Nell’ottobre 2009, il fotografo Oliviero Toscani l’aveva detto senza mezzi termini ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo: “Mi sono dimesso dall’incarico di assessore della giunta di Vittorio Sgarbi, a Salemi, perché mi sono reso conto che il contesto territoriale, che mi permetto di definire mafioso, non mi consentiva di operare in maniera libera e autonoma nell’amministrazione comunale”. Toscani mise a verbale un nome, quello di Giuseppe Giammarinaro, ex deputato regionale democristiano ed ex sorvegliato speciale, da sempre uno dei potenti della politica trapanese: “Partecipa alle riunioni della giunta – rivelò l’assessore dimissionario – Giammarinaro assume anche decisioni, senza averne alcun titolo”.
Adesso, le indagini della divisione anticrimine della questura di Trapani e dei finanzieri del nucleo di polizia tributaria dicono che Giammarinaro avrebbe continuato ad esercitare il suo potere politico non solo sul Comune di Salemi, ma soprattutto sulla sanità trapanese. Per questa ragione, il tribunale Misure di prevenzione di Trapani ha emesso un provvedimento di sequestro anticipato di beni nei confronti dell’esponente politico, così come proponeva il questore Carmine Esposito.
I sigilli sono scattati per un patrimonio da 35 milioni di euro: è costituito innanzitutto da undici società che gestiscono centri di analisi, di emodialisi e di fisiotetapia, poi anche case famiglie e centri per anziani. Secondo la magistratura, un impero economico costruito attraverso una rete di prestanome. Il provvedimento del tribunale riguarda anche conti correnti, appartamenti, terreni e auto di lusso.
Nel 2000, l'esponente politico era stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, ma adesso il tribunale di Trapani ritiene che le nuove indagini, coordinate da Giuseppe Linares (l'ex capo della squadra mobile oggi a capo della divisione anticrimine), abbiamo messo in evidenza “nuovi indizi” di relazioni di Giammarinaro con Cosa nostra. Il collegio presieduto da Alessandra Camassa parla nel provvedimento di “metodo mafioso” che l’ex fedelissimo di Totò Cuffaro avrebbe usato nei suoi rapporti con gli amministratori del Comune di Salemi.
La scorsa estate, il sindaco Vittorio Sgarbi aveva litigato pubblicamente con Giammarinaro. La rottura era avvenuta sulla destinazione di alcuni fondi. Intanto, continuavano ad arrivare pesanti minacce di morte al primo cittadino di Salemi. Prima, una testa di maiale recapitata al comando di polizia municipale; poi, una carcassa di cane lasciata nei pressi dell’ufficio di gabinetto. Le indagini
della Procura antimafia di Palermo non sono mai riuscite a individuare gli autori delle intimidazioni, ma nel provvedimento di archiviazione il pm Carlo Marzella ha scritto: “E’ emerso un intenso e costante condizionamento dell’attività amministrativa del Comune di Salemi da parte di Giammarinaro”.
Emblematico, un episodio, scoperto grazie alle intercettazioni disposte dalla Procura. Il 16 ottobre 2009, l’assessore Caterina Bivona chiamò il sindaco Sgarbi per informarlo che la prefettura di Trapani sollecitava l’assegnazione di un terreno confiscato al boss Salvatore Miceli. Sul tavolo del primo cittadino c’erano le richieste di "Slow food" e dell’associazione "Libera". Ma Giammarinaro voleva che il bene andasse all’Aias: l’assessore lo disse chiaramente a Sgarbi.
In un’altra intercettazione, il vice sindaco Antonella Favuzza confida a un amico che il bilancio del Comune di Salemi è stato fatto a casa di Giammarinaro, dove l’assessore Bivona e il consigliere Lorenzo Bascone avrebbero portato i documenti dell’amministrazione per modificare alcuni capitoli di spesa.
Fra qualche giorno, il tribunale sarà chiamato a confermare il sequestro e a decidere su un’altra richiesta del questore di Trapani, che sollecita l’obbligo di soggiorno per Giammarinaro, fino al 2015.
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Fonte: Repubblica.it
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Adesso, le indagini della divisione anticrimine della questura di Trapani e dei finanzieri del nucleo di polizia tributaria dicono che Giammarinaro avrebbe continuato ad esercitare il suo potere politico non solo sul Comune di Salemi, ma soprattutto sulla sanità trapanese. Per questa ragione, il tribunale Misure di prevenzione di Trapani ha emesso un provvedimento di sequestro anticipato di beni nei confronti dell’esponente politico, così come proponeva il questore Carmine Esposito.
I sigilli sono scattati per un patrimonio da 35 milioni di euro: è costituito innanzitutto da undici società che gestiscono centri di analisi, di emodialisi e di fisiotetapia, poi anche case famiglie e centri per anziani. Secondo la magistratura, un impero economico costruito attraverso una rete di prestanome. Il provvedimento del tribunale riguarda anche conti correnti, appartamenti, terreni e auto di lusso.
Nel 2000, l'esponente politico era stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, ma adesso il tribunale di Trapani ritiene che le nuove indagini, coordinate da Giuseppe Linares (l'ex capo della squadra mobile oggi a capo della divisione anticrimine), abbiamo messo in evidenza “nuovi indizi” di relazioni di Giammarinaro con Cosa nostra. Il collegio presieduto da Alessandra Camassa parla nel provvedimento di “metodo mafioso” che l’ex fedelissimo di Totò Cuffaro avrebbe usato nei suoi rapporti con gli amministratori del Comune di Salemi.
La scorsa estate, il sindaco Vittorio Sgarbi aveva litigato pubblicamente con Giammarinaro. La rottura era avvenuta sulla destinazione di alcuni fondi. Intanto, continuavano ad arrivare pesanti minacce di morte al primo cittadino di Salemi. Prima, una testa di maiale recapitata al comando di polizia municipale; poi, una carcassa di cane lasciata nei pressi dell’ufficio di gabinetto. Le indagini
della Procura antimafia di Palermo non sono mai riuscite a individuare gli autori delle intimidazioni, ma nel provvedimento di archiviazione il pm Carlo Marzella ha scritto: “E’ emerso un intenso e costante condizionamento dell’attività amministrativa del Comune di Salemi da parte di Giammarinaro”.
Emblematico, un episodio, scoperto grazie alle intercettazioni disposte dalla Procura. Il 16 ottobre 2009, l’assessore Caterina Bivona chiamò il sindaco Sgarbi per informarlo che la prefettura di Trapani sollecitava l’assegnazione di un terreno confiscato al boss Salvatore Miceli. Sul tavolo del primo cittadino c’erano le richieste di "Slow food" e dell’associazione "Libera". Ma Giammarinaro voleva che il bene andasse all’Aias: l’assessore lo disse chiaramente a Sgarbi.
In un’altra intercettazione, il vice sindaco Antonella Favuzza confida a un amico che il bilancio del Comune di Salemi è stato fatto a casa di Giammarinaro, dove l’assessore Bivona e il consigliere Lorenzo Bascone avrebbero portato i documenti dell’amministrazione per modificare alcuni capitoli di spesa.
Fra qualche giorno, il tribunale sarà chiamato a confermare il sequestro e a decidere su un’altra richiesta del questore di Trapani, che sollecita l’obbligo di soggiorno per Giammarinaro, fino al 2015.
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