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Scudo fiscale, sull'evasione tornano i timori del Quirinale

MILANO - Il Quirinale accenderà sicuramente i riflettori sul nuovo provvedimento per verificare se vi è stata una violazione degli accordi di luglio: grazie all'intervento del Presidente della Repubblica è stato possibile escludere dall'utilizzo dello scudo chi aveva già procedimenti penali in corso.

E su questo punto non pare vi siano stati ripensamenti, visto che l'Agenzia delle Entrate ha precisato che il riparo dello scudo non può partire prima del 15 settembre. I timori si estendono fino a Milano, soprattutto negli ambienti giuridici e della magistratura, dove si sta cercando di capire quali possono essere gli effetti dell'allargamento delle maglie dello scudo. E verificare se non possa venire intaccato qualche procedimento in corso. In generale, comunque, si chiede più tempo per analizzare in dettaglio il testo finale del provvedimento e valutare con attenzione quali reati alla fine sono stati inclusi nel colpo di spugna fiscale.

Prima dell'emendamento Fleres le perplessità sull'esito finale dello scudo avevano investito anche i collaboratori del ministro Tremonti e venivano riportate da alcuni banchieri sulla piazza milanese. Le considerazioni erano di tipo economico. Con l'instabilità dei mercati che progressivamente viene meno quali sono gli stimoli a far rientrare i capitali al costo del 5%? Per fugare i dubbi gli uomini del ministro Tremonti ce l'hanno messa tutta facendo emergere liste di evasori già in mano all'Agenzia delle Entrate, l'abolizione dei paradisi fiscali, il dissolvimento del segreto bancario svizzero e così via.

Buon ultimo è arrivato il colpo di spugna sul falso in bilancio e sulle false o inesistenti fatturazioni: un modo concreto per convincere gli imprenditori più riottosi a riportare tutto in Italia. In pratica, dicono gli esperti, si consente a chi ha accumulato risorse in nero all'estero a riportarle in Italia senza il rischio di incorrere in provvedimenti della magistratura. La misura riguarda in particolar modo piccoli e medi imprenditori che con il sistema della sovra o sotto fatturazione (o della fattura inesistente) hanno portato capitali all'estero.

Adesso le aziende hanno bisogno di quei capitali altrimenti rischiano la chiusura, così il Fisco chiude un occhio. Senza toccare però i reati che riguardano l'Iva perché questa è considerata una risorsa dell'Europa e la Ue vieta espressamente sanatorie su questo fronte.
Di certo dal punto di vista del sistema nel suo complesso, il messaggio che viene fatto passare dal governo è molto pericoloso. "In Italia sta scomparendo il diritto penale e anche il meccanismo della sanzione - dice un emerito giurista - tutto il diritto penale sta diventando un problema di soldi, come la crescita dei patteggiamenti sta lì a dimostrare".

Bisognerà comunque leggere bene i provvedimenti finali per capire se il terzo scudo fiscale targato Tremonti infliggerà un duro colpo alla magistratura inquirente. È vero, infatti, che tutta la documentazione sul rientro dei capitali non potrà più essere utilizzata dalle procure come prova dei reati; ma è anche vero che i reati più importanti non vengono coperti dallo scudo. L'appropriazione indebita, la bancarotta fraudolenta, l'aggiotaggio, il riciclaggio, non sono messi in discussione. Al contempo è anche vero che l'emendamento Fleres allarga le maglie dell'impunibilità estendendo ai professionisti, oltre che agli intermediari, l'esonero dalla segnalazione sui capitali di dubbia provenienza.

Dunque si vedrà, entro metà dicembre, se l'esito dello scudo sarà quello sperato dal ministro Tremonti o se prevarranno i timori sul sistema Italia. Le fiduciarie milanesi sono pronte ad accogliere il ritorno dei capitali. Se fossero 150 miliardi (il 25% dei 600 detenuti illegalmente all'estero) l'introito per le casse dello stato ammonterebbe a ben 7,5 miliardi: musica per le orecchie di Tremonti.

Fonte: Repubblica
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