MILANO — Nomi barrati. Sotto tiro. Nomi a cui si aggiungono sempre se e sempre ma. Combattuti da una parte politica e dall’altra. Ma questa volta Milano vuole giocare la partita fino in fondo. A dieci anni dalla morte, il sindaco Letizia Moratti ha deciso di intitolare una via o un giardino a Bettino Craxi. Lo farà subito prima o subito dopo il 19 gennaio, quando lo stesso presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ricorderà il leader socialista con una cerimonia al Senato. L’iniziativa milanese è destinata a creare nuove feroci polemiche, ma questa volta si inserisce in un contesto storico diverso che vede la progressiva rivalutazione della figura di Craxi statista. A partire dalle iniziative del Capo dello Stato. I tecnici comunali milanesi della Toponomastica sono già al lavoro: hanno individuato quattro o cinque aree, le più vicine possibili al centro. Una via, o molto più probabilmente un parco come è stato fatto per Don Giussani a cui è stato dedicato parco Solari.
Il sindaco ne ha già parlato con la famiglia, con Stefania, con Bobo. È fermamente convinta che sia il giusto riconoscimento «per un uomo che ha dato una svolta al Paese». Quasi una promessa mantenuta. «Sono sicura che la Moratti renderà giustizia a Craxi» aveva detto la figlia Stefania un anno fa. Adesso il ricordo di Craxi diventerà tangibile a Milano. La cronaca, però, consiglia prudenza. La storia dell’intitolazione di una targa o di una via a Craxi nella «sua» Milano arriva da lontano. Costellata da polemiche durissime. Di passi in avanti e di marce indietro. Tante le lettere che la figlia Stefania ha scritto all’ex sindaco, Gabriele Albertini chiedendo che la città ricordasse suo padre. La prima nel 2002. L’ultimo intervento nel 2008 quando si rivolse direttamente alla Moratti con la richiesta di «una grande via o in alternativa di un parco dove giocano i bimbi».
In mezzo, contestazioni durissime. Come quando si arrivò a un soffio dall’apporre una targa sul portone dell’ufficio di Craxi in piazza Duomo 19. Dopo il via libera della giunta di centrodestra arrivò la sonora bocciatura del Consiglio comunale. Non se ne fece niente. Conseguenza anche delle parole scolpite nel marmo dall’ex pool di Mani Pulite: «Va bene una targa a Craxi — aveva detto Antonio Di Pietro— Basta che si aggiungano le cariche che aveva quando era in vita: politico e latitante». «Non mi meraviglio più di niente — era stato il commento di Gerardo D’Ambrosio — È perfettamente coerente con la politica del centrodestra delegittimare Mani Pulite. E guarda caso: la targa a Craxi non si mette in un posto qualunque, ma sotto l’ufficio dove venivano ricevute le tangenti».
Senza contare che anche la Lega si mise di traverso: «Ero rimasto che le targhe si mettevano per gli eroi, per chi dava qualcosa al Paese non per chi prendeva qualcosa» era stato il commento di Matteo Salvini. Ci ha provato anche Vittorio Sgarbi nel suo mandato di assessore alla Cultura. Mise il nome di Craxi in un pacchetto di nuove vie milanesi. Altra bufera. Con la Moratti a fare da pompiere. «I nomi devono essere condivisi. Penso anche che per le personalità politiche l’attesa di dieci anni dalla morte sia corretta». Il 19 gennaio 2010 sono dieci anni esatti dalla morte di Craxi.
C'era una volta, un Craxi a cui intitolavano monetine in testa
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Il sindaco ne ha già parlato con la famiglia, con Stefania, con Bobo. È fermamente convinta che sia il giusto riconoscimento «per un uomo che ha dato una svolta al Paese». Quasi una promessa mantenuta. «Sono sicura che la Moratti renderà giustizia a Craxi» aveva detto la figlia Stefania un anno fa. Adesso il ricordo di Craxi diventerà tangibile a Milano. La cronaca, però, consiglia prudenza. La storia dell’intitolazione di una targa o di una via a Craxi nella «sua» Milano arriva da lontano. Costellata da polemiche durissime. Di passi in avanti e di marce indietro. Tante le lettere che la figlia Stefania ha scritto all’ex sindaco, Gabriele Albertini chiedendo che la città ricordasse suo padre. La prima nel 2002. L’ultimo intervento nel 2008 quando si rivolse direttamente alla Moratti con la richiesta di «una grande via o in alternativa di un parco dove giocano i bimbi».
In mezzo, contestazioni durissime. Come quando si arrivò a un soffio dall’apporre una targa sul portone dell’ufficio di Craxi in piazza Duomo 19. Dopo il via libera della giunta di centrodestra arrivò la sonora bocciatura del Consiglio comunale. Non se ne fece niente. Conseguenza anche delle parole scolpite nel marmo dall’ex pool di Mani Pulite: «Va bene una targa a Craxi — aveva detto Antonio Di Pietro— Basta che si aggiungano le cariche che aveva quando era in vita: politico e latitante». «Non mi meraviglio più di niente — era stato il commento di Gerardo D’Ambrosio — È perfettamente coerente con la politica del centrodestra delegittimare Mani Pulite. E guarda caso: la targa a Craxi non si mette in un posto qualunque, ma sotto l’ufficio dove venivano ricevute le tangenti».
Senza contare che anche la Lega si mise di traverso: «Ero rimasto che le targhe si mettevano per gli eroi, per chi dava qualcosa al Paese non per chi prendeva qualcosa» era stato il commento di Matteo Salvini. Ci ha provato anche Vittorio Sgarbi nel suo mandato di assessore alla Cultura. Mise il nome di Craxi in un pacchetto di nuove vie milanesi. Altra bufera. Con la Moratti a fare da pompiere. «I nomi devono essere condivisi. Penso anche che per le personalità politiche l’attesa di dieci anni dalla morte sia corretta». Il 19 gennaio 2010 sono dieci anni esatti dalla morte di Craxi.
C'era una volta, un Craxi a cui intitolavano monetine in testa
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