MILANO - Le mani della mafia sulla Borsa. Dopo i cantieri edili, è stata scoperta una nuova, insidiosa forma di infiltrazione mafiosa nell'economia legale. Obbedendo agli ordini del clan, alcuni promotori finanziari gonfiavano e sgonfiavano artificiosamente i prezzi dei titoli sul mercato, attivandosi con operatività frenetiche e coinvolgendo negli acquisti e nelle vendite numerosi ignari investitori. I finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Milano, con un'operazione partita 4 anni fa, hanno indagato 18 persone, alle quali martedì è stato notificato l'avviso di conclusione indagini, che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. I reati contestati sono di associazione per delinquere finalizzata all'insider trading e all'aggiotaggio, con l'aggravante della transnazionalità.
IL TITOLO INFINEX - I 18 indagati italiani, tra cui figurano anche promotori finanziari (alcuni dei quali peraltro abusivi) e/o dipendenti di società di intermediazione mobiliare, operavano attraverso sofisticate tecniche di Borsa su mercati regolamentati italiani o stranieri, con lo scopo di truffare i risparmiatori attraverso una serie di illeciti tipici del cosiddetto «market abuse». Dal 2004 al 2008 hanno manipolato, attraverso informazioni privilegiate e/o false, l'andamento del titolo «Infinex», quotato all'Over the counter della Borsa statunitense e al mercato regolamentato di Brema e Berlino. Ricevevano dai boss Roberto e Antonio Papalia, soci della Infinex Ventures Inc., «informazioni privilegiate sulle compravendite in corso degli assets della società». Le informazioni, talora false, servivano a pilotare la movimentazione dei titoli, «anche servendosi di banche svizzere», ai danni sia degli stessi istituti di credito, sia dei risparmiatori. L'avviso di chiusura delle indagini giunge a conclusione dell'operazione «Texada», durata quattro anni, ramo di una più vasta inchiesta che ha visto protagonisti gli affiliati alla nota famiglia mafiosa dei Rizzuto, con base in Canada e Usa: alcuni arresti sono stati già eseguiti arresti nell'ottobre 2007 nell'ambito dell'operazione «Gold Moustache».
LA FALSA MINIERA D'ORO - Per esempio, nel gennaio 2006 gli indagati hanno contribuito a divulgare l'informazione privilegiata, poi rivelatasi falsa, che la società Infinex «avrebbe acquisito il 50% dei diritti appartenenti a tale Francesco Rodolfo, di estrazione di oro in una grossa miniera in territorio cileno, notizia effettivamente divulgata apparsa sulla rete internet come notizia spam, rivelatasi falsa». A reggere le fila dei meccanismi erano i boss Papalia, che decidevano i valori e le quantità delle movimentazioni del titolo concordando con gli altri presunti membri dell'associazione a delinuere «gli interventi economici in ordine alle operazioni di accumulo e dismissione del titolo, in modo da assicurarsi i proventi derivati dalle operazioni di manipolazione».
IL TENTATIVO SU MILANO - Il profitto degli indagati e dei loro mandanti, nei quattro anni di manipolazione del titolo «Infinex», ammonta a circa 15 milioni di euro, veicolati - attraverso l'apertura di conti correnti in Svizzera - nelle casse canadesi dei boss. Tra gli indagati figurano alcuni personaggi già noti alle cronache per avere in passato abusivamente sollecitato il pubblico risparmio su alcuni investimenti, rivelatisi in seguito una truffa. Gli indagati avevano tentato, senza riuscirvi, di acquisire il controllo di una Società di intermediazione mobiliare (Sim) milanese. La chiusura dell'inchiesta è stata resa possibile anche grazie al proficuo rapporto di collaborazione intrattenuto con la Rcmp (Reale Polizia a cavallo Canadese) e con la Polizia Cantonale del Ticino della Confederazione Elvetica.
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