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La macchia di gasolio dal Po arriva al mare. Acqua cancerogena

GORO (Ferrara)—È arrivata esausta, diluita, sfiancata dall’azione di contenimento dell’uomo. Ma è arrivata la macchia d’olio. Là dove si sperava non arrivasse. In Adriatico. Scendendo lungo il Po di Goro, ramo minore del Grande Fiume. Nonostante lo sbarramento allestito a Papozze, dove il Po si biforca ed entra nel Delta. Nonostante i battelli mangia- petrolio dotati di aspiratori (gli skimmer). È arrivata, si potrebbe dire, quasi in incognito: «La presenza di idrocarburi non è visibile—afferma Demetrio Egidi, direttore della Protezione civile dell’Emilia-Romagna —, si nota però la pellicola d’olio». A Goro e a Gorino, santuari della coltivazione di vongole e cozze, quel tipico odore di nafta, che lungo il Po in tanti purtroppo hanno imparato a riconoscere, ha cominciato a diffondersi nell’aria a metà pomeriggio.

«Tanfo da idrocarburi—conferma il comandante della polizia provinciale di Ferrara, Claudio Castagnoli — e una patina di olio sull’acqua». Piccole quantità, «che non preoccupano », sottolinea la Protezione civile. Ma ieri sera il comune di Porto Tolle ha vietato il prelievo di acqua dal Po dopo che l’Arpav ha riscontrato la presenza di cloruro di etilene, una sostanza ritenuta canceroga, la cui presenza potrebbe essere riconducibile all’inquinamento partito dal Lambro.

La gente del Delta è in ansia: «Non ho motivo di dubitare delle rassicurazioni di Bertolaso — afferma Vincenzo Soncini, sindaco di Goro (4.000 abitanti, di cui il 90 per cento lavora nel settore della pesca e delle vongole) —, ma se nella nostra sacca dovesse arrivare anche solo una piccola parte dei veleni del Lambro, sarebbe un disastro, il paese andrebbe alla morte».

Molto è stato fatto in questi giorni contro l’onda nera. Solo all’Isola Serafini, ricorda il capo della Protezione emiliana, Egidi, «sono state raccolte 350 tonnellate di idrocarburi». «Non ci sono rischi» per l’acquedotto di Ferrara dove «la concentrazione di idrocarburi è nettamente inferiore ad un milligrammo per litro, considerato il limite di accettabilità». E dove non è arrivato l’uomo, ci ha pensato il Grande Fiume: «Da Piacenza a Pontelagoscuro, nel Ferrarese, la portata del Po è raddoppiata e questo ha consentito una maggiore diluizione degli idrocarburi ». E pure il sole di sabato ha dato una mano, «facendo evaporare buona parte della macchia» spiega Mariano Carraro della Protezione civile del Veneto. Però, e su questo Egidi è perentorio, «non bisogna abbassare la guardia». Stamattina, alle foci del Po, un’imbarcazione dell’Arpa, la «Dafne», effettuerà una serie di prelievi per quantificare la presenza di idrocarburi, mentre la polizia provinciale terrà monitorata l’Isola dell’Amore, riserva faunistica di inestimabile valore. E il governatore del Veneto, Giancarlo Galan, in linea con quanto già deciso dal collega emiliano, Vasco Errani, ha annunciato che si costituirà parte civile «per i danni che ha causato o causerà il gravissimo inquinamento del Po».

I punti critici, ora, sono due. Uno è a nord, sopra l’Isola Serafini, in pratica nel Lambro, dove, come ha spiegato Nicola Dell’Acqua, coordinatore dell’unità di crisi, «si è cominciato a ripulire le sponde dal catrame, anche se si renderà poi necessaria una bonifica più completa». Per il fiume il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, ha anche annunciato un primo stanziamento di 20 milioni di euro. L’altra area sotto osservazione è, ovviamente, il Delta. Le prime valutazioni da parte di Legambiente sono incoraggianti: «Non si registrano danni agli uccelli o morie di pesci, e già questo è fondamentale— afferma Marino Rizzati, responsabile per il Po ferrarese —. Vongole e cozze? Per quelle bisognerà attendere 15-20 giorni: molto dipenderà dalle condizioni meteo e dalle correnti...». Oggi, come da secoli, a Goro i pescatori andranno per mare: e saranno loro le migliori sentinelle contro la macchia.


Fonte: Corriere.it - scarica il pdf del corriere della sera
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