ROMA – Il ghigno alla Gordon Gekko è rimasto la maschera ufficiale di Wall Street, se è vero che, nonostante il crac del 2008, si continua a giocare con prodotti finanziari ad alto rischio. Stavolta non si chiamano subprime: dal Financial Stability Board è partito l’allarme sulle “potenziali vulnerabilità” della nuova categoria di prodotti finanziari sintetici chiamati Etf. Simultaneamente infatti si è registrato un vero e proprio boom di Asset backed securities (Abs) con prestiti garantiti dai flussi di cassa di una categoria di debito a rischio di mora molto alto.
Nel settembre del 2008 la bancarotta di Lehman Brothers fu il punto di svolta per otto milioni di americani rimasti senza lavoro nel grande crack finanziario che l’ha seguita, oltre ai nove milioni ai quali è stata pignorata l’abitazione e per l’economia di tutto il mondo.
L’ironia è che l’unica strada d’America in cui ci sono stati meno cambiamenti è proprio quella da cui tutto è partito, appunto Wall Street. Il settore finanziario si è contratto sì, ma i regolamenti attuativi della riforma del sistema finanziario siglata da Barack Obama nel luglio scorso, non sono entrati in vigore. Non solo. Nel frattempo nella finanza sono riemersi tre fattori che due anni fa portarono al grande crack: la liquidità, i prodotti e la propensione a correre rischi sempre più forti. Un dato è altamente significativo: la commissione che ha investigato sulle frodi miliardarie riceve un quinto dei finanziamenti che a suo tempo furono destinate per conoscere l’esatta natura dei rapporti tra Bill Clinton e Monica Lewinsky.
Martedì 19 aprile Hedge Fund Research ha infatti comunicato che il denaro amministrato dagli hedge fund ha sfondato per la prima volta nella storia il tetto dei 2mila miliardi di dollari. Superando di 72 miliardi il record precedente raggiunto nel giugno 2008. Insomma, per i fondi hedge tutto come prima. ”Le banche di investimento hanno bisogno di mettere a frutto i soldi ma mancano i business. Quindi stanno rientrando in settori difficili e pericolosi. E poiché c’è molto liquidità non si vagliano adeguatamente i rischi”, osserva al Sole 24 Ore, Stefano Ghersi, ex dirigente Nomura e poi gestore di un fondo.
Il 12 aprile scorso inoltre il Financial Stability Board, presieduto dal Governatore di Bankitalia Mario Draghi, ha lanciato formalmente l’allarme sulla “complessità e la relativa opacità della più nuova razza di Etf”, i cosiddetti Etf sintetici. Nel suo bollettino, il Fsb ha invitato le varie autorities nazionali a “prestare crescente attenzione perché in alcuni segmenti di mercato c’è un numero di sviluppi inquietanti… Gli Etf si sono infatti estesi in categorie di beni in cui liquidità e trasparenza sono tipicamente minori”.
La pensano diversamente gli analisti che recentemente hanno lanciato il loro allarme sull’esplosione degli Etf. A preoccuparli è il fatto che si stanno diffondendo tra gli investitori privati e che il loro straordinario successo possa spingere gestori disonesti a intascare i soldi degli investitori senza comprare le azioni o le commodities sottostanti.
“A me pare impossibile che vi siano titoli sufficienti per tutti gli Etf che circolano”, ha dichiarato Michael Lewitt, presidente di Harch Capital Management, autore del libro “Morte del capitale”. A lui ha fatto eco Bradley Kay, capo ricercatore per gli Etf europei di di Morningstars: “Gli Etf sulle commodity mi impensieriscono. Perché faccio fatica a pensare che ci siano così tante commodity sul mercato”.
Altri preoccupanti segnali vengono poi dai volumi di operazioni finanziarie ad alto rischio. Nei primi tre mesi del 2011 la percentuale dei prestiti istituzionali concessi senza vincoli a protezione del mutuante sono arrivati a rappresentare il 24% del totale. Cinque volte la percentuale registrata nel 2010. Si parla di circa 25 miliardi di dollari in prestiti istituzionali concessi senza vincoli protettivi e quindi a maggior rischio di mora. Una cifra decisamente inferiore al volume-record registrato nel 2007, ultimo anno di follia finanziaria quando i prestiti senza vincoli arrivarono a sfiorare i 100 miliardi. Ma la percentuale sul totale dei prestiti istituzionali è esattamente la stessa.
