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Quell’«aiutino» milionario del Superenalotto alla Sicilia

Nelle prime settimane di agosto la norma contenuta in una legge del 1993 ha fatto entrare nelle casse di Lombardo 2,7 milioni di euro

Perché mai alla Sicilia (e solo alla Sicilia) va un ottavo di tutti gli incassi delle giocate al Superenalotto fatte nell’isola? Perché mai lo Stato non è altrettanto generoso con Lombardia, Toscana o Molise e neppure con le altre regioni a statuto speciale?

La domanda, venata di irritazione, ha dilagato ieri on-line non appena è comparsa la notizia: l’erario lascia alla Regione il 12,25% della raccolta locale.

Un privilegio che ha consentito all’ente go­vernato da Raffaele Lombardo di incassare soltanto in queste prime settimane d’agosto 2,7 milioni di euro. Quasi quanto il governo ha distribuito in tutto il 2008 alle organizza­zioni di assistenza umanitaria con l’8 per mil­le. La notizia, a dire il vero, è l'ennesima di­mostrazione di quanto sia stato geniale, a suo tempo, il lancio sulla Settimana enigmi­stica di una fortunatissima rubrica:

«Forse non tutti sanno che...». Dove da decenni si diffondono alla rinfusa le cose più curiose: «Forse non tutti sanno che... il canguro può fare salti di nove metri!», «Forse non tutti sanno che... Antonio Gramsci era alto un me­tro e mezzo». «Forse non tutti sanno che... il tennista Rafael Nadal ha vinto su terra 60 par­tite consecutive». Cose così: note agli specia­listi ma ignorate dal grande pubblico, che se le beve come ovetti freschi di giornata.

Spiegano dunque le agenzie che lo Stato incassa il 49,5% delle somme gioca­te agli sportelli Sisal di tutta l’Italia tranne al di là dello Stretto di Mes­sina dove questa sua percentuale scende a poco più del 37% dato che in base all’articolo 6 della leg­ge 599 del 1993 e del successivo de­creto 11 giugno 2009 («Misure per la regolamentazione dei flussi fi­nanziari connessi all’Enalotto») de­ve lasciare il 12,25% delle somme giocate nell’isola alla Regione. La quale incas­sa i soldi in aggiunta alla quota di diritto fis­so (0,052 euro per ogni colonna giocata) e al­l’aggio delle ricevitorie (8% della raccolta). «Una somma non di poco conto, visto che dalla Sicilia arriva il 6,8% circa della raccolta nazionale», precisa l’Agi. Visto che da genna­io ad oggi i siciliani hanno giocato oltre 143 milioni, «a Palazzo d’Orléans sono arrivati circa 15,6 milioni nel 2009, e già 2,7 milioni nel solo mese di agosto». Eppure forse non tutti sanno che l’articolo 6 di quella legge del 1993, in realtà, non riguarda solo l’Enalotto ma tutte «le riscossioni dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici riservati allo Stato a norma dell’articolo 1 del decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496». Vale a dire che le pub­bliche casse girano alla Regione, stando alle norme, un ottavo di tutti gli incassi siciliani di tutti i giochi di questo genere.

C’è chi dirà che è giusto. Che si tratta di una cosa che alla Sicilia spetta perché il parla­mento isolano «è il più antico d’Europa», per­ché lo Statuto di Autonomia è nato prima del­la Costituzione italiana e magari perché la Si­cilia «avrebbe potuto diventare la 49 a stella della bandiera americana» come voleva il Partito per la Ricostruzione, che verso la fine della Seconda Guerra mondiale era arrivato ad avere oltre 40.000 iscritti dando battaglia per l’annessione della Sicilia agli Stati Uniti. Per non dire del «risarcimento» storico che sarebbe dovuto all’isola per lo sbarco di Garibaldi e dei Savoia, che qualche siciliani­sta fanatico ha ribattezzato sul web «na­zi- piemontesi».

Che la Sicilia sia economicamente nei guai è difficile da contestare. Il tasso di disoccupa­zione è doppio rispetto a quello nazionale, il 39, 3% dei giovani sotto i 24 anni non riesce a trovare lavoro, il tasso di attività (51,2%) è il più basso in Italia, le famiglie che secondo l’Istat sono ai limiti dell’indigenza sono qua­si una su tre e perfino il turismo, che secon­do prima Prodi e poi Berlusconi avrebbe do­vuto fare della Trinacria «la Florida d’Euro­pa », riusciva ad offrire nel 2007, ha scritto Maria Marchese, «appena 36,1 posti letto su 1.000 abitanti contro i 75,2 posti offerti dal­­l’Italia, e ad attrarre appena 2,9 giornate di presenze annue per abitante, contro una me­dia nazionale di 6,2». La scoperta di quella «quota superEnalotto» unica ed esclusiva, tuttavia, per quanto fosse già nota alla cer­chia ristretta degli addetti ai lavori, rischia di rilanciare una polemica che in questi mesi si è fatta via via più accesa non solo con il Nord (dove gli anti-meridionalisti hanno ora un nuovo spunto di polemica) ma con le altre regioni del Sud. Regioni che per bocca di vari amministratori, dal campano Antonio Basso­lino al pugliese Nichi Vendola, dal calabrese Agazio Loiero al lucano Vito De Filippo han­no già storto il naso su troppi «aiutini» fatti avere negli ultimi mesi dal governo di destra alla sua roccaforte isolana capace di regalarle anni fa il famoso «cappotto» di 61 parlamen­tari su 61.

Prima il regalo di 140 milioni a Catania per tamponare la catastrofe finanziaria comu­nale... Poi i 180 milioni a fondo perduto per ripianare i debiti di Palermo... Poi il via libe­ra di Roberto Calderoli alla pretesa della Re­gione («o passa la norma, o facciamo saltare il tavolo», chiarì l’allora assessore al bilan­cio) di trattenere sull’isola il gettito delle acci­se sui prodotti petroliferi, cosa che per ora è sospesa ma garantirebbe alla Sicilia nuovi in­troiti per circa 8 miliardi l’anno... Poi lo sbloc­co dei famosi 4 miliardi di fondi Fas, sblocco deciso per arginare l’offensiva sul Partito del Sud ma non concesso alle altre regioni che reclamano lo stesso trattamento... Non sarà facile, per Raffaele Lombardo, spiegare ai suoi stessi colleghi perché la sua regione deve avere questo trattamento «spe­ciale ».

Corriere.it G. Stella

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