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Dal costruttore della cricca cinquecentomila euro a Scajola


ROMA - L'inchiesta della Procura di Perugia sulla "Cricca" degli appalti pubblici - G8 della Maddalena, mondiali di nuoto, anniversario per i 150 anni dell'Unità d'Italia - cammina. E ora incrocia la strada del ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola perché singolare beneficiario, quando era un semplice parlamentare dell'opposizione, di una provvista di circa mezzo milione di euro messa a disposizione da una delle "tasche" del costruttore Diego Anemone (oggi detenuto con Angelo Balducci, Mauro Della Giovampaola, Fabio De Santis) per l'acquisto di un appartamento intestato alla figlia.

La scoperta del filo che annoda una delle figure chiave della "Cricca" al ministro è recente ed è documentata - lo vedremo - dal lavoro di indagine della Guardia di Finanza. Tanto che, il 12 aprile scorso, durante il suo lungo interrogatorio con i pubblici ministeri umbri Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi, ne viene chiesto conto allo stesso Guido Bertolaso, accusato per altro di essere stato corrotto proprio da Diego Anemone. Chiedono i pm: "Sa se e che tipo di rapporti esistono tra Anemone e l'onorevole Claudio Scajola?". Il capo della Protezione civile cade dalle nuvole. Ammesso che esista - spiega - il rapporto tra quei due gli è ignoto.

La domanda rivolta a Bertolaso, per quel che se ne sa, non ha sin qui trovato risposte neppure altrove (Anemone, dal giorno del suo arresto, ha scelto di esercitare il suo diritto al silenzio). A meno di non voler considerare tale la circostanza che nel primo governo Berlusconi Scajola sia stato ministro dell'Interno e che Anemone dal ministero dell'Interno abbia nel tempo ricevuto appalti. Di questa vicenda, dunque, resta al momento solo il presupposto. Che, come si è detto, è documentale. E che racconta una storia che finisce appunto a Scajola, ma parte dagli accertamenti della Finanza sul conto di un oscuro architetto legato a doppio filo a Diego Anemone e su assegni circolari per circa 500 mila euro.

L'architetto ha un nome: Angelo Zampolini. Lavora come progettista del Gruppo Anemone e, come il commercialista Stefano Gazzani, è una delle "tasche" di chi del Gruppo e delle sue risorse dispone in prima persona: Diego Anemone. Poco più che una testa di paglia - ipotizzano la Procura e la Finanza - utilizzata dal costruttore per dissimulare l'origine di operazioni finanziarie di cui in realtà è il dominus. E che hanno l'odore di tangenti. Nel 2009, la Banca d'Italia segnala infatti sui conti dell'architetto e del commercialista operazioni contabili sospette. Per i loro importi e - accerta la Guardia di Finanza - per la loro natura. Tra il 2007 e il 2008, infatti, sia Gazzani che Zampolini si trovano a maneggiare contante di cui non riescono a giustificare né la provenienza, né l'impiego. Gazzani, per dire, versa sul suo conto contanti per 1 milione e 100 mila euro che prendono poi la strada della "Erreti film", la società di produzione cinematografica di Rosanna Thau, moglie di Angelo Balducci, e Vanessa Pascucci (moglie di Anemone) che produce i film in cui il figlio di Angelo Balducci, Lorenzo, recita da protagonista. E quando la Finanza gli chiede da dove salti fuori tutto quel denaro e perché un commercialista lo debba impiegare nella produzione di film, la risposta è grottesca. Il milione e 100 - dice - "è frutto della vendita di lingotti d'oro ricevuti in eredità da un nonno che aveva la passione per il cinema".

Non va meglio per Zampolini. Tra il 2007 e il 2008, versa sul proprio conto oltre 800 mila euro in contanti. Una cifra incompatibile, come accerta la Finanza, con i redditi che dichiara al Fisco o, quantomeno, con il suo lavoro di responsabile della progettazione del Gruppo Anemone. Di più: l'architetto non solo non sa spiegare la provenienza di quel denaro, ma neppure il suo impiego. Quegli 800 mila euro vengono infatti trasformati in assegni circolari utilizzati per due "operazioni immobiliari gemelle". Con la prima viene acquistato un appartamento in via Latina, a Roma, per Lorenzo Balducci, figlio di quell'Angelo che, da presidente nazionale del Consiglio dei Lavori pubblici, assegna appalti al Gruppo Anemone. Con la seconda, degli assegni circolari per circa 500 mila euro finiscono nella compravendita di una casa a Roma intestata alla figlia di Claudio Scajola.
Perché? Che c'entra Zampolini con Scajola? E in che modo quegli assegni finiscono nella disponibilità del già ministro dell'Interno e oggi ministro dello Sviluppo economico?

La risposta che verrà data a questa domanda non è evidentemente neutra nelle sue conseguenze. Perché se ha fondamento il sospetto della pubblica accusa per cui quel denaro transitato sui conti di Gazzani e Zampolini non è altro che il veicolo utilizzato da Anemone per "comprare" le benevolenze di chi in qualche modo poteva esercitare un controllo sugli appalti pubblici, è evidente che esisterebbero i presupposti per nuove accuse di corruzione.

Anemone, come detto, pur sotto la pressione della detenzione e della richiesta di commissariamento del suo Gruppo, sin qui non è stato di nessun aiuto nello sciogliere nessuno dei nodi della vicenda che lo ha precipitato in carcere. Né, a quanto pare, lo sarà nell'immediato futuro, anche perché i termini di scadenza della custodia cautelare non sono lontani (maggio). Potrebbe esserlo Zampolini, che, esattamente come Gazzani, in questa storia, al momento, appare il vaso di coccio tra vasi di ferro. Per quanto ne riferiscono fonti investigative, non esiste infatti allo stato alcuna circostanza che consenta di legare autonomamente l'oscuro architetto né al figlio di Balducci, né tantomeno alla figlia di Scajola. Non esiste insomma "spiegazione alternativa" alla circostanza che quei soldi fossero in realtà "provviste nere" di Diego Anemone



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