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Nel settembre del 2008 la bancarotta di Lehman Brothers fu il punto di svolta per otto milioni di americani rimasti senza lavoro nel grande crack finanziario che l’ha seguita, oltre ai nove milioni ai quali è stata pignorata l’abitazione e per l’economia di tutto il mondo.
L’ironia è che l’unica strada d’America in cui ci sono stati meno cambiamenti è proprio quella da cui tutto è partito, appunto Wall Street. Il settore finanziario si è contratto sì, ma i regolamenti attuativi della riforma del sistema finanziario siglata da Barack Obama nel luglio scorso, non sono entrati in vigore. Non solo. Nel frattempo nella finanza sono riemersi tre fattori che due anni fa portarono al grande crack: la liquidità, i prodotti e la propensione a correre rischi sempre più forti. Un dato è altamente significativo: la commissione che ha investigato sulle frodi miliardarie riceve un quinto dei finanziamenti che a suo tempo furono destinate per conoscere l’esatta natura dei rapporti tra Bill Clinton e Monica Lewinsky.
Martedì 19 aprile Hedge Fund Research ha infatti comunicato che il denaro amministrato dagli hedge fund ha sfondato per la prima volta nella storia il tetto dei 2mila miliardi di dollari. Superando di 72 miliardi il record precedente raggiunto nel giugno 2008. Insomma, per i fondi hedge tutto come prima. ”Le banche di investimento hanno bisogno di mettere a frutto i soldi ma mancano i business. Quindi stanno rientrando in settori difficili e pericolosi. E poiché c’è molto liquidità non si vagliano adeguatamente i rischi”, osserva al Sole 24 Ore, Stefano Ghersi, ex dirigente Nomura e poi gestore di un fondo.
Il 12 aprile scorso inoltre il Financial Stability Board, presieduto dal Governatore di Bankitalia Mario Draghi, ha lanciato formalmente l’allarme sulla “complessità e la relativa opacità della più nuova razza di Etf”, i cosiddetti Etf sintetici. Nel suo bollettino, il Fsb ha invitato le varie autorities nazionali a “prestare crescente attenzione perché in alcuni segmenti di mercato c’è un numero di sviluppi inquietanti… Gli Etf si sono infatti estesi in categorie di beni in cui liquidità e trasparenza sono tipicamente minori”.
La pensano diversamente gli analisti che recentemente hanno lanciato il loro allarme sull’esplosione degli Etf. A preoccuparli è il fatto che si stanno diffondendo tra gli investitori privati e che il loro straordinario successo possa spingere gestori disonesti a intascare i soldi degli investitori senza comprare le azioni o le commodities sottostanti.
“A me pare impossibile che vi siano titoli sufficienti per tutti gli Etf che circolano”, ha dichiarato Michael Lewitt, presidente di Harch Capital Management, autore del libro “Morte del capitale”. A lui ha fatto eco Bradley Kay, capo ricercatore per gli Etf europei di di Morningstars: “Gli Etf sulle commodity mi impensieriscono. Perché faccio fatica a pensare che ci siano così tante commodity sul mercato”.
Altri preoccupanti segnali vengono poi dai volumi di operazioni finanziarie ad alto rischio. Nei primi tre mesi del 2011 la percentuale dei prestiti istituzionali concessi senza vincoli a protezione del mutuante sono arrivati a rappresentare il 24% del totale. Cinque volte la percentuale registrata nel 2010. Si parla di circa 25 miliardi di dollari in prestiti istituzionali concessi senza vincoli protettivi e quindi a maggior rischio di mora. Una cifra decisamente inferiore al volume-record registrato nel 2007, ultimo anno di follia finanziaria quando i prestiti senza vincoli arrivarono a sfiorare i 100 miliardi. Ma la percentuale sul totale dei prestiti istituzionali è esattamente la stessa.
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