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L'antimafia delle parole: Berlusconi non scioglie il comune Fondi

Smentire i magistrati è tra le più antiche consuetudini del premier. Ma smentire il ministro dell’Interno che gli siede accanto davanti alla telecamere, ancora non l’aveva fatto. Succede il 15 d’agosto, succede al Viminale e su un fatto – il caso Fondi, comune dell’agro pontino di cui è stato chiesto lo scioglimento per infiltrazioni mafiose da oltre un anno

- che l’Italia in vacanza forse conosce poco ma è la spia di come viene gestita la sicurezza in questo paese. E di come la Lega si preoccupi di arrestare i clandestini ma poi giri la testa dall’altra parte quando il nemico sono le mafie e la criminalità organizzata.

Quest’anno il premier in crisi di credibilità e di modi con cui impiegare il tempo libero, ha voluto condividere con il ministro dell’Interno Roberto Maroni il bilancio di Ferragosto sulla sicurezza. Si è presentato al fianco del ministro leghista anche per ribadire che la politica della sicurezza, tema che premia molto negli umori del paese, non è solo made in Carroccio ma anche opera sua. Ed ecco che tra le meraviglie del governo il premier non ha avuto difficoltà a dire che «il comune di Fondi non sarà sciolto poiché molti ministri, nelle riunioni del Consiglio dei ministri, hanno fatto notare che nessun componente della giunta e del consiglio comunale è stato toccato da un avviso di garanzia».

Non serve, quindi, un provvedimento così estremo e traumatico come quello dello scioglimento del consiglio comunale che comporta le dimissioni della giunta, del sindaco e, soprattutto, di tutti gli incarichi legati all’amministrazione. Boom, nel senso che Berlusconi non poteva spararla più grossa come del resto il ministro Maroni, seduto accanto a lui, sa bene visto che a febbraio 2009 ha chiesto lo scioglimento del comune di Fondi per infiltrazioni mafiose.

L’enormità dell’affermazione del premier necessita una cronistoria. Nel settembre 2008 il prefetto di Latina Bruno Frattasi ha chiesto l’accesso al comune di Fondi guidato da un sindaco del Pdl Luigi Parisella. Il risultato, dopo due mesi, sono 500 pagine che spiegano il livello delle infiltrazioni di camorra e ‘ndrangheta nell’agro pontino. La relazione si basa soprattutto sulle rivelazioni di Riccardo Izzi l’ex assessore ai lavori pubblici del comune che ha raccontato per filo e per segno come i clan della camorra e della ‘ndrangheta si sono divisi le attività commerciali di Fondi dove si trova il più grosso mercato ortofrutticolo del sud Europa.

La relazione di Frattasi arriva al Viminale in ottobre ma occorrono mesi – arriviamo fino al febbraio 2009 – perché il ministro Maroni condivida l’analisi del prefetto e chieda, a sua volta, lo scioglimento del comune. Ma interrogato dal Pd a Montecitorio il 18 maggio è costretto a dire: «Ho fatto quello dovevo ma non decido l’agenda». Infatti. L’agenda in questione, cioè il destino di Fondi, viene deciso probabilmente da altre parti.

Di sicuro uno molto attivo nella difesa del comune dell’agro pontino è il senatore Claudio Fazzone, 48 anni, astro nascente del Pdl nel basso Lazio, ex poliziotto, autista di Mancino quando era ministro dell’Interno, incarichi presso la presidenza del Consiglio negli anni novanta, di nuovo al fianco di Mancino quando diventa presidente del Senato. Nel pacchetto sicurezza – lo stesso che ha introdotto il reato di clandestinità – spunta anche una norma che modifica rendendoli più complessi i criteri di scioglimento degli enti locali per infiltrazioni mafiose.

In sei mesi, per un motivo o per l’altro, non c’è stata la volontà politica di sciogliere il comune. È stato preso tempo. Nell’ultimo consiglio dei ministri la scusa è stata proprio l’imminente entrata in vigore del pacchetto sicurezza. «Non sciolgo» ha detto Berlusconi. Maroni fa sapere, imbarazzato, «di aver incaricato il prefetto di svolgere nuovi accertamenti». Le opposizioni alzano barricate. I prefetti anche. La mafia fa affari. La Lega esulta per le ronde.

Fonte: Unità

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