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Allo scontro con il premier si sommano l e tensioni nella Chiesa cattolica

La sagoma di Silvio Berlusconi rimane come emblema delle tensioni con la Chiesa cattolica, amplificate dalla stampa internazionale. Ma viene affiancata da quelli che appaiono malintesi, se non contrasti, fra Cei e Segreteria di Stato vaticana. Le ultime ore accreditano un episcopato deciso nella difesa di Avvenire:

al punto che lo stesso arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, si è schierato senza riserve col direttore, Dino Boffo. La distinzione fisiologica dei ruoli fra Tarcisio Bertone, «capo del governo» della Santa Sede, e la Cei di Angelo Bagnasco tuttora in buona parte «ruiniana», rischia però di incrinare questa immagine. Dietro si avverte l’eco non ancora spenta del dualismo fra Bertone e Camillo Ruini, teorico puntuto del primato dei vescovi nei rapporti con l’Italia. Si accentua di rimbalzo la figura di Bertone come sostenitore di un dialogo con il governo affidato al Vaticano, mentre la Cei di Bagnasco sceglie di fare quadrato, convinta di non avere alternativa.

Si tratta di una divisione di compiti e di ruoli fra Santa Sede e Chiesa italiana. Eppure, in un momento così difficile finisce per suggerire una divergenza. Anche esagerandola, perché Bertone ha telefonato a Boffo esprimendogli una forte solidarietà. I rapporti con Palazzo Chigi diventano il terreno sul quale si scaricano pulsioni che nei partiti si definirebbero correntizie. Ma quelle che arrivano da oltre Tevere seguono logiche esterne alla politica. Appaiono tutte interne ai rapporti di forza in Vaticano, e fra Santa Sede e Cei. Ad affiorare è, di nuovo, il problema di chi debba dialogare con lo Stato italiano. Finora, il braccio di ferro è rimasto sotto traccia: dopo l’uscita di scena di Ruini, il baricentro si è spostato progressivamente verso la Segreteria di Stato come referente delle istituzioni repubblicane.

E Bertone ha mostrato un attivismo ed una capacità di dialogo e dimediazione instancabili, interrotti bruscamente la settimana scorsa con l’annullamento della cena con Berlusconi all’Aquila. Nonostante quella decisione più o meno obbligata e concordata, però, il Vaticano ha fatto di tutto per evitare che le polemiche assumessero dimensioni ufficiali. La Segreteria di Stato teme infatti che le tensioni col premier espongano la Cei all’abbraccio strumentale della sinistra; e logorino i rapporti con il governo. Nell’ottica vaticana, il centrodestra guidato dal Cavaliere è un alleato senza alternative. Dunque, l’obiettivo è difendere Boffo e Avvenire senza però compromettere le buone relazioni con Palazzo Chigi.

Per questo l’Osservatore Romano non si è mai occupato delle vicende private del premier, e il direttore Gian Maria Vian ha rivendicato la scelta di non farlo. Ma, al di là delle intenzioni, l’approccio collide con quello dei vescovi. L’uscita pubblica di Tettamanzi contro la lettera anonima usata per attaccare Boffo è significativa. I vertici episcopali sembrano convinti che i rapporti con il presidente del Consiglio non possano significare silenzio di fronte a quella che considerano un’intimidazione. E, pur tenendosi a distanza dall’opposizione, non abbassano i toni. La sensazione è quella di una Cei percorsa da qualche spinta centrifuga, nonostante tutto.

L’ambiguità di alcune prese di posizione minori a difesa del direttore di Avvenire segnalano come minimo un comprensibile disorientamento. Per paradosso, è più compatto il fronte berlusconiano che ha pianificato una guerra con ogni mezzo a chi critica il Cavaliere. Ma il nuovo capitolo della vicenda che apparirà oggi sulle pagine del quotidiano cattolico promette di preludere ad altre polemiche; e forse a nuove tensioni anche interne. Non è facile prevedere quando e come qualcuno riuscirà a riprendere il controllo della situazione; né fino a che punto cambieranno i rapporti con Berlusconi. Ma certo, stanno cambiando nella geografia del potere vaticano. Anzi, non è escluso che siano la conseguenza di un conflitto in corso, e magari già concluso.
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