
Il tormentone estivo della Lega, riproposto in salsa televisiva. Intervistato da Klaus Davi, Zaia attacca la Rai che "non fa nulla per promuovere la cultura locale". E se la prende, anche lui, con RaiTre "un canale fortemente ideologizzato che si dedica al dibattito autoreferenziale della sinistra" invece di "dare spazio alle culture regionali", grazie alle quali, "gli ascolti schizzerebbero a livelli molto significativi".
Sulla Rai Zaia vedrebbe con piacere "presentare un programma in dialetto". E fa l'esempio di "quei programmi dove si presentano proprio la territorialità e i prodotti tipici, i piatti spiegati con l'idioma locale avrebbero altro gusto rispetto all'italianizzazione dei nomi di quei prodotti". Per arrivare, infine, a "estendere la cultura dialettale anche ai programmi di prima serata".
La bufera di reazioni è assicurata. A partire da quelle che arrivano dalla stessa maggioranza. Italo Bocchino è presidente vicario dei deputati del Pdl. Definisce "un'autentica fesseria la proposta di Zaia, da classificare come una boutade estiva, senza alcuna possibilità di applicazione". La linea, dunque, è quella delle parole in libertà. Nel Pdl, la segue anche Anna Maria Bernini, secondo la quale "la Lega, di questi tempi si diletta a misurarsi con il paradosso estivo".
L'opposizione prende sul serio le parole del ministro con Giorgio Merlo del Pd: "La tv pubblica non è secessionista. Zaia confonde ferragosto con carnevale".
Zaia non si tiene le critiche e risponde a tutti. A Merlo suggerisce di ripassare la storia di RaiTre, "ceduta al Pci in un contesto lottizzatorio e spartitorio e mai più restituita alla sua vocazione originaria: il racconto dei territorio, delle loro culture e delle loro società". E liquida così Bocchino: "Mi duole che si sia distratto mentre leggeva le mie considerazioni: se fosse come dice lui il mondo si sarebbe perso De Filippo, Belli e Porta". L'idea di Zaia, però, è bocciata anche dagli addetti ai lavori. "E' una sciocchezza - dice l'attore siciliano Lando Buzzanca - ormai dalla Lega mi aspetto di tutto". "Quella di Zaia mi sembra una provocazione - afferma la romana Nancy Brilli - francamente mi pare poco interessante".
Ma il florilegio di Zaia non è finito, perché, nella sua "ristrutturazione" della Rai, il ministro prevede che la tv pubblica "promuova i valori della famiglia e non veicoli la cultura gay o le unioni gay. La Rai non deve dare priorità al mondo omosessuale e alle sue istanze, bensì seguire le indicazioni del governo e promuovere la famiglia e i valori familiari attraverso i suoi programmi". Insorgono le associazioni gay. Franco Grillini, direttore di Gaynews: "Zaia vorrebbe una tv da Minculpop". E Aurelio Mancuso, presidente di Arcigay: "Il ministro ignora che in Italia vivono e pagano il canone milioni di persone omosessuali. Praticamente è fermo all'età del latifondo".
Fonte: Repubblica

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