Venti siti pornografici. Giampaolo Lavagetto li avrebbe visitati migliaia di volte, quando era assessore alle Politiche per la scuola, tramite un telefonino di servizio assegnato dal Comune di Parma. Per questo il pm Roberta Licci ha chiesto il rinvio a giudizio dell'ex amministratore, in corsa per il Pdl alle prossime elezioni regionali. L'accusa è di peculato. In totale - come ormai appurato - col suo cellulare wap Lavagetto totalizzò 91mila e 381 euro di connessioni internet. Impossibile, al momento, sapere se l'intera cifra sia ascrivibile alla 'navigazione' a luci rosse. In ogni caso, tramite una transazione concordata nei mesi scorsi tra Telecom e il Comune, la somma da sborsare venne ridotta a 408,93 euro. La società di telefonia accettò infatti di convertire la tariffazione 'a consumo' con una formula più economica, riducendo enormemente le proprie pretese economiche. I residui 408 euro, però, pesano ancora sulle casse pubbliche.
Le telefonate in 'libertà' di Lavagetto risalgono al periodo ottobre 2008 - gennaio 2009. Secondo la procura di Parma, sulla scorta di un consulente nominato del pm Licci, le connessioni web furono almeno 109.877. "Le occasioni - spiega più in generale Gerardo Laguardia, capo della Procura di Parma - furono comunque ripetute e numerosissime". Spesso e volentieri le capatine online di Lavagetto avevano siti hot come meta. "Sono invece da escludere connessioni a portali web pedopornografici" ha specificato Gerardo Laguardia, procuratore capo di Parma, che ha aggiunto: "Immagino già l'obiezione sui tempi della richiesta di rinvio a giudizio, ma purtroppo ci sono stati inconvenienti tecnici e burocratici che ne hanno fatto slittare il deposito".
Il riferimento è alle ricorrenti polemiche sulla cosidetta 'giustizia a orologeria', pronta a colpire - secondo alcuni - a ridosso di appuntamenti elettorali. Fra un mese, infatti, si tornerà alle urne per le regionali e Lavagetto - attualmente consigliere provinciale del Pdl - è candidato al 'parlamentino' dell'Emilia Romagna tra le file berlusconiane. La vicenda delle telefonate era esplosa un anno fa, prioprio a ridosso della candidatura di Lavagetto alla presidenza della Provincia di Parma.
Richiesta anche per il sindaco di Salso
Stesso atto la Procura di Parma ha depositato per Massimo Tedeschi e Caudio Malavasi, sindaco di Salsomaggiore e comandante della Polizia municipale delle Terre Verdiane. i: i vigili avrebbero accompagnato il primo cittadino in un'officina di Modena scortando la sua auto di proprietà. Un viaggio, quindi, non di servizio. E anche in questo caso l'accusa è di peculato.
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Le telefonate in 'libertà' di Lavagetto risalgono al periodo ottobre 2008 - gennaio 2009. Secondo la procura di Parma, sulla scorta di un consulente nominato del pm Licci, le connessioni web furono almeno 109.877. "Le occasioni - spiega più in generale Gerardo Laguardia, capo della Procura di Parma - furono comunque ripetute e numerosissime". Spesso e volentieri le capatine online di Lavagetto avevano siti hot come meta. "Sono invece da escludere connessioni a portali web pedopornografici" ha specificato Gerardo Laguardia, procuratore capo di Parma, che ha aggiunto: "Immagino già l'obiezione sui tempi della richiesta di rinvio a giudizio, ma purtroppo ci sono stati inconvenienti tecnici e burocratici che ne hanno fatto slittare il deposito".
Il riferimento è alle ricorrenti polemiche sulla cosidetta 'giustizia a orologeria', pronta a colpire - secondo alcuni - a ridosso di appuntamenti elettorali. Fra un mese, infatti, si tornerà alle urne per le regionali e Lavagetto - attualmente consigliere provinciale del Pdl - è candidato al 'parlamentino' dell'Emilia Romagna tra le file berlusconiane. La vicenda delle telefonate era esplosa un anno fa, prioprio a ridosso della candidatura di Lavagetto alla presidenza della Provincia di Parma.
Richiesta anche per il sindaco di Salso
Stesso atto la Procura di Parma ha depositato per Massimo Tedeschi e Caudio Malavasi, sindaco di Salsomaggiore e comandante della Polizia municipale delle Terre Verdiane. i: i vigili avrebbero accompagnato il primo cittadino in un'officina di Modena scortando la sua auto di proprietà. Un viaggio, quindi, non di servizio. E anche in questo caso l'accusa è di peculato.
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STEFANIA IACC (UTENTE FACEBOOK)