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La Lega apre un nuovo fronte "Fiction in dialetto sulla Rai"

ROMA - Il palinsesto Rai visto dalla Lega Nord: ""Capri" in napoletano, "Il commissario Montalbano" in siciliano, "Gente di mare" in calabrese, "Nebbie e delitti" in emiliano, "Cuori rubati" in piemontese, "Un caso di coscienza" in friulano". E' un trionfo di dialetti, quello che Luca Zaia, ministro delle politiche agricole, senza alcuna voglia di scherzare, auspica per la tv pubblica.

Il tormentone estivo della Lega, riproposto in salsa televisiva. Intervistato da Klaus Davi, Zaia attacca la Rai che "non fa nulla per promuovere la cultura locale". E se la prende, anche lui, con RaiTre "un canale fortemente ideologizzato che si dedica al dibattito autoreferenziale della sinistra" invece di "dare spazio alle culture regionali", grazie alle quali, "gli ascolti schizzerebbero a livelli molto significativi".

Sulla Rai Zaia vedrebbe con piacere "presentare un programma in dialetto". E fa l'esempio di "quei programmi dove si presentano proprio la territorialità e i prodotti tipici, i piatti spiegati con l'idioma locale avrebbero altro gusto rispetto all'italianizzazione dei nomi di quei prodotti". Per arrivare, infine, a "estendere la cultura dialettale anche ai programmi di prima serata".

La bufera di reazioni è assicurata. A partire da quelle che arrivano dalla stessa maggioranza. Italo Bocchino è presidente vicario dei deputati del Pdl. Definisce "un'autentica fesseria la proposta di Zaia, da classificare come una boutade estiva, senza alcuna possibilità di applicazione". La linea, dunque, è quella delle parole in libertà. Nel Pdl, la segue anche Anna Maria Bernini, secondo la quale "la Lega, di questi tempi si diletta a misurarsi con il paradosso estivo".

L'opposizione prende sul serio le parole del ministro con Giorgio Merlo del Pd: "La tv pubblica non è secessionista. Zaia confonde ferragosto con carnevale".

Zaia non si tiene le critiche e risponde a tutti. A Merlo suggerisce di ripassare la storia di RaiTre, "ceduta al Pci in un contesto lottizzatorio e spartitorio e mai più restituita alla sua vocazione originaria: il racconto dei territorio, delle loro culture e delle loro società". E liquida così Bocchino: "Mi duole che si sia distratto mentre leggeva le mie considerazioni: se fosse come dice lui il mondo si sarebbe perso De Filippo, Belli e Porta". L'idea di Zaia, però, è bocciata anche dagli addetti ai lavori. "E' una sciocchezza - dice l'attore siciliano Lando Buzzanca - ormai dalla Lega mi aspetto di tutto". "Quella di Zaia mi sembra una provocazione - afferma la romana Nancy Brilli - francamente mi pare poco interessante".

Ma il florilegio di Zaia non è finito, perché, nella sua "ristrutturazione" della Rai, il ministro prevede che la tv pubblica "promuova i valori della famiglia e non veicoli la cultura gay o le unioni gay. La Rai non deve dare priorità al mondo omosessuale e alle sue istanze, bensì seguire le indicazioni del governo e promuovere la famiglia e i valori familiari attraverso i suoi programmi". Insorgono le associazioni gay. Franco Grillini, direttore di Gaynews: "Zaia vorrebbe una tv da Minculpop". E Aurelio Mancuso, presidente di Arcigay: "Il ministro ignora che in Italia vivono e pagano il canone milioni di persone omosessuali. Praticamente è fermo all'età del latifondo".

Fonte: Repubblica

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