano perdite nelle tubazioni dei garage". Le foto scattate dagli ingegneri sono nitide quanto e più delle parole. Dai rivestimenti in cemento e talvolta dalla base dei pilastri che sostengono le piastre antisismiche si allargano lingue d'acqua lercia in cui galleggiano rifiuti di cantiere e macchine in parcheggio. E, in qualche caso, i fiotti hanno cominciato ad allagare anche ballatoi e piani bassi degli edifici. "Alcune ditte - chiosano gli ingegneri - per ovviare al problema, hanno escogitato soluzioni artigianali, costruendo contenitori in acciaio e tubazioni di scolo a vista, eludendo palesemente la riparazione della causa delle perdite". Insomma, ci si arrangia con "il secchio", comunque con pezze peggiori del buco. Anche perché l'acqua non è il solo problema. "Nei garage - proseguono i tecnici - si evidenzia la mancanza quasi generalizzata dei corollari antifuoco nelle colonne di scarico, con grave pregiudizio per il rispetto delle norme antincendio. In aggiunta, sono stati riscontrati: a) l'assenza di rivestimento coibente delle tubazioni esterne o la sua installazione precaria; b) lavori molto approssimativi nei rivestimenti con finitura in alluminio delle tubazioni; c) collegamenti elettrici e telefonici con cavi penzolanti o addirittura appoggiati a terra senza protezione".

Non va meglio, a quanto pare, neppure con gli standard di sicurezza degli edifici. "In diverse palazzine - documenta la relazione - sono stati installati parapetti in ferro o legno con listelli orizzontali facilmente scavalcabili dai bambini. In alcuni casi, sono stati lasciati pericolosamente dei vuoti nel giunto di separazione tra la piastra e i vani scala esterni per l'accesso ai garages. In altri fabbricati, i vani scala esterni presentano pericoli da urto, a causa dei pianerottoli costruiti con profilati in ferro a spigoli vivi. Nei percorsi pedonali tra i garage e gli appartamenti, sono stati riscontrati lavori incompleti nelle pavimentazioni con rischio per le persone anziane o i non deambulanti". Fino a un paradosso, se si pensa alle polemiche sulla qualità del cemento che ha accompagnato la tragedia aquilana. "In un caso, la struttura in cemento armato del vano ascensore palesa carenze nella qualità del calcestruzzo".

E non è finita. Con i vizi di costruzione, "a pochi mesi dalla consegna degli appartamenti agli sfollati, si rendono evidenti segni di deterioramento inaccettabili. Ad esempio: ringhiere e passamano già arruginiti o sverniciati, macchie nelle tinteggiature esterne, mancanza di battiscopa intorno ai fabbricati". Per carità, gli ingegneri del Comune convengono che "la velocità di esecuzione dei lavori, può giustificare alcune disfunzioni". E però, "è altresì vero - scrivono - che in alcuni casi si contrappongono fabbricati completati egregiamente ed altri con problematiche serie da risolvere". Domanda: da chi? E con quali soldi?

Il 31 marzo scorso, la gestione degli 85 edifici è passata proprio al Comune de L'Aquila. Gli ingegneri suggeriscono che siano le ditte appaltatrici a farsi carico di riparare ciò che si è rotto. E a consegnare finalmente e non a metà ciò che gli è stato pagato per intero. Mentre il sindaco Massimo Cialente, proprio ieri, ha affidato il suo ennesimo disperato messaggio in bottiglia all'indifferenza del Governo. Nelle casse del Comune sono rimasti 122 milioni di euro. Una briciola di fronte ai 400 milioni necessari per la sola "assistenza agli sfollati, i puntellamenti, l'emergenza abitativa". Perché, che lo si voglia o no, ci sono ancora mille famiglie che non hanno un tetto. Quale che sia.

Fonte: Repubblica.it

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