Di Nicola Sorrentino
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Napoli. A descrivere bene la mentalità camorristica che inevitabilmente influenza i più giovani ci aveva già pensato Roberto Saviano, nel libro Gomorra e poi nel secondo La bellezza e l'inferno. Una mentalità che influenza i ragazzini dei quartieri e li spinge a imitare sempre di più personaggi che invece andrebbero allontanati, ignorati o peggio ancora cancellati. Una mentalità che può essere ritrovata negli atteggiamenti di tutti i giorni, nel quotidiano di ragazzi che assumono atteggiamenti intimidatori perchè sono il figlio di quello, perchè sono il fratello di quell'altro, perchè sono stato in galera, perchè quello li ha guardato la mia ragazza e via dicendo. E via poi con le sparatorie, le stragi, quelle accidentali, le vittime innocenti e quant'altro: tutto dovuto all'influenza che inevitabilmente ti cattura in quelle zone rosse.
E' dalla base che bisogna partire, da quando i ragazzi sono più piccoli che cominciano a sentir parlare del fenomeno criminale, dei vantaggi che questi porta, del rispetto che sembra essere l'obbiettivo primario di chi si spinge in strada modificando i suoi modi di fare e le sue parole, con il fine di camminare a testa alta e mettendo nello stesso tempo paura agli altri. Anche nelle scuole succede tutto questo. A far da protagonista alla vicenda è un ragazzo di 13 anni, che in una succursale della scuola media di Pianura, la "Ferdinando Russo", si è presentato impugnando una pistola, mostrandola poi ai suoi compagni. Le parole del ragazzino che parlava "fiero" del suo nuovo acquisto, sono quelle che si sentono comunemente per alcune strade e che sono recitate per intimidire o peggio ancora per presentarsi, per la serie "tu devi aver paura di me". E questo ragazzo sembrava molto convinto di quello che stava facendo: "Sono il figlio di un boss e voglio che mi portiate rispetto".
Subito dopo ha sparato ben 4 colpi a dei cassonnetti della spazzatura nelle vicinanze, non accorgendosi però che non erano usciti dei proiettili, ma che la pistola dalla quale aveva sparato era una semplicissima scacciacani. I docenti scolastici nell'intervallo hanno chiamato i carabinieri, avvertiti i primi da un insegnante, portando il ragazzo in caserma. Qui è uscita di nuovo fuori tutta la spavalderia del ragazzo, la sua convinzione forte e intimidatoria che recitava "Tanto non potete arrestarmi ho 13 anni". Figlio di una onesta famiglia, padre e madre lavoratori, con un fratello indagato per degli scontri avvenuti al San Paolo di Napoli e per gli scontri avvenuti per la discarica di Pianura. Il fratello più piccolo invece, è seguito da alcuni assistenti sociali e non è per niente un ragazzo facile, in più mettiamoci che sembra aver subito una mediocre influenza da "guappariello di quartiere".
La scuola ha visto il giorno dopo alcuni ragazzi rimanere in casa, le famiglie spaventate hanno deciso almeno per un giorno di rimanere sicuri. Nonostante questo, il luogo dove è avvenuto il fatto è sempre stato un istituto tranquillo, il compito sarà ora di far tornare la tranquillità. Ma questi non sono casi isolati, troppi giovani si lasciano prendere dal "fascino del criminale", è una consuetudine che non fa quasi più notizia oramai.
Fonte: La Repubblica - Edizione di Napoli
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