ROMA - L'opposizione

"Il punto è che al questione della tutela dei minori non può essere utilizzata solo quando fa comodo. - commenta Giuseppe Giulietti, deputato del Gruppo Misto, che insieme a Paolo Gentiloni (Pd) e a due esponenti dell'Udc e dell'Idv ha tenuto qualche giorno fa una conferenza stampa proprio per contestare punto per punto il decreto Tv e chiedere che della delicata materia venga investito il Parlamento - Se si vogliono tutelare davvero i bambini e i ragazzi bisognerebbe piuttosto vietare gli spot su tutte le trasmissioni a loro dedicate, soprattutto gli spot 'non dichiarati'. E invece tale divieto viene introdotto solo per i bambini, e non per gli adolescenti, fascia d'età altrettanto delicata. Una norma di questo tipo invece regola solo la distribuzone dei soldi".
La norma è quasi altrettanto severa con i film vietati ai minori di 14 anni, che "non possono essere trasmessi, sia in chiaro che a pagamento, né forniti a richiesta, sia integralmente che parzialmente, prima delle ore 22.30 e dopo le ore 7.00". Disposizione che impedirà la trasmissione in prima serata di film come "La febbre del sabato sera", ben lontani dalla pornografia.
Sky ha in Italia cinque canali a pagamento con contenuti per adulti che finora hanno trasmesso regolarmente in orario diurno: i proventi annui sono di circa 45 milioni di euro. Ma non è la sola emittente ad avere investito sul filone porno: Conto Tv, per esempio, divide le sue trasmissioni tra sport e programmi per adulti. "Il decreto viola la libertà personale", afferma in un'intervista all'agenzia Bloomberg Marco Crispino, amministratore delegato di Conto Tv. L'emittente, spiega Crispino, "sta andando piuttosto bene, ma se fermano le trasmissioni questo ci danneggerà economicamente. Noi abbiamo fatto investimenti, acquistato diritti di diffusione". Non commenta invece Sky Tv, che continua a mantenersi defilata dalla vicenda, nonostante sia stata chiamata in causa, soprattutto per i nuovi tetti agli spot pubblicitari, anche dalle proteste del centrosinistra.
Alle quali si aggiunge anche quella di Luca Barbareschi, che dal primo momento si è schierato contro il decreto Tv, e anche ieri ha dichiarato che "le norme devono essere cambiate, perché sono una follia". "Noi non possiamo approvare regole che favoriscono una persona", ha dichiarato senza mezzi termini, (il riferimento non può che essere al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, in quanto proprietario di Mediaset). Nei giorni precedenti anche Google aveva espresso la sua preoccupazione per il decreto.
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