Lo sconcerto di Minzolingua di fronte a una notizia, per giunta vera, è comprensibile: per uno abituato a origliare dietro le porte mezze frasi riportate derelato e a mettere tutto in pagina, la pubblicazione di telefonate intercettate che riportano dialoghi realmente accaduti dev’essere davvero sconvolgente. Ma quando avrà ripreso il controllo dei suoi nervi, l’amico Minzo – come lo chiama il padrone – sarà grato al Fatto per lo scoop sull’inchiesta di Trani. Perché, a quel che se ne sa, dimostra che anche lui, persino lui, subiva pressioni dal Banana. Volendo, potrebbe sfoderare l’alibi dei nazisti a Norimberga: “Obbedivo agli ordini”. E gliel’abbiamo fornito noi. Invece niente: anziché ringraziarci, peggiora la sua posizione spiegando che lui non ha bisogno di pressioni. Premere su di lui è fatica sprecata: lui si preme da sé. Uno non fa in tempo a dargli un ordine che lui l’ha già eseguito. Obbedisce ancor prima di ricevere la telefonata. Nega addirittura di sapere qualcosa dell’inchiesta, mentre l’hanno interrogato tre mesi fa. Ma allora dillo, benedetto ragazzo, che vuoi farti del male. Ma è proprio questa la costante dei gerarchetti che stanno saltando per aria l’uno dopo l’altro in questo crepuscolo di regime: la tendenza all’autodistruzione. Un suicidio collettivo. Stan facendo tutto da soli. Infatti Bersani si astiene: “Non so nulla e non dico nulla”.
Te pareva. E l’impavido Calabrò giura: “Mai fatto censure pre ventive”. Solo successive. Manca soltanto che Angelino Jolie mandi gli ispettori a Trani, per completare il presepe. Un presepe che non necessita di intercettazioni, per chi non ha proprio gli occhi foderati di prosciutto, anzi di gelatina. Cosa fosse l’Agcom (salvo un paio di commissari), cioè un plotone di esecuzione dei partiti contro Annozero e quel po’ che resta di libera tv, l’avevano capito tutti tranne il Quirinale, sotto la cui egida operano le cosiddette Authority indipendenti. Quale fosse la delega di Innocenzi, già beccato a chiamare “Grande Capo” il Cainano per cooperare alla caduta del governo Prodi. Quale fosse la mission del Tg1 di Scodinzolini, già rubrichista di Panorama a libro paga del premier. C’era bisogno delle sue telefonate con Berlusconi, dove non si capisce bene dove cominci uno e finisca l’altro, e soprattutto chi prema su chi? Ha ragione il Direttorissimo (come lo chiama Silvio nell’intimità): i suoi celebri editoriali parlano per lui. Serve una sputtanatina alla D’Addario o a Spatuzza? Pronta in tavola. Una pompetta funebre per Craxi? Fatta.
Un servizietto contro le intercettazioni? Eccolo servito. Era tutto chiaro, lampante, solare pure senza nastri. Ce n’era abbastanza anche l’altroieri per accompagnare alla porta i garanti che non garantiscono se non il padrone, i giocatori travestiti da arbitri, i giornalisti che raccontano notizie false e occultano quelle vere. Ma, in questo paese di ipocriti e di santommasi che non credono finché non toccano, ecco, ora c’è pure la pistola fumante (l’ennesima, non bastando le telefonate del caso Saccà e quelle del crac Hdc): la prova provata dell’editto bulgaro permanente in cui langue l’Italia da 8 anni. Con l’aggravante che nel 2002 un Banana ancora acerbo diramò l’ukase pubblicamente da Sofia, a favore di telecamera. Ora fa tutto in segreto, lontano (pensa lui) da orecchi indiscreti. E ora lo aiutano pure gli arbitri che dovrebbero impedirglielo.
È pure chiaro perché hanno chiuso i programmi di approfondimento: per evitare che qualcuno tiri fuori le notizie vere da sotto il tappeto di Minzolingua. Ed è chiarissimo il perché della legge sulle intercettazioni: questi gentiluomini sono così abituati a violare le leggi che non riescono a fermarsi. Delinquono sempre, di giorno e di notte, al coperto e indoor, in piedi e seduti, soprattutto al telefono. Dopo anni di inchieste basate sulle intercettazioni, potrebbero tentare di evitarle non dico comportandosi bene (sarebbe troppo), ma almeno usando i pizzini alla maniera di Provenzano (che infatti la fece franca per 43 anni). Invece no: continuano a delinquere via cavo e a farsi beccare. È l’o ra dell’ottimismo: una retata li seppellirà.
Fonte:
Fatto Quotidiano del 13 marzo in edicola
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